Scardola

 

Ordine

Famiglia

Genere

Specie    

Cipriniformi

Ciprinidi

Scardinius

S.Erythorophthalmus

Acque interne

Nomi dialettali: scavarda, piotta, rubella, scarduva.

 

Descrizione: corpo tozzo con linea laterale arcuata. Grosse squame e colore verdognolo più scuro, fino al bruno, sul dorso.

Habitat: molto comune in tutte le nostre acque, predilige luoghi con scarsa corrente piuttosto caldi e ricchi di vegetazione. Specie gregaria vive in folti gruppi, vagando alla ricerca di cibo.

Riproduzione: da aprile a giugno le femmine depongono moltissime uova che aderiscono alla vegetazione del fondo.

Pesca sportiva: preda piuttosto diffusa in tutti i campi di gara permette catture piuttosto costanti, una volta richiamato il branco ed individuata la sua posizione. Si pesca con galleggiante innescando all'amo la larva di mosca, piccoli lombrichi e semi cotti.


Morfologia

 

La scardola ha un corpo piuttosto robusto, non troppo slanciato anzi il suo spessore è abbastanza più alto della maggior parte dei componenti la sua medesima famiglia; anche la compressione è sempre molto marcata e tutto il corpo è rivestito da grosse squame, che lungo la linea laterale sono circa 40-45. La bocca è decisamente piccola ed il taglio dell'apertura è obliquo verso il basso; inoltre la mandibola sporge leggermente sulla mascella. La pinna dorsale è esattamente tra le ventrali e l'anale ed ha 10-12 raggi dei quali i primi 2-3 sono indivisi; i raggi dell'anale sono invece circa 12-15 con i soliti primi 3 interi. La pinna caudale, di medie dimensioni ha l'incisura centrale che la divide in due lobi; comunque non molto acuti; delle stesse dimensioni delle ventrali sono le pettorali, poste piuttosto avanti, prima del termine del margine opercolare. Il colore del corpo, che può variare anche non di poco da zona a zona, e fondamentalmente e sul dorso si scurisce con marcati riflessi bruni, appena verdognoli. L'occhio, come ricorda il suo nome latino, tende al rossiccio e rosse sono ugualmente tutte le pinne se si eccettua la ventrale dove il rosso è mascherato dal bruno. Nelle acque interne italiane la scardola è molto comune, e le sue preferenze vanno ad acque calme, non molto fredde, né troppo profonde dove esista fondo fangoso e molta vegetazione. Piuttosto gregaria la si trova in gruppi di diversi individui che nuotano lentamente alla ricerca di cibo rappresentato da larva d'insetti, da piccoli crostacei e da vegetali.


L'inizio del periodo riproduttivo è verso aprile e continua fino a giugno: le femmine depongono qualche centinaio di migliaio di uova del diametro di un millimetro e mezzo, che vanno ad aderire alla vegetazione sommersa; in meno di una settimana si schiudono ed inizialmente il piccolo rimane dov'è e vive con il solo nutrimento del sacco vitellino e solo successivamente l'avannotto comincia a muoversi per nutrirsi di plancton. L'aspetto della scardola può variare abbastanza da ambiente ad ambiente ed è per questa ragione che nel secolo scorso vennero descritte da diversi studiosi sottospecie od addirittura nuove specie di scardole le cui differenze in effetti non erano altro che modificazioni esteriori più o meno marcate indotte dall'ambiente. Al pari di altri ciprinidi la scardola si ibrida con alcuni pesci suoi simili, e di tali ibridi il più noto è quello con il triotto.

 

...a proposito della scardola ho una storiella da raccontare; prima di tutto devo dire che la passione della pesca è nata dai racconti di pesca del maestro Giovanni, grande pescatore di lucci.

Nel lontano 1963, all'età di 12 anni, mi presentai dal mio "vecchio" maestro, colmo di orgoglio e con un cestino pieno, fino all'orlo, di scardole di tutte le taglie.

Giovanni dopo essersi congratulato con me per le catture effettuate mi disse anche come avrei dovuto cucinare tale delizia e..."li devi squamare, gli togli le interiora e metti tutti i pesci dentro ad una grande pentola con acqua, porti a ebollizione l'acqua e fai cuocere per circa 15 minuti, quindi togli i pesci dalla pentola e li avvolgi un un canovaccio bianco da cucina, che puoi chiedere a tua madre.

Fatto questo prendi il canovaccio alle due estremità e, con tutta la forza che hai, li strizzi e...aggiunse...dopo averli strizzati ben bene butti via tutto."

Da quella "lezione" capii che i pesci a cui avrei dovuto dare la caccia erano ben altri, non certo delle scardole. Imparai anche che la pesca non è pavoneggiarsi con le catture effettuate ma, contatto con la natura e rispetto verso di essa. Ed è per questo motivo che, dopo ogni giornata di pesca, il sottoscritto pesa i pesci e poi da loro la dovuta libertà (naturalmente quando li prendo).

Raramente mi è capitato il contrario...di non prenderne intendo...solo in particolarissime e rare occasioni è successo. E quando è accaduto è perché la "testa" era in "giro" per motivi ben più importanti....