Dal diploma di Ludovico II dell'853 la "corticella" di Tintinnano (in epoca successiva anche: Tentennano) ricorre costantemente nell'elenco dei possedimenti dell'abbazia del Monte Amiata, confermati nei privilegi imperiali fino al secolo XI.

 

Verso la metà del secolo XII, comunque prima del 1170, si affermò sul Castello di Tintinnano il dominio dei Tignosi, una famiglia di vassalli dei conti Aldobrandeschi. Agli inizi del '200 i Tignosi erano organizzati in una consorteria, con un "rettore", e dominavano su circa 150 capi-famiglia della Rocca e del suo territorio; una convenzione stipulata nell'aprile del 1207 tre il "rettore" della consorteria e un rappresentante degli uomini di Tintinnano, definì gli obblighi di questi ultimi e la ripartizione di alcune competenze fiscali e amministrative tra i signori e il comune locale. Pochi anni dopo Tentennano subì un'invasione degli Orvietani, con distruzioni e incendi.


Nel 1250 il Comune di Siena comperò dai numerosi consorti le rispettive quote di proprietà della rocca e del territorio, e ricevette il giuramento di sottomissione degli uomini del luogo. Dopo l'acquisto (che sarebbe stato completato fra il 1254 e il 1258) i Senesi intrapresero lavori di sostegno del "sasso" della rocca, che era pericolante, e la costruzione di una nuova torre in luogo della precedente, "rotta e diruta". Ma già nel 1274 il castello veniva ceduto in pegno ai Salimbeni, a garanzia di un prestito concesso al Comune, e negli anni seguenti la "rocca, cassero e fortezza di Tintinnano" (così nell'Estimo del 1317-1318) sarebbero stati acquistati in stabile possesso, insieme con altri luoghi della Val d'Orcia, dalla possente famiglia senese.

Sotto il dominio dei Salimbeni Tintinnano fu una roccaforte importante, e dallo Statuto redatto per la comunità nel 1297 risulta che da essa dipendeva anche il centro di Bagno Vignoni. La signoria dei Salimbeni fu contrastata dalla Repubblica agli inizi del '400; nel 1419, grazie all'opera di congiurati del luogo, i Senesi si impadronirono del Castello e della Rocca.


Il Castello
Soltanto pochi frammenti restano della mura, che, attestate ai due lati della rocca, scendevano sui due versanti opposti, aggirando poi a semicerchio verso Nord la collina. Nei tratti che scendevano dalla rocca si aprivano due porte, ambedue volte a Sud; quella sul versante Est conserva l'arco tondo in travertino con belle mensole sagomate, mentre dell'altra appena si intuisce la presenza di uno stipite.
La Rocca, posta sulla vetta della scoscesa collina, dalla quale balza con un'imponenza inimmaginabile, comprende, dentro una forma di pentagono irregolare, il cortile e la torre, che lo chiude dalla parte di levante; anche dagli altri lati però esso è racchiuso da alte mura; la torre è suddivisa in due piani, ciascuno dei quali comprende due ambienti, l'accesso è affidato ad una porta al primo piano.
Dall'esterno tutto questo appare fuso in un unico insieme, dove dalla formidabile base a scarpa, che regge il cortile e la torre, scatta con incredibile slancio quest'ultima nella sua originalissima forma, che potrebbe assimilarsi ad una pera con il contorno spezzato e la punta volta Nord, verso un ampio strapiombante su ogni lato e pianeggiante, in origine probabilmente racchiudente alcune costruzioni, di cui resta appena qualche traccia, come è rimasta soltanto una parte degli stipiti dell'arco che vi dava accesso, nel punto in cui le mura si raccordavano alla Rocca. Attualmente alla Rocca, proprietà dello stato, restaurata sono state sostituite, con un paramento di mattoni, le parti cadute di quello in pietra.