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Pieve dei Santi Ippolito e Cassiano a Coneo Nel versante opposto della valle del torrente Foci, praticamente di fronte all'Abbazia a Coneo, appare in lontananza, isolata tra i campi, la Pieve dei Santi Ippolito e Cassiano a Coneo, raggiungibile dalla strada che collega Colle di Val d'Elsa a Volterra. Le prime testimonianze storiche risalgono al 972 quando è nominata in un atto di vendita tra una sua chiesa suffraganea e il marchese Ugo di Toscana. Altre testimonianze indirette risalgono all'XI secolo, epoca in cui la pieve è nominata nei registri della vicina Badia a Coneo; da quei documenti risulta inoltre che, presso la pieve, esisteva una comunità di sacerdoti che avevano il compito di officiare le chiese suffraganee. Il ruolo della chiesa crebbe notevolmente nel corso del XII secolo. In quel tempo i pievani avevano anche la funzione di notai e in loro presenza venivano stipulati atti di notevole importanza. Di tali atti sono da ricordare quello stipulato l'11 ottobre 1152 in seguito ad una controversia con tale Marco proposto di Casole d'Elsa, quello datato 20 dicembre 1174 quando il pievano di Coneo presenziò ad una sentenza contro la Badia di Marturi ed infine quello del 22 settembre 1186 quando, nella pieve di Coneo e alla presenza del pievano, i membri della famiglie feudale dei Soarzi di Strove giurarono fedeltà all'abate di Isola. La pieve apparteneva alla diocesi di Volterra, possesso confermato dalle bolle di papa Alessandro III datate 29 dicembre 1171 e 23 aprile 1179 ma, verso la fine del secolo XII, la chiesa passò sotto l'influenza del vicino comune di Colle Val d'Elsa.
Le rendite economiche della chiesa erano buone, grazie soprattutto alle fiere del bestiame che si tenevano nella valle sottostante che divide la pieve di Coneo dall'abbazia di Coneo, ma molto instabili, anche a causa della scarsa popolazione che abitava il suo territorio che non garantiva entrate stabili in occasione della decime; ad esempio in occasione della decima del 1356 l'intero territorio raccolse solo 197 lire e 10 soldi. Negli anni precedenti la raccolta aveva fruttato: nel 1275 6 lire e 3 soldi; nel 1276 8 lire e 2 soldi; nel 1296 4 lire e 2 soldi; nel 1298 9 lire; nel 1302 5 lire.
Nel corso del XV secolo la
chiesa venne progressivamente abbandonata al suo destino tanto che, in
occasione della visita pastorale del 6 dicembre 1413, risulta che la
chiesa fosse:
Tra il XVII e il XVIII secolo
il patronato della pieve passò ai signori di Picchena i quali non si
occuparono minimamente di restaurare il complesso e la conseguenza fu
che il 12 aprile 1719 il fonte battesimale fu trasferito nella badia a
Coneo, che assunse anche le funzioni parrocchiali.
La pieve si presenta oggi mutila nella sua struttura. In origine constava di tre navate concluse da tre absidi di cui la sola centrale sporgeva all’esterno. Dell’abside centrale resta oggi il basamento a raso del suolo, mentre ancora visibili sono le absidiole di cui quella sinistra è esclusa dallo spazio interno della chiesa. In epoca imprecisata infatti furono tamponati gli archi di valico che separavano la navata centrale da quella sinistra. Degli archi di valico resta solo traccia dell’imposta del primo, realizzato in alberese e laterizio alternati, mentre gli archi visibili nella parete sinistra sono semplicemente archi di scarico. Internamente si conservano le quattro arcate di valico, di ineguale ampiezza, che dividono la navata centrale da quella destra.
I tipi di sostegno degli
archi sono variabili, il primo è un pilastro a fascio che doveva
sostenere probabilmente un arco trasversale, il secondo è a sezione
circolare mentre il terzo è a sezione quadrangolare.
La chiesa esternamente si presenta come un testo architettonico di difficile lettura. Infatti la navata destra risulta sopraelevata, anche se di pochi centimetri rispetto al vertice della facciata. Ma la continuità del paramento murario bicromo a fasce di alberese e laterizi alternati sembra legare a uno stesso intervento le due parti. Probabilmente i costruttori ripiegarono su una soluzione di una fabbrica più modeste dimensioni rispetto al progetto iniziale. La parte absidale invece sembra appartenere a una fase costruttiva differente, probabilmente anteriore ma sempre collocabile nell’ambito del romanico maturo, in quanto il paramento murario non presenta il motivo della bicromia e si nota un differente andamento dei corsi di pietra. Anche il campanile, impostato sull’absidiola destra è rimasto incompiuto a conferma della travagliata vicenda costruttiva della pieve. Nella facciata si apre una bifora cigliata di tipo lombardo mentre la navatella destra prende luce da un occhio con ghiera in laterizio. Resti della facciata in corrispondenza della navatella distrutta si conservano per circa 2 m di larghezza. In superficie non si nota invece traccia dell’originaria parete laterale sinistra.
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