|
Si attraversa un bosco per arrivare a questa miniera
abbandonata tra Spannocchia e Pentolina nella Riserva Naturale dell'Alto
Merse.
Il giacimento consisteva in un affioramento di calcare cavernoso
contenente galena argentifera (solfuro di piombo), cerussite (carbonato
di piombo) e sfalerite, ed una sottostante cupola di pirite e
soprattutto marcasite (solfuri di ferro), discontinua e ricoperta da
gesso e celestina, ed adagiata su quarziti e scisti del "Verrucano".
La storia scritta inizia verso il 1860, quando i minerali di piombo più
superficiali furono estratti per essere trattati in dei forni realizzati
sul posto. La loro coltivazione riprese saltuariamente dal 1909 al 1922
con alcune gallerie ed un pozzo profondo 23 metri. La pirite e la
marcasite furono invece estratte dal 1917 e soprattutto nella ripresa
tra il 1929 ed il 1943, quando l'industria chimica se ne interessò per
estrarre l'acido solforico. Nel dopoguerra, fino al 1959, furono
effettuati alcuni sondaggi alla ricerca di pirite, trovando solo piccole
mineralizzazioni.
Gli ingressi delle gallerie sono quasi tutti franati per l'inconsistenza
della roccia (si raccomanda di non entrare nell'unica ancora visibile,
in quanto le armature di rinforzo sono fatiscenti), mentre i fabbricati
sono ridotti a pochi ruderi: quelli più evidenti sono quelli della
cabina elettrica, officina e laveria, riferibili gli anni '30. La loro
inadeguata collocazione testimonia come la conduzione della miniera fu
effettuata dal proprietario terriero a livello dilettantistico tanto da
essere appellata "la Minierina".
Nelle discariche è comune celestina (soprattutto nel cantiere 2, di
grande interesse mineralogico, diffusa in forme compatte granulari ma
anche in cristalli fino a 2-3 centimetri), galena (soprattutto nel
cantiere 1, in masse granulari, raramente cristalli di 1-2 mm), gesso
(anche in grossi aggregati di cristalli), litargite e massicot (ossidi
di piombo derivati dalla galena, molto tossici, non citati nelle guide
in quanto privi di interesse mineralogico, di aspetto terroso e colore
giallo-arancio), marcasite (anche in forme concrezionate o mammellonari,
talora raggiate), melanterite, minio (un altro ossido di piombo, in
patine rosse sulla galena) e quarzo, mentre rari sono albite, barite,
goethite, pirite, sfalerite, zolfo (incrostazioni). A questi si
aggiungono i ritrovamenti nel 2024 di anglesite, dolomite e dundasite.
Di interesse scientifico la presenza di metasiltiti: rocce di colore
grigio viola, marcatamente fogliettate, formate 240 milioni di anni fa,
che hanno contribuito a proporre il cantiere 2 tra i Geotopi di
Interesse Locale (GIL 39). Sono visibili soprattutto nell'alveo del
torrente che attraversa l'area, caratterizzato da acque di color rosso
ruggine, palese testimonianza dell'impatto sull'ambiente dell'attività
mineraria.
L'argento si estrae dai minerali che
contengono piombo, soprattutto la galena. Anche il piombo si lega bene
con lo zolfo ed è molto più abbondante dell'argento. Ecco perché
l'argento si trova spesso nei minerali di piombo sotto forma di solfuro
ed è complicato separare i due metalli.
Il più importante minerale del piombo è
la galena (solfuro di piombo, PbS) che ne contiene l'86,6%. Altri
minerali comuni sono la cerussite (carbonato di piombo, PbCO3) e
l'anglesite (solfato di piombo, PbSO4). Gran parte del piombo in uso
oggigiorno proviene però da fonti riciclate.
L'Italia occupa inoltre uno dei primi posti nella
produzione mondiale della pirite, che proviene in massima
parte dalle miniere di Gavorrano e Ravi, presso Follonica, di
Boccheggiano, Niccioleta e Ritorto, presso Massa Marittima.
|

Cristallo
di galena |
|