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La grande festa del popolo senese
Palio non si vede, ma si vive, il Palio non è uno spettacolo ma una festa. Ovvero è lo spettacolo di un popolo in festa. E la grande festa del popolo senese che il Palio lo vive, lo cova, lo soffre, lo parla, lo sogna, tutto l'anno - in modo intimo geloso, riservato, scontroso - e poi se lo gode coralmente davanti agli occhi del mondo, quando esplode nella corsa esaltante, quando finalmente i cavalli corrono sfrenati nella conchiglia di piazza del Campo, quando i fantini si danno furiose nerbate, quando un'intera città impazzisce, e rischia l'infarto, in due eterni minuti di scatenata follia, di febbre, di rabbia, di disdetta, di gioia, di speranza, di rancore, di tripudio, quando l'urlo immane di una folla in delirio saluta insieme, la vittoria e la sconfitta. La vittoria della propria contrada, o la sconfitta della contrada nemica, che è anch'essa una grande vittoria.
Naturalmente c'è anche lo spettacolo, e si tratta di uno spettacolo unico al mondo. Ma certo soltanto gli ospiti soltanto i turisti, hanno gli occhi giusti, ed anche il tempo necessario per poter ammirare la straordinaria bellezza della conchiglia brulicante di popolo, la policroma tavolozza delle insegne, dei costumi, delle armature, quel rivivere di capitani priori, magistrati, mazzieri, alfieri, palafrenieri, paggi, tamburini, armigeri, nell'antica parata di pietre, di cotto, di archi gotici, di bifore, di stemmi, tra i marmi candidi della Fonte Gaia, le archeggiature della Cappella di Piazza, la solenne facciata del Palazzo Pubblico, i novanta metri di potenza, di forza, di leggerezza, di grazia, di magia della Torre del Mangia.

 

Le contrade: piccoli Stati in una "confederazione" urbana
I senesi hanno ben altro da guardare, gridare, aizzare, maledire, urlare, incitare, delirare, e quasi morire, nel gran giorno del Palio, che è il più alto momento di una grande passione, il più solenne ed emozionante rito di una grande e mai tradita fede. Una fede che ha le proprie radici non tanto nella corsa quanto nelle contrade, perché il palio di per sé stesso non fu nel passato un'esclusiva di Siena (tutte le città conoscevano le corse dei barberi e davano un drappo prezioso, un pallium, in premio ai vincitori delle gare equestri) ma a Siena l'antica sfida popolare non cadde come altrove in disuso, perché a Siena restò viva la tradizione delle contrade restarono vivi gli ideali, i sentimenti, lo spirito delle contrade, anche se in origine le contrade e il Palio non ebbero niente in comune.

Le contrade sono più che altro unità territoriali. Ricordano che Siena nacque dall'unione di comunità preesistenti, le quali mantennero, anche dopo la formazione del comune, una qualche indipendenza, una qualche autonomia amministrativa, quasi che il comune avesse interesse a decentrare certe mansioni e certi poteri.

Sulla loro più antica natura si possono fare, e sono state fatte, molte ipotesi; si può pensare, ad esempio, a sedi di consorterie, a zone cittadine caratterizzate da un raggruppamento di fedeli intorno a una chiesa, o da un raggruppamento di artigiani esercitanti lo stesso mestiere. Certo è che furono tante piccole città all'interno della più grande e comune patria senese, e non manca in questo senso un suggestivo richiamo alle origini etrusche della città, e all'idea federativa che ebbero dello Stato i più lontani antenati dei toscani. E questa particolarità di una confederazione urbana di piccoli "Stati" (forse sentita anche in altre città, ma di poi abbandonata) sembra confermata in Siena anche dall'importanza che ebbero altre unità territoriali, come i famosi Terzi (il Terzo di Camollia, il Terzo di San Martino, il Terzo di Città) e le non meno famose Compagnie Militari, ognuna delle quali doveva provvedere a garantire in caso di guerra un certo numero di uomini validi, ad armare insomma un piccolo esercito "rionale" da far confluire in quello comunale.

 

Lo spirito ludico della città
Inizialmente il Palio si svolse indipendentemente dalla vita delle contrade. Si trattava di una corsa "alla lunga" per le vie cittadine con cavalli montati da gentiluomini o con cavalli appartenenti a grandi signori che li facevano montare da fantini, e la corsa faceva parte della maggiore cerimonia pubblica dello Stato senese, cioè l'offerta dei ceri per la festa d'agosto dell'Assunta, che comprendeva anche un fastosissimo corteo, e che offriva molte altre attrazioni. Tanto che in occasione di queste feste nazionali, Siena ospitò più volte sovrani, pontefici, principi, illustri personaggi e importanti ambascerie.
Il popolo contradaiolo si appassionò e partecipò maggiormente ad altri giochi: al gioco delle pugna, a veri e propri combattimenti tra opposte schiere in piazza del Campo, alle cacce dei tori, e alle corse "alla tonda" con i bufali in piazza del Campo. Furono poi le contrade a prendere l'iniziativa di un palio alla tonda con i cavalli, da corrersi il due di luglio in onore della miracolosa Madonna di Provenzano. Le bufalate continuarono ancora, ma furono gradualmente sostituite dalle corse con i cavalli in piazza del Campo anche per l'incoraggiamento e la passione ippica del principe Mattias dei Medici, governatore di Siena dal 1629 al 1667.
E gradualmente le contrade finirono per ereditare tutta la gloriosa tradizione dell'antica festa nazionale. Nel mutare dei tempi e delle situazioni politiche, le contrade svolsero via via attività diverse, ed ebbero un importante riconoscimento giuridico nel 1729 allorché una principessa medicea - Violante Beatrice di Baviera, moglie di Ferdinando dei Medici primogenito di Cosimo III - che governava Siena, emise un bando fissando in diciassette il numero delle contrade che da allora furono l'Aquila, la Chiocciola, l'Onda, la Pantera, la Selva, la Tartuca (nel Terzo di Città), la Civetta, il Leocorno, il Nicchio, la Torre, Valdimontone (nel Terzo di San Martino), il Bruco, il Drago, la Giraffa, l'Istrice, l'Oca, la Lupa (nel Terzo di Camollia), stabilendo anche i confini territoriali di ogni contrada.

Una sfida senza fine
Diciassette contrade, diciassette città, diciassette patrie. In ognuna di esse vive un popolo che è rimasto sempre libero, che ha sempre eletto i propri capi (votava anche negli anni in cui gli altri italiani non potevano più votare) che ha sempre preso liberamente ogni decisione: in ognuna di esse vive un popolo che stringe alleanze, firma patti segreti, ordisce congiure, lancia sfide, dichiara la guerra. Si diventa contradaioli per lo jus soli, e si appartiene per tutta la vita alla contrada nella quale si nasce.
La contrada è il passato, la tradizione, la patria. Quando cadde la repubblica, quando Siena perse l'indipendenza, i vincitori cercarono di piegare lo spirito dei senesi, eliminando tutto quello che poteva ricordare la passata grandezza e il passato splendore della città. Dimenticarono tuttavia le contrade nelle quali i senesi conservarono le memorie delle compagnie militari delle vittoriose battaglie, delle resistenze eroiche. E dimenticarono il Palio, il national day dei senesi, la più grande festa la più grande esaltazione, di Siena sovrana. Con le contrade e con il Palio lasciarono ai senesi la possibilità di non dimenticare mai - ed anzi di rivivere sempre - la fierezza e l'orgoglio della loro grande storia.
Il Palio è la sfida che si lanciano diciassette città indipendenti è la guerra che si fanno diciassette popoli liberi in nome dell'individualismo, e dello spirito di parte, per l'onore e la gloria della patria che può essere anche minuscola - quattro strade, un paio di vicoli, una cappella - ma che possiede un'anima grandissima. Nel Palio, preparato, sofferto, sognato tutto l'anno, esplode l'amore dei senesi per le diverse contrade, ma soprattutto l'amore per Siena che tutte le comprende e che tutte le abbraccia.
Perché di volta in volta vincono le diverse contrade, ma quella che vince ogni volta è la città del Palio, quella che vince sempre è Siena.

 

 
 

 
 

 

Giuseppe Zocchi: Veduta diurna della Piazza del Campo con il Palio del 1739,

Siena, collezione del Monte dei Paschi
 

 

 
 

 

 

 

Aquila Bruco Chiocciola Civetta Drago

Giraffa Istrice Leocorno Lupa ValdiMontone

Nicchio Oca Onda Pantera Selva

 

 

 

  Tartuca   Torre