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Alcune coltivazioni
tipiche del passato
La canapa
La canapa, "cannabis sativa", pianta annua di origine asiatica, era
utilizzata per filari, cordami ecc. La sua coltivazione e preparazione
era impegno lungo e delicato, che durava quasi tutto l'anno e che
spettava essenzialmente alle donne.
La canapa veniva seminata e poi, d'estate, quando era alta molto più di
un uomo, e i fiori maschi appassivano, veniva sdradicata, si facevano
fasci che venivano fatti seccare al sole e poi portati - con carri
tirati da buoi - al ruscello, al "fosso" o alla "gorga" e messi a bagno
per sette otto giorni. I punti di deposito, sempre quelli, venivano
chiamati "macerine". Sopra i fasci venivano messi dei sassi come peso
per tenerli bene sott'acqua. Passati gli otto giorni i fasci venivano
ritirati e messi ad asciugare, una volta asciutti venivano disposti
sopra delle assi e battuti con dei bastoni - lavoro durissimo che si
protraeva per ore ed ore. Poi con un attrezzo venivano districate le
fibre fino a farle divenire fili leggeri come capelli, lunghi anche tre
metri, che venivano divisi in tre spessori. La scelta più fina veniva
filata la sera a veglia, con la rocca e il fuso. Venivano fatte delle
matasse, sbiancate con sette o otto "bucati" con la cenere, quindi dei
gomitoli pronti per la tessitura, per farci lenzuola, tovaglie, sottane,
ecc. Col più grosso venivano fatti dei sacchi, tascapani, pannucce per
il lavoro degli uomini. Con gli scarti, "la stoppa", le corde e le funi.
La canapa oggi non viene più coltivata in Valdichiana, ma le "macerine"
rimaste hanno tuttora questo nome. Una di queste macerine era alla
Badiaccia, vicino al Borghetto del lago Trasimeno, sulla battigia del
lago, grossi sassi, che servivano a tenere sott'acqua i fasci di canapa,
giacciono ancora lì, bene allineati.
Il lino
E' una pianta annuale "linum usitatissimum" della famiglia delle
"linacee".
Ha radice a fittone, fusto cilindrico ben eretto e raggiunge un'altezza
di oltre 50 cm. I fiori, delicatissimi, sono celesti. Viene utilizzato
essenzialmente quale elemento tessile trattando i fasci di fibre della
corteccia del fusto.
L'utilizzazione del lino quale pianta tessile che risale all'età della
pietra ( si possono trovare semi di lino nei villaggi di palafitte in
Svizzera e nei rivestimenti delle mummie egizie) è tuttora assai diffusa
anche se la coltura richiede grande impiego di lavoro e se la
trattazione della fibra tessile è assai complessa e delicata.
Una volta raccolte le piante, dopo almeno quattro mesi dalla semina,
occorre farle essiccare, pulirle dai frastagli inutili e metterle a
macerare nell'acqua mescolata con soda caustica, per consentire il
distacco delle fibre dal fusto. Occorre poi un ulteriore essiccamento
all'aria, o in appositi impianti ad aria calda, ed è quindi possibile
disporre della fibra tessile.
Esiste un'altra importante utilizzazione del lino, quella dei semi che,
opportunamente trattati, danno un'abbondante produzione di olio (30-45%)
usato nell'industria e soprattutto in pittura quale solvente.
In Valdichiana i semi di lino si adoperavano anche come medicamento. Gli
infusi di semi di lino venivano somministrati al bestiame che soffriva
d'intestino; ed anche gli uomini ne fruivano quando avevano affezioni
delle vie respiratorie.
La coltura era largamente esistente in Valdichiana, specie nei terreni
con grande tasso di umidità, ai margini dei canali della bonifica.
Il lino portava lavoro riflesso alle industrie tessili ed a quelle che
trattavano i semi. Famosi erano i tessuti misti, a righini azzurri e
bianchi fatti con lino e canapa; di essi un fili era tinto in azzurro
con il "guado". Era stoffa pregiata, da uomo, tipica della Valdichiana,
con cui si confezionavano gli abiti della festa. Oggi la coltura del
lino in Valdichiana non esiste quasi più; ed ora a noi, non più giovani,
rimangono soltanto alcuni capi di biancheria, dote fatta dalla nonna,
fresca e sgusciante, fatta con le antiche fibre di questa preziosa,
affascinante pianta.
La robbia
La robbia, pianta erbacea della famiglia delle Ribiacee (Rùbia tinctòria)
con lunghi fusti, foglie lanceolate e fiori gialli in grappoli, veniva
coltivata per ricavarne, dal rizoma, l'alizarina, colorante che serve a
tingere in rosso.
Nel "Trattato della Robbia", stampato a Firenze nel 1776, si parla della
florida coltivazione della robbia in Toscana e specialmente nel
cortonese. Anche per la robbia, come per la canapa ed il lino, si tratta
di coltivazione ormai estinta: nelle nostre zone la gente non sa neppure
più le modalità di questa coltura.
Quanto fosse diffusa la coltivazione della robbia in Valdichiana fin dal
medioevo ce lo testimonia il grande storico cortonese, Mancini. Nel suo
libro "Cortona nel Medio Evo" si legge: "La radice della robbia,
ricercata e ben pagata, serviva a tingere i panni in rosso. Tanto
diffusa e vantaggiosa era la produzione della robbia che, nel 1529, per
soddisfare la taglia al Principe d'Orange, il Comune se ne fece
consegnare dai cittadini parecchie centinaia di libbre e, con certe
qualità di lino, ne trasse scudi 5.000 d'oro".
Sembra quasi impossibile, eppure in meno di duecento anni si era perso
perfino il seme di questa preziosa pianta.
Il guado
E' una pianta della famiglia delle crucifere (Isatis tinctoria). Prende
anche il nome di glasto e veniva coltivata abbastanza intensamente in
Valdichiana per essere utilizzata quale colorante.
La pianta è ramosa, glauca, alta fino a 120 cm con piccoli fiori gialli.
La foglie contengono un colorante intenso, l'indacano, e da esse, dopo
opportuna lavorazione, si trae una materia che colora di un azzurro
vivace e gradevole alla vista.
Dopo la raccolta, le foglie vengono messe a macerare nell'acqua subendo
una particolare fermentazione che consente la sublimazione dell'indaco.
L'estratto che se ne ricava viene trattato con calce e, attraverso
controllare reazioni chimiche, produce una poltiglia che viene messa in
commercio in palline o piccoli dischi che al momento dell'uso devono
essere diluiti in acqua.
Il suo impiego antichissimo si è andato via via diradando per effetto
della concorrenza di estratti chimici, più intensi e meno costosi (anche
se meno naturali). Oggi la coltivazione del guado si è praticamente
estinta.
Il baco da seta
Il "produttore" della seta è un lepidottero di colore biancastro, dalle
dimensioni di circa 4 cm ad ali aperte, le cui uova originano i bruchi
che si nutrono di foglie di gelso. Al termine della fase larvale i
bruchi si avvolgono con un sottilissimo filo bianco da essi stessi
prodotto, fino a formare un "bozzolo" a pareti rotondeggianti. Se il
processo si svolge senza intervento dell'uomo, dopo un certo tempo,
l'insetto crisalide che si è trasformato all'interno del bozzolo termina
la metamorfosi in farfalla, buca le pareti del bozzolo ed esce
all'aperto interrompendo la continuità del filo. Se, invece, l'uomo
uccide l'insetto prima che intacchi il bozzolo (in genere con acqua
bollente) è possibile recuperare il filo in tutta la sua estensione: è
il filo della seta, preziosissimo elemento utilizzato nei secoli per
creare le più belle stoffe del mondo.
Il gelso, elemento indispensabile alla coltura della seta era
abbondante in Valdichiana; l'allevamento del baco perciò si diffuse
rapidamente con grande rapidità e intensità nella zona, creando lavoro e
beneficio ai contadini e di riflesso ai tessitori ed ai commercianti.
In Valdichiana, come in molte altre zone d'Italia, si è da tempo
praticamente estinto, ucciso dai costi di manodopera troppo elevati,
dalle condizioni igieniche non sempre valide in cui si sviluppava (le
bigattiere) e che portarono al deterioramento del seme. Ma soprattutto
la produzione della seta fu colpita dell'implacabile concorrenza dei
prodotti derivati dalla pasta di legno.
Alla fine del secolo scorso il tedesco Donnesmark produsse,
industrialmente, tessuti di seta artificiale derivati dalla lavorazione
dell'acetato di cellulosa; i tessuti di seta artificiale hanno gli
stessi caratteri della seta naturale salvo che nel peso specifico di
molto superiore.
Oggi la seta naturale è prodotta solo in alcune zone della Lombardia e
del Veneto. E' motivo di rammarico che la Valdichiana non sia
nell'elenco delle zone produttrici di tale incomparabile prodotto, che
la vide al centro dell'attenzione, anche da parte dei paesi esteri, per
l'eccellente qualità della seta che produceva. |
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