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Castiglioncello del Trinoro era difeso da fortificazioni, con cinque chiese all'interno delle mura e un palazzo comunale. Ben poco resta oggi di questo glorioso passato, che potrebbe avere origini etrusche: la Chiesa romanica di Sant'Andrea, una porta del '300 e il Palazzo Comunale. La sua posizione dominante (774 metri di altezza) sulla Val d'Orcia ne fece un centro di controllo sull'asse viario che scorreva nel fondovalle. E pare che, sfruttando questa posizione strategica, Castiglioncello sia diventato sede di ladroni che derubavano chi percorreva quel tratto di strada e che il suo nome derivi proprio da Castrum trium Latronum, cioè Castello dei tre Ladroni, ingentilito poi in Castrum Leoncelli Trinaurum, Castello del Leoncino dei tre ori.

Nella primavera del 2009, dopo un accurato lavoro di scavo da parte dell'Università di Siena, sono venuti alla luce i resti di un'antica fortezza esistente almeno dall'undicesimo secolo, identificati con il castello di Castiglioncello del Trinoro. Già nel febbraio 2010 le ricerche hanno evidenziato l'accesso al castello senese e la continuazione delle cerchia muraria di protezione.

Dalle fondamenta, ora visibili in una sorta di giardino archeologico, si può vedere  chiaramente la presenza di due torri di avvistamento. Dai documenti storici si rileva che appartenne ai conti Manenti, che nel 1117 e nel 1126 lo cedettero all'abbazia camaldolese di San Piero in Campo in Val d'Orcia, la quale a sua volta, verso il 1250, lo girò alla Repubblica di Siena. Quest'ultima, nel 1259, per far fronte alle spese della guerra contro i Fiorentini, lo cedette con altri castelli ai Salimbeni. La nobile famiglia senese - che pare vi accolse spesso Santa Caterina da Siena - ne mantenne la proprietà con alterne vicende fino al 1418, anno in cui fu requisito dalla stessa Repubblica di Siena.

Nel frattempo i cittadini di Trinoro insorsero, con l'intento di trasformarsi in libero Comune. Siena accolse la proposta, ma fece promettere di non accogliere a Castiglioncello nessun componente della famiglia dei Salimbeni. Nel 1497 l'accordo venne confermato. Le successive vicende furono legate alla Repubblica di Siena.

La fortificazione medievale di Castiglioncello del Trinoro è una (ri)scoperta recentissima, grazie all'intervento di un imprenditore illuminato che, oltre a trasformare il piccolo borgo in un albergo diffuso, ha finanziato gli scavi e gli studi che hanno consentito la visione dei suoi ruderi. Si tratta dei resti di due torri di avvistamento, una porta monumentale con scalinata e una cisterna, oltre al muro che cingeva l'area signorile, il tutto con delle fasi che si susseguono dall'XI al XIV secolo. Rappresentano un'attrazione in più, da un'altura che spazia su uno dei più bei panorami del mondo. Semplicemente, questo è il luogo dove l'integrazione tra l'intervento dell'uomo e la natura raggiungono uno dei punti di equilibrio più alti.

Non a caso, la Val d'Orcia è stata dichiarata Patrimonio dell'umanità dall'Unesco.

 

Le tombe etrusche di Molin Canale

Lungo la strada che da Sarteano raggiunge la frazione di Castiglioncello del Trinoro, a 4 chilometri e mezzo dal paese, sulla destra, seguendo l'indicazione che scende nel bosco per 250 metri, si raggiungono tre strutture tombali etrusche visitabili.

La zona di Molin Canale costituisce infatti un lembo di una vastissima necropoli che occupa tutta la collina: sulla sua parte sommitale, ovvero nella zona di Solaia-Macchiapiana-Poggio Rotondo, le deposizioni sono in gran parte databili durante il periodo orientalizzante (VII-inizio VI sec. a. C.), mentre scendendo più a valle, appunto nell'area di Molin Canale, si trovano strutture databili alla tarda età ellenistica (II sec. a. C.).

Tra le numerose già scavate nel secolo scorso e nel dopoguerra, alcune sono state riportate in luce dal locale gruppo archeologico Etruria nell'estate 1996. Tre strutture sono particolarmente interessanti in quanto, pur essendo contemporanee, presentano ognuna una tipologia diversificata.

La prima con lungo corridoio sul quale si affacciano piccole nicchie a più livelli, originariamente chiuse da tegole, con una camera di fondo con porta sagomata; la seconda con camera centrale e due camere laterali e la terza con ben 39 loculi lungo un corridoio a cielo aperto di quasi 14 metri, senza camera di fondo. Quest'ultima rappresenta l'anello di passaggio tra la tomba etrusca ellenistica e il colombario di epoca romana e ospitava in ogni nicchia una deposizione entro un'olla.

 

Quello che oggi caratterizza la piccola frazione di Castiglioncello del Trinoro, è lo spettacolare affaccio sulla Val d'Orcia che ne fa uno dei punti panoramici più suggestivi della Toscana meridionale: la visuale che scorre fino alla Rocca di Radicofani e al Monte Amiata con i colori forti e aspri della vallata legati alle mutazioni stagionali e con l'atmosfera unica che acquisiscono all'ora del tramonto, permette di godere di una sensazione di pace e relax unica, di una vera iniezione di serenità come soltanto gli spazi naturali possono offrire.

 

 

 

 

 

Castiglioncello del Trinoro, Castiglione dei Ladri                                                                                                Repetti: Dizionario Geografico Fisico e Storico della Toscana

 

CASTIGLIONCELLO DEL TRINORO (Castrum Latronum) della Valle d'Orcia, detto talvolta CASTIGLIONE dei LADRI. Castello con mura quasi dirute e pieve (S. Andrea) nella Comunità Giuridica e circa tre miglia toscane a ponente di Sarteano, Diocesi di Chiusi, Compartimento di Arezzo.
Risiede sopra un elevato poggio che forma un risalto alla pendice occidentale del monte di Sarteano, denominato delle Forche, alla sorgente del torrente Oragnano tributario dell'Orcia, presso al varco dove passa la strada comunitativa che da Sarteano conduce in Val d'Orcia.

Fu signoria dei conti di Sarteano, uno dei quali (Manente), dopo essere stato emancipato dal conte Pepone di lui padre, in presenza di Pietro vescovo di Chiusi, e di Guido preposto alla cattedrale, nell'anno 1117 di marzo, rinunziò al monastero Camaldolense di S. Pietro in Campoindieme all'Eremo del Vivo la metà del castello di Castiglione (del Trinoro) e del suo distretto nei confini ivi designati; eccettuando da questa donazione una porzione di terreno posta fra il colle di Castiglioncello e una padulina denominata la piscina.

Sennonchè i conti di Sarteano eredi di quel donatario non sempre mantennero ai monaci del Vivo la promessa del conte Manente; per cui i Camaldolensi reclamarono davanti ai tribunali senesi: e nel 26 agosto del 1210 ottennero sentenza da Ottone Zondadari, giudice dell'imperatore Federigo II in Siena, contro gli eredi del conte Manente per la restituzione a quella badia di tutti i possessi donati, e specialmente di Castiglione (ivi).

Prima che lo stesso secolo XIII terminasse il suo giro, insorsero nuove dispute fra i vescovi di Chiusi e i Camaldolensi a cagione di giurisdizioni e diritti sopra questa contrada.

Lo che provocò un lodo sotto il dì 6 settembre dell'anno 1292 pronunziato dal giudice compromissario, col quale fu deciso, che il castello di Castiglione del Trinoro era di giurisdizione dei monaci; e che il priorato di S. Andrea con diverse altre chiese di Val d'Orcia e di Val di Paglia erano esenti dalla giurisdizione dei vescovi di Chiusi e unicamente soggette alla Sede Apostolica (ivi).

A questo fatto starebbero contro le cronache senesi che fissano all'anno 1251 la rendita di Castiglioncello fatta dai monaci del Vivo al Comune di Siena con l'annuenza del pontefice. (DEI, Cronac. e MALAVOLTI, Stor. Senes.) Nè tampoco si concilierebbe, che lo stesso Castiglioncello fosse tra quelli venduti nel 1274 dalla Repubblca di Siena alla compagnia dei Salimbeni.

Se non chè del primo caso del 1292 trattasi di diritti spirituali, mentre il documento del marzo 1251 riferisce alla vendita dei beni che i Camaldolensi del Vivo, con l'annuenza del papa, per 150 lire in Castiglion de'Ladri alienarono. (A NNAL. CAMALD.)

Certo è che nell'anno 1368 questo castello fu tolto ai Perugini da Cione di Sandro Salimbeni, uno dei più potenti magnati di Siena. La conquista fu leggittimata da Cocco figlio di Cione, mediante una convenzione fatta nel 1404, mercè cui la Repubblica di Siena si obbligò a difendere le terre e castella, onde i Salimbeni s'erano impadroniti nel secolo precedente, fra le quali si notano Castiglioncello del Trinoro, Castiglion d'Orcia, Castelvecchio ec.
Sennonchè le pratiche di Cocco Salimbeni con i nemici della Repubblica decisero pochi anni dopo il governo senese a espellare i Salimbeni dai suoi fortilizi.
Fu nel mentre che Cocco era assediato nella Rocca a Tentennano, (Rocca d'Orcia) che gli abitanti di Trinoro (anno 1418) penetrarono destramente e tolsero al castellano di Cocco il cassero di Castiglioncello, che poi guardarono per loro conto con l'intenzione di reggersi a comune. Accolti quei terrazzani sotto il dominio della Signoria di Siena, ottennero fra i privilegi, di poter avere un giusdicente da una terna che gli uomini di Castiglioncello avrebbero inviato ogni anno a Siena; dando l'offerta di un palio del valore di lire 50; e promettendo di non accogliere in Castiglioncello alcuno dei familiari di Cocco Salimbeni, con facoltà d'incorporare i suoi possessi a quelli della Comunità.
Si rinnovavano li stessi capitoli ogni 25 anni, fintanto che nel 1497 la Repubblica di Siena li confermò in perpetuo.
Dopo ciò Castiglioncello del Trinoro corse la sorte della Repubblica senese.
Nel 1646 fu dichiarato feudo dal Gran Duca Ferdinando II, che lo concesse a Roberto Cennini con titolo di marchesato, rinnovato nel 1738 a favore del marchese Domenico Cennini. Innanzi quest'epoca Castiglioncello era sottoposto nel criminale al capitanato di giustizia di Chiusi, e nel civile a un notaro che vi risiedeva col titolo di vicario. Attualmente nel civile dipende dal potestà di Sarteano, nel criminale dal vicario di Regio di Chiusi.
Fra Sarteano e Castiglioncello sono stati trovati molti sepolcreti etruschi, sicchè il monte che ha alle spalle è fra i luoghi del contado Chiusino il più segnalato dagli archeologi, come quello in cui si vanno ogni giorno scuoprendo vetusti cimeli, lavori di figuline e di preziosi metalli; talchè vi è motivo di dubitare esservi stata costà la necropoli di qualche grossa Terra perduta.
La parrocchia di Castiglioncello del Trinoro nell'anno 1640 contava 302 individui; 237 nel 1745; mentre nell'anno 1833 annoverava 339 abitanti.

 

 

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