Antico viale di gelsi, verso il colmatone, esistito fino alla metà degli anni 80

 
     
   

Nella: "Statistica Agraria della Val-di-Chiana", nel XII capitolo, Giuli Giuseppe¹, illustra in modo esaustivo come "Della coltivazione dei gelsi, e del bruco, o baco da seta, e del modo di tirare o filare la seta [...].

Il Giuli nel capitolo dodicesimo, primo articolo, descrive il gelso nella sua tipologia, nel modo di piantarlo e come mantenerlo.

 


 

Libro quarto

 

Capitolo duodecimo

 

articolo primo

 

Della coltivazione del gelso

 

"Le piante del gelso, che sono coltivate in Val-di-Chiana, sono quelle a mora bianca (Morus alba L.), e quelle a mora nera (Morus nigra L.), ed alcune varietà che da queste specie dipendono, e tra queste vi si conta quella a foglia arancina che produce le more bianche; ed è una pianta, la foglia della quale regge nella Primavera più di quella della specie primitiva all'azione del freddo, quando ha mosso precocemente e mandato fuori le mosse. [...]

 

Filari di gelso a limitare un campo

More di gelso nero

More di gelso bianco

 

Le piante del gelso, quando nel piantumaro sonosi alzate all'altezza del suolo circa due braccia e mezzo sono trasportate al luogo ove devono stare di permanenza. [....]

[...] nella piantagione dei gelsi, si accentuano le dimensioni delle buche, e delle fosse, perché nelle buche dei mori la profondità, e i lati di esse basta che siano d'un braccio e un quarto, come pure le fosse; nella pianura poi queste misure si possono ridurre ad un solo braccio. Scelgono a tale effetto un terreno, tanto in collina, che in pianura come quello dei cigli dei campi, ove formano dei filari presso gli stradoni, e ve li situano specialmente nella Primavera, li legano al palo, e li circondano di spini, onde la loro chioma non sia mangiata dal bestiame, che andasse al pascolo in quei contorni.

Nella pianura siccome il terreno è più ferace² così estendono queste piante molto lungi dal pedone i rami; ed è questa la ragione, per cui in questa giacitura la distanza d'una pianta dall'altra, è circa braccia dodici, mente nella collina basta che siano posti lontani gli uni da glia altri circa braccia dieci.

 

Passati due anni dacchè i gelsi sono stati piantati, nell’Aprile tagliano la guida, ed i rami del primo palco, e lasciano in questi rami troncati tre, o quattro occhi per ciascheduno di essi, e questa operazione si conosce col nome di accornettatura che ha per oggetto l'ingrossamento del pedale, e dei tronchi dei rami lasciati sopra d'esso, ossiano i cornetti. E ripetono l'accornettatura l'anno successivo, che la stabiliscono sopra le messe dell'anno precedente. Li lasciano in riposo per tre anni; le messe nuove comparse sopra i cornetti acquistano l'accrescimento necessario per tramandare anche esse delle diramazioni laterali; soltanto sicontentano ogni anno di tagliare i rami, che occupano il centro della pianta, e gli altri superflui, e di non cogliere la foglia. Passato questo tempo li fanno una nuova accornettatura col solido metodo, e l'anno successivo cominciano a cogliere la foglia per nutrire i bachi.

 

Ogni anno poi è lavorato il terreno attorno ad essi tanto siano piantati nei campi, o lungo i limiti laterali dei viali, e qualche agricoltore li fa letaminare³ nell'Autunno. I gelsi dei viali sono coltivati appositamente; quelli dei campi poi risentono il benefizio del lavoro dei campi negli anni in cui vi cadono le semente, ed in quelli poi che restano spogliati di piante cereali vie lavorato espressamente il terreno al piede d'essi nella Primavera con la vanga e nell'Autunno colla zappa [...].

La potatura non è uguale e simile presso tutti gli agricoltori. Alcuni tagliano i giovani polloni lasciandoli, quattro, o cinque occhi, e quest'operazione la rinnovano ogni tre anni, ed è conosciuta come potatura alla Fiorentina, che in sostanza è simile all'accornettatura, che tutti i coltivatori del gelso praticano nei primi anni della loro vita.

 

Altri poi non ammettono questa pratica, e si contentono di levare i rami meno fecondi, per esser cominciati a disseccarsi, o per essere cresciuti nel centro della pianta, ed eseguiscono quest'operazione un anno sì, e l'altro no, ed è detta potatura alla Senese.

La foglia, che danno i gelsi trattati colla così detta potatura alla Fiorentina, vien fuori sette, o otto giorni avanti, di quella che sviluppano i mori trattati nel modo in secondo luogo accennato  Oltre questo vantaggio  ha anche l'altro, che è più tenera di quella prodotta dei gelsi potati alla Senese, e però più adattata a nutrire i bachi nei primi momenti della loro vita [...].

 

 

 


 

articolo secondo

Del custodimento che prestono ai Bachi da seta.

 

Per conoscere in dettaglio tutti i diversi periodi della vita di questi insetti, come pure per sapere qual'è il metodo seguito in Val-di-Chiana onde diano un buon prodotto, bisogna cominciare a descrivere questa parte della storia agraria fino dai primi momenti della nascita di questi animaletti.

L'uova dei bachi da seta dopo la loro nascita vengono conservate dentro la biancheria, ed attaccate al tessuto di lino, o di canape sopra cui l'avevano depositate al momento della loro nascita le farfalle, ed in un luogo, ove non si senta nè troppo freddo, nè troppo caldo, e ve le tengono fino a che non giunge la Primavera.

Il giorno preciso, in cui le uova devono essere distaccate dai panni, non può essere indicato, dipendendo ciò dallo stato atmosferico, dalla diversa temperatura, che si fa sentire nella detta stagione; ma per il solito eseguiscono quest'operazione circa al dieci d'Aprile, e procedono in questo modo.

Prendono il panno su cui sono aderenti l'uova, l'inumidiscono col gettarvi prima da una parte, ed in seguito in tutte l'altre del panno medesimo del vino bianco, che si pongono in bocca onde acquisti una mite temperatura, e di mano, in mano, che l'uova sono state inumidite, le distaccono colla costola d'un coltello, e le fanno cadere sopra un foglio di carta; in seguito le riuniscono sulla carta stessa, e vi soffiano sopra, mentre le rimuovano per separare l'uova vane, e le ravvolgono in un pezzetto di panno dopo averle pesate, e le ripongono nello stesso luogo per sette, o otto giorni ove erano state anteriormente, se la stagione è fredda; ma se vedono che i gelsi cominciano a muovere, allora le collocano fra i materazzi del letto, onde cominciare a farli sentire un principio leggero di riscaldamento.

 

In seguito le donne le portano addosso e precisamente sulla parte anteriore e superiore del tronco, tra la carne e la camicia, onde siano riscaldate fino alla temperatura propria degli animali: avvertono, però che la persona incaricata di ciò non vada soggetta ai sudori, perchè una tale secrezione escrementizia sarebbe nociva per lo schiudimento delle uova, e sviluppo dei piccoli bachi; ed a quest'ultimo preparamento le sottopongono circa il venticinque d'Aprile.

Quando è cominciata questa preparazione allo schiudimento delle uova le pongono dentro la madia, ove fanno il pane, distese sopra un pezzo di panno, e vi pongono dentro un caldano con brace accesa, onde la temperatura si alzi, e così suppliscono alla mancanza della stufa. Disposte in questo modo l'uova le collocano sopra une carta tutta traforata; i piccoli bachi che scappano fuori dalla loro nativa prigione, trovano una via per liberarsi dall'antico inviluppo salendo per quelle aperture nella parte superiore della carta, ove pongono le sommità dei teneri rami del moro,sulle quali salgono, e cominciano a prendere cibo, e riesce levare di mano in mano i piccoli bachi che vengono a nascere, i quali son trasportati sopra un graticcio, su cui distendono un panno di lino, o di canape.

 

Ogni mattina, e ogni sera l'apprestano la foglia suddetta per cibo; ma il consumo è piccolissimo; passati otto giorni da che sono nati i piccoli bachi restano assiderati per due giorni, nei quali perdono il loro esteriore inviluppo, ed il "volgo⁴" dice, che dormono: in questo periodo non hanno bisogno di cibo; ma siccome questo assideramento non è comune a tutti nel tempo medesimo, ed alcuni sono in questo stato, altri no, e sono per altro i meno, con tutto ciò bisogna, che trovino onde potersi cibare; perciò spargono una quantità picciolissima di foglia sopra d'essi.
Passato il periodo indicato, allora tornano a governarli tutti nel modo usitato, e si servono di questo incontro per fare il primo cambiamento dei bachi, o, come dicono, la muta.

 

I bachi che sono stati due giorni senza mangiare, si sentono appetito, e salgono con avidità, e prontezza sopra la foglia, ed allora prendono la foglia carica di bachi, e la pongono sopra una stoja fatta colla cannuccia palustre per cui vien detta canniccio, ma vi pongono il solito panno, acciò non entrino tra un interstizio, e l'altro delle canne, da chi è composto, e cadano in terra.
Questi cannicci in generale sono lunghi quattro braccia, e larghi tre.

Fino a quest'epoca della vita questi animali occupano un piccolo spazio, ed il nutrimento loro è assai scarso, che di mano in mano tanto l'uno, che l'altro va ad aumentarsi in proporzione dello sviluppo della loro macchina. Un canniccio può contenere, dopo la prima dormitura, i bachi che provengono da oncie cinque di seme; questo deve essere situato, e disteso sopra delle pertiche, che sono sostenute orizzontalmente da alcuni cavicchi del cosi detto Castello. [...]

 

Passati altri otto giorni se la stagione è calda e sana, viene la solita dormitura, e dopo due giorni li devono cambiare, e accrescerli lo spazio per un terzo più di quello, che lo avevano anteriormente. Dopo un eguale periodo, sopraggiunge la terza dormita, e l'epoca di cambiarli.

Fra la terza, e la quarta dormitura si mutano ogni tre giorni, ed allora li levano di sopra al letto, e li trasportano in un altro canniccio.

La quarta epoca in cui sopravviene l'assideramento, dicono che i bachi dormono per la grossa, e di fatto il volume del loro corpo cresce, ed ingrossa in modo, che per i bachi i quali dopo la prima dormitura occupavano un solo canniccio, allora ve ne vogliono venti; come negli ultimi giorni, che precedono, la quinta dormita detta della seta, consumono per cibo più foglia di quella, che abbisogna per governarli in tutto il tempo anteriore.

In quei giorni, che passano tra la dormitura grossa, e l'altra della seta li mutano un giorno sì, ed uno no, onde l'escrementi abbondanti di questi animali, che cadono sopra la foglia da essi mangiata, non comincino a fermentare, e l' esalazioni, che da questa fermentazione vengono ad emanare, non alterino l'aria atmosferica, e non riscaldino di troppo questi delicati animalucci, e vadano per queste cause a deperire.

L'epoca in cui il baco è giunto al periodo di fare la seta, è annunziata dal colore giallo trasparente di quella parte della loro macchina, che dicesi il "collo": allora formano il bosco, sopra il quale i bachi salgono per farvi i bozzoli.

La materia per fare il così detto bosco consiste in fascetti di scopa ( Erica scoparia L. ), di ginestra ( Genista iuncea L. ) e di canapicchia ( Graphalium sthoecas L. ), le quali piante le tagliano verso la fine di Maggio, le pongono al sole a prosciugare, battono la parte superiore, onde si distacchino le foglioline dai fusti delle medesime, e quindi qualunque sia la pianta, che adoprano ne formano i ridetti fascietti, in modo, che i fusti vengono a riempire la mano, e li legano con dei vimini, o colle ginestre rammentate.

 

Queste piccole granate sono appoggiate colla loro parte inferiore al canniccio più basso, e la spazzola della granata a quello che sta superiormente; anche nel canniccio situato nella parte superiore del castello vi fissano le scopette raccomandandole alle traverse di legno, che tengono fisso il castello medesimo. Si è fatto osservare, che non tutti i bachi giungono al medesimo periodo dalla loro vita simultanea mente; così accade anche nell'ultimo, quando devono tessere il bozzolo, ed è per questo, che quantunque il bosco sia stabilito non cessano affatto nei primi giorni di spargere nei cannicci una quantità di foglia, e finalmente terminano queste premure col cuoprire con un panno le scopette situate sopra l'ultimo canniccio. [...] Quando è stato fatto il bosco, e ripieno di bachi, lo ricoprono con panni, onde non vi vada polvere, e la seta venga ad essere alterata.

 

Questo è il corso della vita dei bachi, quando le cose vanno tutte in favore, ma si dà il caso qualche volta, che l'aria atmosferica varia di temperatura, e si abbassa intempestivamente; in questi casi se nella stanza vi è il cammino, vi fanno il fuoco con legna, e cosi l'inalzano d'assai, altrimenti vi accendono dentro dei foconi, o bracieri; la bracie ve la portano quando ha lasciato di tramandare un odore spiacente. Per il solito tengono aperte le finestre delle stanze, ove custodiscono questi animalucci, onde l'aria si rinnovi, purchè sia scoperto il Sole; altrimenti le tengono serrate. [...]

 

Dopo dieci o dodici giorni, da che i bachi sono andati al bosco, levano e distaccano i bozzoli dalle scopette. Ma prima di passare a fare questa operazione sogliono prendere qualche bozzolo in diversi punti del castello, che aprono con un temperino per vedere se il baco dentro di essi contenuto è passato allo stato di grisalide, o se tuttora la sua figura si approssima alla primitiva: nel primo caso distaccano i bozzoli, e si appigliano con più fidanza a questo partito, se i bozzoli stessi in generale presentano una certa resistenza nel comprimerli; e li lasciano sul bosco, se il baco dentro essi racchiuso non è passato allo stato richiesto.

I bozzoli subito levati dalle scopette son portati dai contadini ai proprietari, o a quei che fanno una speculazione sopra questo ramo d'industria, perchè cala il peso dei medesimi assaissimo da un giorno all'altro. Ogni oncia di seme dà ottanta a cento libre di bozzoli, a seconda della stagione, della qualità della foglia che gli è stata data, ed anche vi contribuisce la maggiore o minore attenzione prestatali da chi gli ha custoditi. [...]

 



Dopo aver letto questa dettagliata descrizione che il Giuli fa della coltivazione dei bachi da seta, è facile comprendere, le difficoltà che questa pratica comportava e le sue scarse rese in termini di guadagno.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
 

¹ Giuli Giuseppe: medico e naturalista (botanico, chimico e studioso di storia naturale) senese 1778-1851

 
 

² ferace: fertile, fecondo

³ letaminare: concimare con letame

volgo: popolo, popolino