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Il Medioevo
" Si era già quasi all'anno terzo dopo il
mille quando nel mondo intero, ma specialmente in Italia e nelle Gallie,
si ebbe un rinnovamento delle chiese basilicali: sebbene molte fossero
ben sistemate e non ne avessero bisogno, tuttavia ogni popolo della
cristianità faceva a gara con gli altri per averne una più bella. Pareva
che la terra stessa, come scrollandosi e liberandosi della vecchiaia, si
rivestisse tutta di un candido manto di chiese. In quel tempo i fedeli
sostituirono con edifici migliori quasi tutte le chiese delle sedi
episcopali, tutti i monasteri dedicati a vari santi e anche i più
piccoli oratori di campagna".
Così Rodolfo il
Glabro, monaco cluniacense della Borgogna, il miglior testimone
dell'anno Mille, ricorda, in un famosissimo passo delle sue Storie,
terminate verso il 1048, la ripresa dell'attività edilizia avvenuta fin
dai primissimi anni del secondo millennio. Certo le sue parole vanno
interpretate nell'ottica di una visione sacrale della storia e delle
vicende umane e non come documento di una precisa realtà materiale. Agli
occhi di Rodolfo, e degli scrittori dell'XI secolo, gli avvenimenti
storici, i fatti contingenti, acquistano importanza e sono degni di
essere ricordati solo in quanto interpretabili come "segni e prodigi",
come simboli di un conflitto cosmico, universale, che nei decenni
intorno al millenario della nascita e della morte di Cristo, quindi
intorno al 1000-1033, si scatena, come annunciato nei Vangeli e
nell'Apocalisse, tra le forze del Bene e le forze del Male. Segni
negativi, segni di caos e di distruzione, come insoliti eventi cosmici,
apparizioni mostruose, calamità naturali, carestie, epidemie, corruzioni
ecclesiastiche; ai quali si contrappongono segni positivi come
l'improvviso fervore per i pellegrinaggi e il culto delle reliquie, le
iniziative riformatrici della Chiesa, l'intensificarsi delle elemosine e
degli atti di penitenza individuale e collettiva, l'arresto
dell'avanzata saracena e l'espansione della fede ai margini orientali e
settentrionali dell'Europa. E tra questi ultimi, tra i segni positivi,
anzi tra i messaggi che annunciavano la vittoria del Bene, la rinnovata
alleanza tra Dio e gli uomini e l'allontanarsi dalla fine dei tempi,
Rodolfo inserisce, e con un accento così marcato, anche il rinnovamento
fisico, materiale, degli edifici di culto.
Ciò nonostante, pur rimanendo all'interno di una
dimensione tutta escatologica, pur senza trasformarsi in un cronista
della realtà quotidiana, egli coglie l'inizio, le prime manifestazioni,
di quello che per almeno due secoli, con tempi e intensità variabili a
seconda delle varie regioni, costituirà uno dei fenomeni più rilevanti
del mondo occidentale: la costruzione di nuovi edifici di culto e il
rinnovamento generalizzato, quasi totale, delle chiese esistenti. Un
fenomeno la cui consistenza assumerà, per vaste regioni d'Europa,
dimensioni tali da non trovare confronti in altre epoche storiche.
Tutto ciò sembra calzare a pennello per una regione
come la Toscana. Gli elenchi delle decime pontificie, redatte tra la
fine del Due e l'inizio del Trecento, indicano tutti gli enti religiosi
che, in base alla loro ricchezza, dovevano pagare la "decima" alla Santa
sede, offrono un quadro quantitativo delle chiese esistenti all'epoca,
anche se nel novero non sono comprese le chiese, allora recenti, degli
ordini religiosi cosiddetti "mendicanti" in quanto votati alla povertà.
Gli elenchi delle decime della Tuscia, relativi alle imposizioni che
vanno dal 1274 al 1304, indicano la presenza di circa 4.200 enti
religiosi. Del gran numero di chiese ricordate nei documenti non ne
rimangono oggi che pochi esempi, in genere ridotti alle sole fondamenta
e spesso di controversa datazione. Un vuoto incredibile se paragonato
all'eccezionale numero di edifici del periodo romanico.
Nel mio girovagare per la provincia senese ne ho
fotografate in gran numero, alcune molto grandi altre piccolissime, e
tutte di un fascino incredibile.
Sotto, alcuni esempi.
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Abbazia di San
Salvatore
(Abbadia San Salvatore) |
L'Abbazia di San Salvatore, che per secoli
rappresentò una delle principali fondazioni monastiche
dell'Italia centrale, si presenta attualmente nella veste
conferitale da una ricostruzione trecentesca: è ad un'unica,
grande navata, con pianta a croce latina e presbiterio
rialzato, sotto il quale si sviluppa una cripta. L'ambiente
sotterraneo costituisce il più considerevole residuo di una
precedente chiesa. Le dimensioni e le complessità
icnografica e strutturale della cripta, che risale all'epoca
di maggior fioritura del monastero, esprimono pienamente la
potenza raggiunta dalla fondazione benedettina. |
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Pieve di Sant'Agata
(Asciano) |
La Pieve di Sant'Agata, dal 1991 basilica, è
la costruzione religiosa artisticamente di maggior rilievo
in Asciano. La chiesa possiede una pianta abbastanza
inconsueta per un edificio plebano, essendo a croce latina
con tre absidi che concludono i due bracci trasversali del
transetto e un prolungamento longitudinale della navata. La
cupola presenta un tipo di copertura ottagonale di impronta
lombarda come la torre campanaria. L'edificio ha caratteri
di transizione fra il periodo romanico e quello gotico. |
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Pieve di Santa Innocenza
a Piana
(Buonconvento) |
La Pieve di Santa Innocenza a Piana è la sola a
conservare, nella zona, caratteri romanici apprezzabili. Si
tratta comunque di un modesto edificio ad unica navata con
transetto sporgente che, nella semplice facciata, per il motivo
della discromia, mostra qualche reminiscenza della cultura
artistica pisana. Alcuni storici fanno risalire la Pieve al
VII-VIII secolo e ritengono che diversi canonici vi abbiano
fatto vita di comunità. La notizia documentata di un primo
Rettore della Pieve risale al 1081. Tra le opere d’arte che
corredano la chiesa si notano tracce di affreschi del 1300 e del
1500. |
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Collegiata di Santa Maria
Assunta
(Casole d'Elsa) |
La Collegiata di Santa Maria Assunta, sorta sul
luogo della romanica chiesa, della quale conserva la facciata e
i muri perimetrali - oltre ai resti della cripta - nella sua
vasta navata conclusa da un transetto a cappelle voltate, appena
sporgente, mostra i caratteri tipici dell'architettura
trecentesca degli ordini mendicanti, mentre la ricchezza di
opere d'arte in essa contenute è testimonianza della vitalità
raggiunta da questo centro. Negli ambienti che costituivano un
tempo l'abitazione del parroco è allestito il Museo archeologico
e della Collegiata. |
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Pieve di Sant'Agnese
(Castellina in Chianti) |
La Pieve di Sant'Agnese era una delle tre chiese
plebane fortificate che andarono a costituire il territorio del
"Terzo di Castellina". La chiesa, a tre navate e tre absidi, è
frutto di una ricostruzione che risale a poco dopo la seconda
guerra mondiale, quando l'edificio rimase pressoché distrutto da
un cannoneggiamento. Solo in corrispondenza della fiancata
destra la chiesa conserva in misura apprezzabile le primitive
strutture murarie, compreso un portale laterale con l'architrave
decorato da motivi romanici; per il resto è un rifacimento che
ricalca i caratteri originari della costruzione. |
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Certosa di Pontignano
(Castelnuovo Berardenga) |
Fondata nel 1343 dal giureconsulto senese Bindo
di Falcone Petroni, la Certosa di San Pietro a Pontignano fu
notevolmente ampliata fin dal secolo successivo, fino a divenire
uno dei più grandiosi complessi monastici del Senese.
Saccheggiata e semidistrutta durante la guerra di Siena del
1554, fu ristrutturata e riconsacrata all'inizio del Seicento, e
arricchita con cicli di affreschi del Vanni e del Poccetti.
Nonostante i rifacimenti si possono ancora intravedere nella
chiesa elementi architettonici riferibili al Trecento. |
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Chiesa di San Marcello
(Castiglione d'Orcia) |
Nel comune di Castiglione d'Orcia uno degli
edifici religiosi medioevali che meglio conserva gli originali
caratteri romanici, è non lontano dal Vivo d'Orcia, la piccola
Chiesa di San Marcello. Costruzione abbastanza modesta si
presenta ad unica navata, con abside semicircolare esternamente
conclusa da un ricorso di arcatelle pensili cigliate sorrette da
mensolette scolpite con teste umane, figure bestiali ed altri
motivi. Elementi decorativi caratterizzano la facciata: nella
parte superiore archetti pensili si impostano alternativamente
su mensole e su colonne, in basso si evidenziano motivi
dicromici con formelle quadrate. |
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Collegiata della
Santissima Trinità
(Cetona) |
La più bella chiesa del borgo di Cetona, a mezza
costa, vicino alla Rocca, è la Collegiata intitolata alla
Santissima Trinità, già Pieve di Cetona. Costruita in origine,
tra XII e XIII secolo, ad una sola navata di impianto romanico,
si arricchì nel 1571 della navata sinistra con portalino
esterno. Il semplice interno custodisce alcuni affreschi del
tardo Quattrocento, tra cui una Madonna Assunta, affresco
attribuito da alcuni studiosi alla scuola del Pinturicchio
(1454-1513). |
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Abbazia di san Galgano
(Chiusdino) |
La Chiesa abbaziale di San Galgano, nel comune di
Chiusdino, è da considerarsi tra le principali realizzazioni
dell'Ordine cistercense in Italia. Costruita nel terzo decennio
del XIII secolo, ha stretti collegamenti stilistici con le
abbazie di Fossanova e di Casamari, che la precedettero di poco
nel tempo, e ripete perciò i canoni più puri dell'architettura
cistercense francese. La chiesa ha l'impianto basilicale a tre
navate che si concludono in un ampio transetto sporgente, divise
da una successione di pilastri cruciformi. Il profilo degli
archi, le nervature di sostegno delle volte che partono da
mensolette coniche, la doppia [...] |
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Abbazia di san Galgano
(Chiusdino) |
[...] cornice marcapiano sopra le arcate, gli
"occhi" che sormontano le ampie bifore e certi caratteri di
queste, unitamente alla grande sobrietà di tutto il complesso,
sono motivi tipici dell'architettura che i Cistercensi portarono
dalla Francia. Ma accanto a quelli non mancano motivi
tradizionali derivati dall'architettura romanica locale, come
l'uso, in certe parti dell'interno, del paramento murario in
discromia: fasce di cotto che si alternano al travertino, che è
la pietra con cui è realizzata la quasi totalità dell'edificio. |
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Cappella di san Galgano
(Chiusdino) |
Monte Siepi (Chiusdino) cappella di San Galgano.
Il suo impianto centralizzato di forma circolare rappresenta un
caso unico nel romanico toscano per gli edifici che non ebbero
una funzione battesimale. L'Eremo di Monte Siepi fu costruito
subito dopo la morte del Santo. Il piccolo complesso è
costituito della chiesa a pianta circolare interrotta solo dal
piccolo abside. La copertura è realizzata da una bella cupola
semisferica a fasce cromatiche alternate. All'interno
dell'Eremo, al centro della Rotonda, c'è la famosa spada di San
Galgano infissa da oltre 800 anni nella roccia. |
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Duomo di San Secondiano
(Chiusi) |
Al centro della città, nella omonima piazza,
sorge il Duomo di San Secondiano, che costituisce il maggior
monumento di Chiusi. La chiesa, di impianto paleocristiano - fu
fondata dal vescovo fiorentino nel V secolo - venne
ristrutturata nel XII secolo e restaurata con pesanti
integrazioni alla fine dell'Ottocento. L'ampio interno ha
impianto basilicale a tre navate, concluse da altrettante
absidi, separate da dieci valichi per parte. Le archeggiature
sono sorrette da colonne che, come i capitelli, appaiono in gran
parte di recupero da edifici romani. La copertura dell'edificio
è a travature a vista. |
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Pieve dei Santi Ippolito
e Cassiano a Coneo
(Colle di val d'Elsa) |
Motivi pisani, soprattutto la discromia e
l'ordine superiore della facciata, sono presenti nella ex Pieve
dei Santi Ippolito e Cassiano a Coneo che, in solitario
abbandono, si erge su un'altura dirimpetto a Campiglia. Ridotta
a due navate - manca la sinistra - e ormai pericolante, nella
decorazione dei capitelli superstiti, nel motivo dicromico a
bande di travertino e di cotto, mostra chiaramente di
appartenere a quella corrente culturale derivata da Pisa, ma che
nella Valdelsa fu introdotta da Volterra, nella cui
giurisdizione ecclesiastica rientravano questa e le altre pievi
del Colligiano. |
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Abbazia di San Lorenzo a
Coltibuono
(Gaiole in Chianti) |
Fondata dai Firidolfi alla metà dell'XI secolo e
poi donata a San Giovanni Gualberto, l'abbazia divenne uno dei
più importanti cenobi vallombrosani, fino a quando, soppressa
nel 1810, ebbe i locali monastici ridotti a villa-fattoria e la
chiesa a parrocchiale della zona. La sua architettura è
riferibile al pieno XII secolo ed è impostata su uno schema
icnografico a croce latina. L'elemento strutturale di maggiore
rilievo è costituito dalla cupola, impostata all'incrocio della
navata col corpo trasversale della chiesa, e dalla sua copertura
esterna, realizzata mediante un singolare tiburio "a pagoda" con
base quadrata |
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Abbazia di Sant'Antimo
(Montalcino) |
Castelnuovo dell'Abate (Montalcino) Abbazia di
Sant'Antimo, una delle più alte espressioni dell'architettura
monastica del periodo romanico, si richiama a modelli francesi e
lombardi, non privi di influenze pisane . L'impianto
icnografico, a tre navate divise da alte colonne, alternate ogni
tre da pilastri a fascio, si arricchisce nella parte terminale
di un deambulatorio che si sviluppa attorno alla grande abside,
raccordandosi alle navatelle laterali e munito di tre cappelle
radiali. Contrapposta alla "cappella" carolingia, appoggiata al
fianco sinistro della chiesa, e con questa comunicante, è la
Torre campanaria. |
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Madonna di San Biagio
(Montepulciano) |
Nel Cinquecento viene realizzata a Montepulciano
la celeberrima Chiesa della Madonna di San Biagio, un edificio
che, per compiutezza artistica, è unanimamente considerato uno
dei capolavori del Rinascimento Italiano. "Opera sublime" di
Antonio da Sangallo il Vecchio. Tutto di travertino lavorato,
l'edificio possiede un impianto icnografico a croce greca, con
due campanili isolati fiancheggianti la facciata principale,
un'abside semicircolare nel lato della tribuna, e una cupola
centrale impostata su una terrazza e un tamburo. A lato della
chiesa, sulla sinistra, è la Canonica, un elegante edificio con
doppio loggiato. |
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La Badia a Isola
(Monteriggioni) |
La Badia a Isola fu fondata nel 1001 dai nobili
di Staggia in prossimità di quel Borgonuovo ricordato come tappa
della via Francigena nei più antichi itinerari della fine del X
secolo. Dedicata a San Salvatore e San Cirino, nel XII secolo,
raggiunse il periodo di massima fioritura. Di quello stesso
periodo è la nuova chiesa, che sostituì un primitivo edificio,
con impianto basilicale a tre navate divise da cinque valichi
impostati, lombardescamente, su colonne alternate a pilastri
cruciformi. Nel corso di recenti restauri è stato appurato che
originariamente la chiesa aveva il presbiterio rialzato ed una
cripta sotto di esso. |
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Pieve dei Santi Vito e
Modesto
(Pienza) |
La Pieve di San Vito in Rutiliano, originaria
denominazione della Pieve dei Santi Vito e Modesto a Corsignano,
è menzionata a partire dall'XI secolo. La chiesa, uno dei più
interessanti monumenti romanici del Senese, ha un impianto
basilicale a tre navate con campate di diversa ampiezza nascenti
da robusti pilastri quadrangolari. Il campanile cilindrico,
databile tre il X e l'XI secolo, di chiara derivazione
ravennate, ha il paramento murario realizzato a filaretti di
pietre tufacee e scandito da lesene che, dalla base, si
innalzano fin dove il campanile s'interrompe, poco al di sopra
di un giro di finestre monofore. |
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Chiesa di San Pietro a
Cedda
(Poggibonsi) |
La Chiesa di San Pietro a Cedda è senza dubbio il
più considerevole esempio di architettura romanica dei dintorni
di Poggibonsi. Ad unica navata con abside e copertura a capriate
lignee, ha la torre campanaria addossata al termine della
fiancata destra. L'abside è coronata esternamente da un giro di
arcatelle pensili. All'interno della navata un arcone
trasversale divide in due parti la chiesa, definendo la zona
presbiteriale. La chiesa possiede una ricca decorazione plastica
(portali, mensole, cornici) i cui ornati depressi raffiguranti
croci, rosette, fiori stellati, si rifanno a motivi di ricordo
preromanico. |
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Santa Maria Novella
(Radda in Chianti) |
La Pieve di Santa Maria Novella, seppure
rimaneggiata, conserva l'originario impianto basilicale a tre
navate, divise da una successione di archeggiature impostate su
pilastri rettangolari alternati a colonne e a pilastri
criciformi. La presenza di elementi scultorei (i capitelli)
avvicina la chiesa a certi edifici romanici del Valdarno
Superiore, ricchi di influssi lombardi. In passato Santa Maria
Novella fu forse la Pieve più ricca ed importante del Chianti,
come ancora testimoniano le numerose opere d'arte di diverse
epoche che fanno parte del suo patrimonio. |
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Pieve di San Pietro
(Radicofani) |
In una piazzetta al centro dell'abitato di
Radicofani è la Pieve di San Pietro, attestata per la prima
volta nel 1224 era, rispetto all'attuale, di dimensioni più
piccole. Un edificio ad unica navata coperta da capriate, ma con
la parte terminale ampliata successivamente a schema basilicale,
ove si conservano varie terrecotte di notevole pregio, tra cui
due dossali di Andrea della Robbia. Un architrave scolpito con
motivi ad intreccio ed una croce di malta, ora impiegato in una
porta dei locali della canonica, potrebbero provenire da uno dei
tanti ospedali medioevali di Radicofani. |
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Collegiata dei Santi
Simone e Giuda
(Radicondoli) |
Cinquecentesca è la Collegiata dei Santi Simone e
Giuda, subentrata alla funzione della pieve, con il campanile
edificato sui resti di una torre medioevale. Situata sulla
piazza principale del paese di Radicondoli, fu iniziata il
giorno 9 luglio 1589 e terminata nel 1617. L'edificio,
strutturato a croce latina, pare sia stato costruito sulla
antica Pieve di S.Simone e assunse il titolo di "collegiata" il
giorno 8 novembre 1627 con bolla del vescovo di Volterra
Bernardino Inghirami il quale elevò il parroco al titolo di
"proposto". |
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Pieve di San Vittore
(Rapolano Terme) |
La Pieve di San Vittore, sorta nei pressi del
castello di Rapolano, è un vasto edificio con impianto
basilicale a tre navate concluse con una sola abside da riferire
al periodo più tardo dell'arte romanica, anche se all'interno,
assai frammentario, mostra di aver utilizzato materiali di un
precedente edificio. Le navi sono divise da valichi di diversa
ampiezza, su sostegni di vario tipo, l'abside, preceduta
all'interno da una volta a botte, è coronata esternamente da un
ricorso di archetti pensili che si succedono con un ritmo assai
arretrato. |
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Pieve di Santa Maria A
Cellole
(San Gimignano) |
Tra le costruzioni religiose nel territorio di
San Gimignano emerge la Pieve di Santa Maria a Cellole anch'essa
sulla direttrice della Via Francigena, ricordata per la prima
volta nel 1109. L'impianto icnografico è quello consueto a tre
navate con abside semicircolare, ma vi fa spicco la suddivisione
con colonnati dai capitelli leggermente ungulati e con bassi
pulvini decorati con quei fiori stellati, tipici del romanico
valdesano. Elemento caratteristico della Pieve di Cellole è la
scarsa elevazione della navata centrale rispetto alle laterali
come anche la mancanza della torre campanaria, fu demolita nel
1860. |
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Chiesa di San Pietro in
Villore
(San Giovanni d'Asso) |
L'edificio, ad un'unica navatella rettangolare
con abside terminale, seppur di modeste dimensioni, rappresenta
uno dei più interessanti monumenti romanici del senese. La parte
inferiore della facciata, assai deteriorata, ha un motivo ad
arcatelle che impostano il portale, riferibile al XII secolo, di
foggia lombarda. Sotto la chiesa si sviluppa inoltre una piccola
cripta suddivisa, secondo uno schema architettonico di grande
chiarezza, in quattro navatelle, con archeggiature impostate su
colonne con semplici capitelli cubici sormontati da pulvini.
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Collegiata dei Santi
Quirico e Giulitta
(San Quirico d'Orcia) |
La Collegiata dei Santi Quirico e Giulitta, già
Pieve di san Quirico in Osenna, che, ricordata già nell'VIII
secolo, fu ricostruita in forme romaniche nel XII secolo.
L'icnografia è ad unica navata con transetto sporgente e tre
absidi terminali; quella centrale è stata sostituita da una
scarsella quadrata, mentre le absidiole sono ancora quelle
originali, e hanno forma poligonale. La copertura è a capriate
nella navata, mentre volte a crociera coprono i due bracci del
transetto. Gli elementi eccezionali dell'edificio sono i
particolari decorativi dell'esterno. |
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Abbazia della Santissima
Trinità di Spineta
(Sarteano) |
La Chiesa della Santissima Trinità conserva
l'originale impianto ad una navata con transetto sporgente e tre
absidi terminali, spesso ricorrente nell'architettura
vallombrosana. La copertura, lignea nella navata, diventa a
volte a crociera nei due bracci del transetto, mentre
all'incrocio di questo con la navata doveva innalzarsi una
cupola, coperta esternamente da un tiburio, forse sul tipo di
quanto attuato ed esistente nell'Abbazia di Coltibuono, nel
Chianti, da cui Spineta dipendeva. Sia l'interno che la facciata
si presentano rimaneggiati. |
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Collegiata di San Martino
(Sinalunga) |
Dalla rocca, rovinata da un fulmine nel 1563 e
"insieme coi suoi bastioni rasata, nel 1590, per volontà del
granduca Ferdinando I, che destinò al pubblico quel vasto
piazzale e i materiali alla costruzione della nuova Pieve di San
Martino , ivi in quell'epoca innalzata: mentre Clemente VIII con
Bolla del 27 novembre 1591 delle prerogative d'insigne
collegiata la decorava". La Collegiata di San Martino, ad
un'unica navata, con pianta a croce latina e cupola all'innesto
del transetto, accoglie notevoli opere d'arte
quattro-cinquecentesche: tavole del Sodoma e di Benvenuto di
Giovanni. |
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Pieve di San Giovanni
Battista
(Sovicille) |
La Pieve di San Giovanni Battista - meglio
conosciuta come Pieve di Ponte allo Spino - è ricordata la prima
volta soltanto nel 1189 ed intorno a quell'epoca dovrebbe
risalirne la costruzione. L'impianto della pieve è basilicale a
tre navate divise da quattro valichi impostati su pilastri
cruciformi e concluse da tre absidi. La facciata presenta due
soli spioventi, in quanto la navata centrale non è sopraelevata
sulle laterali. La copertura è il solito tipo a legname in
vista. Il campanile, che forse appartenne ad un edificio più
antico, è inserito entro la prima campata della navatella di
destra, allineato con la facciata. |
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Pieve di Santo Stefano a
cennano
(Trequanda) |
La Pieve di Santo Stefano a Cennano, a circa un
chilometro dal borgo di Castelmuzio, è un'interessante
costruzione romanica a tre navate divise da pilastri che
sostengono direttamente la copertura lignea, secondo una
sistemazione di fortuna che sin dall'origine sostituì le
progettate archeggiature, realizzate soltanto in corrispondenza
del presbiterio, dove si aprono tre absidi, esternamente
coronate da arcatelle pensili impostate su mensolette variamente
scolpite. Nella facciata vi è un bel portale scolpito recante la
scritta: A.D. MCCXXXV TEMPORE ENRICI PLEBANI VITALIS FECIT
FIERI. |
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