Canti

Monostrofici

 

 

 

 

 

    

 

     Rispetti

     
 

Il rispetto nacque certamente come « tetrastico endecasillabo con rime alterne. Tuttavia l'unione dei due tetrastici risale ai tempi più remoti della nostra storia letteraria »

 

Nel rispetto è accomunata l'intera tematica del mondo popolare, ed in modo non episodico come, ad esempio, negli stornelli.

La selezione di rispetti sotto riportata, e che deriva dalla raccolta del Tigri, rappresenta un nutrito documento della ribellione spontanea.

Leggendo le strofe sulla condizione contadina o sul lavoro stagionale, migratorio, ci rendiamo conto del vigore di questi che sono propriamente « canti del lavoro » attivi ed antagonistici al sistema.

 

Il rispetto è una struttura strofica deteriorata definitivamente nell'Ottocento, di cui non si può parlare, oggi, di una tradizione ancora viva. Infatti lo stornello « è venuto a sostituire lo strambotto nella sua originaria funzione dal momento in cui quest'ultimo, sotto l'influsso della cultura, era diventato di conformazione più difficile e quindi meno agevole all'improvvisazione ».

 

Di seguito alcuni testi veramente validi per la profondità delle motivazioni ideologiche e per la corrispondenza con la problematica contadina rimasta quasi inalterata nei secoli. Uno dei componimenti più interessanti dice:

 

Non vi meravigliate, giovanetti,

se non sapessi troppo ben cantare.

In casa mia non ci è nato maestri,

e manco a scuola son ita a imparare.

Se voi volete intender la mia scuola,

su questi poggi all'acqua e alla gragnuola.

Volete intender lo mio imparare?

Andar per legna e starmene a zappare.

 

Naturalmente, la concretezza sociale di questi canti deriva anche dalla tematica « maremmana », del lavoro stagionale.

La Maremma, cantata nell'omonimo rispetto che già nell'Ottocento aveva stupito per il suo vigore il Carducci medesimo (« Tutti mi dicon Maremma, Maremma »), trova in questa dimensione strofica la misura della denuncia e del lamento e si può dire che negli altri componimenti non se ne trovi traccia. 

La predilezione dei « pendolari stagionali » per questo tipo di canti è spiegabile per il loro costrutto, rapido ma narrativo, e per la contemporaneità del fenomeno migratorio col permanente fiorire del rispetto stesso:

 

... Tutte le fresche rose enn'ite via.

Han fatto come te, persona bella;

tutte le fresche rose enno in Maremma.

 

Così termina con accoramento e garbo lirico un incisivo rispetto sull'emigrazione dei contadini. Si può dunque dire che la forma più antica di canto popolare dell'Italia centro-meridionale (il rispetto) è, per la Toscana, la documentazione più ampia e coerente dei canti legati al lavoro ed al mondo del lavoro.

 

 
 

Contrasti Sentimentali

S'io canto tutto il giorno, il pan mi manca:

e se non canto, mi manca 'gni modo.

Mio padre lo chiamavan Pogo-avanza,

e me mi chiameranno avanza-Pogo.

De' dami che n'aveo più di cinquanta

me li son persi tutti a pogo a pogo.

Se me ne perdo un altro ch'i' n'hoe,

pogo ho avanzato, e meno avanzeroe.

 

E mi dispiace che sei contadina:

le tu' bellezze mi rendono torto.

 Al camminar mi pargli cittadina,

e un gelsumino venuto dall'orto:

un gelsumino che dall'orto venne:

nasceste bella, e il del vi ci mantenne.

 

Che vuoi che faccia amor se non son bella?

Che vuoi che faccia se non son gentile?

Che vuoi che faccia se son poverella,

che a tu' be' passi non posso venire:

e non posso venire a tu' bei passi,

son poverella, e però tu mi lassi.

E non posso venire a tu' be' doni:

son poverella e però m'abbandoni.

 

So che l'avete trova un'altra dama;

in grazia la vorrei un po' vedere,

se ella è contadina o artigiana,

se è una zappaterra come mene.

Può essere più ricca e più bellina:

hai a far quanto vuoi, è contadina.

Son nato poverino, e non son degno
di vagheggiar sì nobil creatura.
La povertà la guasta ogni disegno,
che mi son messo troppo in grande altura.
Ma voi per gentilezza vi vo' amare:
e tu per povertà non mi lasciare.

 

Non mi vuo' amar perché son poverello?

Vuo' che ti insegni chi ha l'argento e l'oro?

Ama Cupido che l'è ricco e bello:

amalo lui che ha la vena d'oro.

 

Ti credi col cantar trovar marito?

Ma ci vuol altro che saper cantare!

Bisogna dimenar la mano e il dito,

e cento scudi saperli contare.

E quando cento scudi conterai,

allor, bella, marito troverai.

 

Venga la rabbia al padre del mio amore,

che non mi vuole in casa per sua nuora.

Se non mi vuole in casa, starò fuore,

e per dispetto vo' ventar sua nuora.

Se non mi vuole in casa strò sull'aia

per far dispetto alla vecchia massaia.

Se non mi vuol sull'aia, strò sull'uscio:

son piccolina e capio dappertutto.

 

E me ne voglio andar per certi fossi

du' non ci passerebbe la fortuna;

e non ci passerebbe l'avversieri:

bella, per voi ci passo volentieri.

E non ci passerebbe un satanasso,

ed io, bella, per voi sempre ci passo.

 

S'io non son bella al vostro paragone

date la colpa alla crudel fortuna;

perch'io son nata fra il nero carbone,

e voi, bellina, fra il sole e la luna;

perch'io son nata in quelle tombe basse,

voi, bellino, di sangue e di latte;

perch'io son nata in quella tomba umìle

e voi, bellino di sangue gentile.

 

Cosa m'importa se non mi vuoi amare?

Che degli amanti non v'è carestia.

E n'è venuta una barca per mare,

un'altra n'è venuta di Turchia:

un'altra n'è venuta di Volterra;

volere o non voler, sie' un zappaterra,

un barroccio è venuto da Piombino;

volere o non voler, sie' contadino.

 

Mi voglio 'nnamorar leggier leggiero,

mi voglio 'nnamorar leggeremente;

mi voglio 'nnamorar del forestiero,

del paesan non ne vo' saper niente.

Al paesano una rosa fiorita,

al forestiero gli vo' dar la vita;

al paesano un mazzo di viole,

al forestiero gli vo' dare il cuore.

 

 

 

 

La Maremma

Fossi sicuro tu mi conoscesse,

bella, ti manderei dell'imbasciate:

se l'acqua dell'Ombron le conducesse,

ti manderei le lettere stampate:

ti manderei le lettere per via,

che le leggesse la tua signoria.

 

... Tutte le fresche rose enn'ite via.

Han fatto come te, persona bella;

tutte le fresche rose enno in Maremma.

 

Quando che mi partii dal mi' paese,

lasciai piangendo la mi' innamorata:

e l'era tanto bella e sì cortese!

Mi prese a domandar della tornata.

E gli risposi con poche parole:

la tornata sarà quando Dio vuole;

e gli risposi con parola umile:

la tornata sarà fra maggio e aprile.

 

Giovanottino, diamoci la mano

oggi e domani me ne vado via;

e vado in un paese tanto strano:

chi sa se non mi moro per la via!

E s'i' morissi, e non tornassi piune,

coll'occhi bassi attende alla vertune:

e s'i' morissi e più non ritornassi,

attende alla virtù coll'occhi bassi.

 

 

Amami, bella, questa settimana

che di quest'altra non sarai a tempo.

Ne piglieremo la strada romana,

al Ponte a Signa il primo alloggiamento.

Dal Ponte a Signa n'andremo alla Scala;

dalla Scala n'andremo a Buonconvento;

da Buonconvento n'andremo a Piombino:

quando ti rivedrò, bel sermollino?

 

Come volete faccia che non pianga,

sapendo che da voi devo partire?

E tu, bello, in Maremma e io 'n montagna!

Chesta partenza mi farà morire.

 

Bassarò l'occhi e morirò per voi,

bassarò l'occhi e morirò dal pianto.

E come vuoi che faccia che 'n sospiri?

Io so' 'n montagna e tu in Maremma giri.

 

Tutti mi dicon Maremma Maremma,

e a me mi pare una Maremma amara,

l'uccello che ci va perde la penna,

e i giovin che ci van pèrdon la dama.

Sempre mi trema il cor quando ci vai

perché ho paura che non torni mai.

Ti mando a salutare per gli uccelli,

giacché non ho altri servi da mandare.

Si posano sugli alberi e sui cerri,

non han più forza da tanto volare:

si posano sugli alberi di Pisa;

ti mando a salutar, rosa fiorita;

si posano sugli alber di Livorno;

ti mando a salutar, bel viso adorno.

 

Ho trapiantato un giglio alla marina,

l'ho trapiantato nel'Orbetellana.

L'acqua lo bagna in sulla mattina,

il sole gliela fa la meriggiana:

il sole gliela fa la nenia attorno;

questo è l'amante mio che amavo un giorno.

 

Giovanottin che torni di Maremma,

Iddio ti faccia scomparir la via:

tre ore prima ti faccia arrivare,

dove comporta la persona mia;

dove comporta il tuo amore in un anno;

la casa mia sarà al vostro comando:

dove comporta l'amor mio in un mese;

la vostra casa sarà il mio paese.

 

 

 
     
 

Il Montanino

Oh la mia mamma sempre me '1 dicea,

che non m'innamorassi alla montagna.

Il montanin raccoglie poco grano,

e la speranza l'ha nella castagna:

che quando la castagna va fallita,

il montanino fa trista la vita

e quando la castagna va fallace,

il montanino fa la trista pace.

 

E gli è calato un gobbo di montagna,

mi ha fatto domanda' se lo volevo.

Non ho voluto un re ch'era di Spagna,

guarda se voglio un gobbo di montagna;

non ho voluto un re che gli era un re,

guarda se voglio un gobbo come te.

Non ho voluto un re ch'era spagnolo

guarda se io voglio un gobbo montagnolo.

 

Il montanino quando scende al piano

dice che al suo paese è riccomano,

e porta due garofani al corpetto:

per esser montanin, bel giovinetto!

E porta due garofani al cappello:

per esser montanin, che giovin bello!

 

Non vi meravigliate, giovanetti,

se la mia madre non m'ha fatto bello,

perché avea furia di fare i sacchetti,

aveva tutte le castagne in terra.

 

 

La Fatica

Non vi maravigliate, giovanetti,

se non sapessi troppo ben cantare.

In casa mia non ci è nato maestri,

e manco a scuola son ita a imparare.

Se voi volete intender la mia scuola,

su questi poggi all'acqua e alla gragnuola.

Volete intender lo mio imparare?

Andar per legna e starmene a zappare.

 

Non posso più cantar dalla vecchiaia,

perché son mamma di tanti figlioi.

E sette n'ho mandati a guardar l'aia,

e sette n'ho mandati a guardar buoi.

E se fu il mio amor allor contento,

ora sì che lo sconto e n'ho tormento.

 

E canta la cicala perché è cieca:
chi il gran l'ha seminato, il batta e il mieta.
E canta la cicala perché è matta:
chi il gran l'ha seminato, il mieta e il batta.

 

Tutti mi dicon che son nera nera;

la terra nera ne mena buon grano.

E guarda il fior garofan com'è nero,

con quanta signorìa si tiene in mano.

Tutti mi dicon che il mio damo è tinto,

e a me mi pare un angiolo dipinto:

tutti mi dicon che il mio damo è nero,

a me mi pare un angiolo del cielo.