Gli scavi archeologici effettuati al villaggio ed al
castello di Miranduolo (Chiusdino), costruito su uno sperone di calcare
cavernoso ai piedi del Poggio Fogari, hanno potuto appurare la
connotazione mineraria e metallurgica di questo insediamento attivo tra
il VII ed il XIII secolo.
Piccole trincee, pozzi e cunicoli minerari sono stati stati individuati
all'interno del villaggio, nelle immediate vicinanze e nel versante
opposto del Poggio Fogari, una delle quali dotata di una sala con al
centro un pozzo utilizzato per la risalita del minerale.
All'interno del villaggio sono stati inoltre
individuati i resti di un importante impianto metallurgico: veniva
trattato soprattutto il ferro, ma alcune scorie e colate indicano che
veniva lavorato anche il rame ed il piombo.
E' stato quindi ipotizzato che calcopirite, galena argentifera e
sfalerite venivano estratti da filoni a solfuri misti associati ad
idrossidi di ferro nella zona di ossidazione superficiale
("cappellaccio" limonitico) individuati in corrispondenza delle faglie
che percorrono il Poggio Fogari sia nel calcare cavernoso che al
contatto tra questo ed altre formazioni.
Oggi possiamo trovare interessanti mineralizzazioni in una fascia di
calcare silicizzato che percorre il versante nord-est di Poggio Fogari:
comuni stibnite, stibiconite, valentinite, quarzo (anche in geodi) e,
poco comuni, barite, calcedonio, solfo. Salendo di quota, in piccoli
affioramenti di diaspro, si trovano ossidi di manganese. In altre aree
di calcare silicizzato, segnalata calcopirite nel versante sud (lungo il
fosso della Gallosa), e abbondante calcedonio anche mammellonare lungo
la strada provinciale.
A poca distanza dal castello, dove sorgeva la
ferriera del Castellaccio, si trovano scorie di fusione, residui della
prima fase di lavorazione del minerale e testimoni dell'antica ricchezza
dei filoni.
Le recenti ricerche minerarie non hanno perņ individuato giacimenti
profondi se non la conferma, nota da tempo, della presenza di oro
disperso nella roccia, detto "oro invisibile", in concentrazioni attorno
a 0,6 grammi/tonnellata e quindi prive di interesse economico.
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