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Canzoni
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Tuttavia è da dire che la Toscana, nell'Ottocento, non era povera di canzoni. Dal « Canzoniere nazionale » di Pietro Gori che documenta la ricca fioritura autoctona di canzoni patriottiche, alle raccolte di L. Gordigiani di canzonette fiorentine di piglio leggero e scanzonato, alle « Romanze d'amore e canti toscani » del Gori medesimo, alla « Raccolta di canzonette bernesche in ottava rima (1874-1908) » del Salani, ecc., il bagaglio toscano delle prime forme di « musica leggera » è quantitativamente rilevante e qualitativamente apre la strada alla canzone vernacolare che ha avuto in Odoardo Spadaro - ad esempio - un divulgatore che ha varcato i confini della regione e della regionalità.
L'epicentro toscano ha, dall'Ottocento, portato avanti un messaggio di solido buonsenso e di popolare gusto della vita senza complicazioni sentimentali e romantiche come avviene, invece, nella canzone napoletana che può essere presa a prototipo di tutta la produzione, più o meno edulcorata, imperniata sulla dialettica « cuore/amore ». È proprio il contenuto di grezza e robusta vitalità che informa lo sviluppo, nei primi decenni del Novecento, delle canzoni toscane. Il mondo contadino se ne appropria innervandola sui documenti in ottava rima che gli erano propri e rappresentavano, per dire in breve, i « melodrammi in sedicesimo » per il contado. Come il canto epico narrativo che la precedeva, anche la canzone trova in Toscana un terreno particolarmente ricettivo perché, come scrive Pasolini: « Certe poesie che presentano esteriormente aspetti, altrove negativi, di semipopolarità, qui restano in effetti popolari ».
Dunque, questi « canti della domenica sera o della festa de noantri o per varietà di quartiere popolare » trovano in Toscana l'habitat per una divulgazione ampia e capillare. Questi canti - citiamo la stessa fonte - « si trasformano in canti monodia cantati dal narcissico specialista per il gruppo: una specie di narrazione aedica, sul tipo di quella meridionale, per sagre o fiere, ma cantata in chiave di canzonetta, con gli stessi esibizionismi canori dello stornello ».
Infatti le canzoni che seguono, da « La storia di tre frati alla cerca » a « Mentre scendevo giù da Montaione », alla serie che prende la linea musicale da « Il figlio di Sbiloncolo » a « La lettera », ecc. escludono la coralità del canto da « veglia » e riproducono infine effetti melodici propri della canzone napoletana in voga alla fine dell'Ottocento e dai primi del Novecento.
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Storia di Tre Frati alla Cerca
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Mentre Scendevo giù da Montaione
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Il Figlio di Sbilonco
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Il Prete e la Serva
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Lucia e il Fattore
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Gigione
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La Lettera
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Le Fabbrichine
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La Moda dei Capelli Corti
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La Moda delle Gonne Corte
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