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Le Origini
Molte le leggende legate all’origine dello zafferano: dall’amore di Croco per la ninfa Smilace, un rapporto affettivo che gli Dei non condivisero, trasformando Croco in un fiore bellissimo e prezioso. Altra leggenda vuole che Mercurio colpì inavvertitamente Croco e per ricordare la memoria dell’amico scomparso, aveva tinto con il sangue la preziosa pianta. Di certo ogni leggenda ha il suo tempo e dimostra l’incertezza dell’origine. Una certezza comunque è che ci si ricorda di questo fiore in tempi remoti. Ormai è riconosciuta l’origine del fiore dello zafferano in paesi lontani, molto probabilmente in India e nei paesi limitrofi. Un fiore adoperato a quel tempo per l’arte tintoria, la cosmesi e come medicamento. Da lì il viaggio si è sviluppato lungo i grandi cammini che navigatori, esploratori e commercianti svolgevano da un paese all’altro. Il più antico documento che ne attesta l’uso e l’apprezzamento è un papiro egiziano del XV secolo a.C. ed il fiore è anche citato nel Cantico dei Cantici del Vecchio Testamento. Dopo alterne fortune giunse in Europa e in particolare nei paesi Mediterranei che ancora oggi lo coltivano: la Grecia, l’Italia e la Spagna. Si presume che da quest’ultimo paese lo Zafferano fu introdotto dai conquistatori Spagnoli e si diffuse nelle aree più vocate dell’Europa per clima, terreno e condizioni climatiche. Molti i documenti storici che affermano la presenza dello Zafferano in Italia in diverse regioni del Centro Italia. Tra le molte contraddizioni esistenti sulla primogenitura in merito alla presenza dello stesso nelle varie regioni, si può accettare una delle tesi che vuole lo Zafferano sia stato portato da un monaco abruzzese del Tribunale dell’Inquisizione nel XVI secolo dalla Spagna in Abruzzo. Contestualmente in Sicilia, in Sardegna e in alcuni paesi dell’Italia centrale la coltivazione era in forte espansione dovuta anche ai mercanti che ne lodavano il prodotto e ne favorivano il commercio. In pieno Medioevo le vie dei pellegrini da Roma verso il nord Europa, la storica Francigena e le grandi “arterie” classiche nel trasporto di merci e culture favorirono la crescita e la conoscenza di tale spezia, anche da parte degli agricoltori dei territori limitrofi alle aree del commercio, sviluppandosi nelle regioni del centro Italia quali la Toscana, l’Umbria, l’Abruzzo e le Marche.
In Toscana
Nel Medioevo in Toscana sopraggiungevano da ogni dove per acquistare lo zafferano del contado fiorentino. In Toscana si conservano documenti che attestano la sua coltivazione a Barberino Val d’Elsa nel 1258, a Montepulciano nel 1293, a Volterra nel 1369… a Ponsacco nel 1374…Ripercorrendo gli studi storici del Prof. Giovanni Cherubini”… lo statuto della lega di San Donato in Poggio, che comprendeva i pivieri di San Donato, di San Piero in Bossolo e di Sant’Appiano, comminava nel 1406 delle pene per chi danneggiasse con il bestiame “vigna, gruogo ovvero channeto” dall’inizio di aprile all’inizio di ottobre . Anche lo statuto di San Godenzo, una terra collocata a ridosso dell’Appennino, prevedeva nel 1475 che potessero essere danneggiati da persone o animali anche gli “zafferani”, oltre alle vigne, agli orti, ai grani, alle biade, ai castagneti e alle terre olivate . Per la piazza commerciale di Pisa si ricorda invece, più ampiamente, lo “zafferano toscano” , e la definizione ritorna in uno specifico e lungo elenco di “spezierie” steso dal Pegolotti nella sua opera , che altrove, da esperto uomo di commercio, valuta quello toscano come lo zafferano “migliore”, al pari di quello abruzzese, marchigiano e catalano.
Nel Senese
La strada attraverso la quale si svolgevano la maggior parte dei commerci di spezie e altre preziose mercanzie tra le aree meridionali verso Firenze, Genova e i paesi nord europei era la Via Francigena. La Via Francigena , oltre ad ospitare i pellegrini da e verso Roma attraverso la Val d'Orcia, San Quirico e la città di San Gimignano, consentiva ai mercanti di trasportare costose merci soggette a dazi e gabelle arricchendo le città attraversate. San Gimignano una delle città attraversate da questa strada vide un fiorire, in quel periodo, di attività economiche e cantieristiche come le sue torri. L'oro ambrato della vernaccia non è il solo a rilucere nel passato e nel presente di San Gimignano: v'è anche quello fulvo del pregiatissimo zafferano, coltivato sin dal Medioevo, quand'era una delle poche spezie non d'importazione; ottenuto dai rossi stimmi del "crocus sativus", impiegato in medicina, nella tintura dei panni, in pittura e naturalmente in cucina, era tanto prezioso da sostituire il contante. Nel 1228 il comune di San Gimignano, contratti prestiti coi banchieri colligiani per sostenere l'assedio al castello della Nera, li estinse parte con denaro, parte in zafferano: lo stesso anno, il podestà si vedeva rimborsare il vitto consumato durante un viaggio "in uno cappone et una gallina et in quattuor fercolis carnium porchi e in ovis et pipere et croco". Per tutelare una delle sue più importanti risorse, il comune emanò nel 1261 un bando che ne garantiva la qualità. Le citate ordinanze del 1276 imposero gabelle sullo zafferano: e, come per la vernaccia, due funzionari erano addetti alla pesa della preziosa sostanza presso le porte cittadine. La coltivazione dello zafferano, interrottasi verso la metà del Seicento, è stata ripresa di recente - grazie a una felice cooperazione fra pubblico e privato - nel territorio sangimignanese e in altre zone della Val d'Elsa senese e della Val d'Orcia. Il ciclo produttivo esclude l'impiego di qualsivoglia additivo chimico: la lavorazione avviene rigorosamente a mano, dall'impianto dei bulbi ad agosto, alla raccolta, tra settembre e ottobre, dall'estrazione dei delicatissimi stimmi per l'essiccazione, al sole o al calore, alla confezione, conservandone intatto l'aroma penetrante e leggermente amarognolo, dovuto alla presenza di un olio essenziale. La tutela di un prodotto tanto pregiato e strettamente legato al territorio ha richiesto l'attivazione del riconoscimento del marchio IGP: la sua promozione, l'organizzazione, ai primi di novembre, della rassegna annuale "Giallo come l'oro". Lo zafferano si produce anche in altre zone: in particolare, in provincia di Arezzo, dove la coltivazione fu introdotta nel Quattrocento da un Domenicano. Anche qui l'impianto si effettua in estate, ma la fioritura, che dura dieci giorni, ha luogo in ottobre avanzato e può raggiungere la metà di novembre: alla raccolta manuale, eseguita all'alba, a fiore chiuso, segue l'asportazione degli stimmi e l'essiccazione con calore di brace di carbone, protratta per più giorni.
Documenti degli archivi di San Gimignano
testimoniano l’ importanza economica dello zafferano che nel 1202 era
più facile procurarsi denaro contante dando in pegno a Semifonte due
libbre di zafferano che offrendo terre e servi! |