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Montalceto è situato quasi nell'angolo formato da quella catena di monti proveniente da Palazzuolo, con direzione dal Nord al Sud, che divide la Val-d'Ombrone superiore dalla Val-di Chiana, nel punto in cui piegandosi alcun poco verso il Sud Est, non senza qualche interruzione si dirige per Trequanda, Montepulciano e Cetona, per separare la Val-di Chiana dalla Val-d'Orcia. [...]
Così da uno scritto del 1835 del: Dottore Ant. Targioni Tozzetti, (Professore Di Chimica Applicata nell' I. E R. Accademia Delle Belle Arti. Professore Di Botanica E Materia Medica nell' I. E R. Arcispedale Di S. Maria Nuova. Membro Del Collegio Medico-Farmaceutico Fiorentino. Socio Ordinario Dell' I. E R. Accademia Dei Georgofili , E Della Società' Colombaria, Corrispondente Dell' Accademia Dei Fisiocritici Di Siena: Della Labbronica, E Della Medico-Chirurgica Di Livorno : Della Valdarnese : Dell' Agraria Di Chiavari, E Di Pesaro Ec. Ec.) invitato a fare l'analisi delle acque minerali dei Bagni di Montalceto.
Lo stesso nel descrivere
ancora la zona continua con:
I Bagni dei quali imprendo a far parola, si
trovano alle falde della pendice occidentale di un monte della provincia
superiore Senese, il quale probabilmente per la copia di lecci dai quali
era vestito in antico, più di quello che lo sia adesso, prese il nome di
Montalceto ; nome che fu ai detti Bagni comunicato, per esser essi non
più di un miglio distanti dalla cima di questo monte; il quale è a 43°
'6' 89" di latitudine , ed a 29°, 1 7 ', 49" di longitudine . E esso
elevato al di sopra del livello del mare 853 braccia fiorentine, ossiano
tese 2 5 5, 4, pari a 1 534 piedi parigini . Nella sommità di Montalceto
esisteva amicamente un castello dello stesso nome, il quale sul
principio del Secolo XII apparteneva alla famiglia dei Conti Baroti : ma
questa famiglia ne perde poi il dominio, poichè nel 1 197. quando i
Conti della retta linea de gli Scialenghi con il comune di Asciano, ed
altre castella, si assoggettarono alla Repubblica Senese , ebbero per
patto di restituir Montalceto alla detta famiglia Baroti, cui lo avevano
usurpato. Venne poscia in possesso della Re pubblica suddetta, giacchè
dal 1208, al 1271. essa vi tenne un potestà; ma nel 1274. ne decretò la
demolizione , perchè i di lui abitanti ricusavano pagare le gabelle , ed
erano infesti ai circonvicini per i loro ladroneggi. Furono infatti
distrutte le case nel maggior numero , ed ora non vi riman vestigio
alcuno di quelle poche che allora furono lasciate. Vedesi peraltro una
torre quadrata, la quale fu fatta fabbricare verso la fine del XV secolo
fuori del recinto delle antiche mura castellane. Fu essa donata nel 1531
insieme col bagno a Niccolò Borghesi di Siena, e quindi da Claudio
Borghesi Vescovo di Grosseto con suo testamento del 9. Agosto 1588.
rogato da Ser Bonviso Bonvisi, furono tutti quei possessi istituiti in
fidecommisso a favore della linea di Scipione Borghesi suo fratello.
Estinta questa linea, dovevano passare, come di fatti passarono, nella
linea di Alessandro Borghesi cugino del testatore. Ma pare che nei
diversi passaggi il possesso della terra di Montalceto fosse trascurato,
poichè Marco Antonio Borghesi ne riacquistò il dominio dalla comune di
Asciano nel 1774. Per sentenza dei quattro conservatori dello stato
Senese. Perlochè a memoria di questo fatto, il detto Marco Antonio fece
apporre a quella torre un'iscrizione in marmo, la quale ora non più vi
si vede, per essere stata rotta e dispersa dai guardiani degli armenti
che pascolano in quei boschi. [...] In proposito della antichità di Montalceto e della famiglia Baroti, ecco ciò che si trova scritto nell'opera del Cav. Gio. Antonio Pecci, intitolata: "Lo stato Sanese antico e moderno" . manoscritto esistente nella pubblica libreria di Siena. « A quanto si estenda l'antichità di questo Castello non saprei certamente divisare, ma certa cosa si è che gli avanzi delle diroccate muraglie fabbricate con grossissime pietre, parte conciate e parte rozze, dimostrano longhezza di molti secoli, e quella parte di tribuna della distrutta Chiesa di S. Savino, dà a conoscere essere stata fabbricata da Cristiani della primitiva Chiesa ; ma con tutto ciò non ho vedute scritture più antiche del Secolo XII che me ne schiarischino il dubbio, e in questo tempo nella vita del Beato Alberto scritta certamente da penna contemporanea negli anni 1163, e riferita ancora da Sigismondo Tizio, si legge, Barota autem Montis Alceti Comes, Reipublicae Camerarius effectus, et Albertus Eremita de Asciano ( Il Tizio lo considera nativo della terra di Asciano, il che non è improbabile, e che fosse poi detto da Montalceto per la lunga penitenza che a quivi praticò ) Sanctus, hac tempestale fuit , hic Barotae Comitis uxorem liberavit. Il Conte Barota fu certamente della antichissima famiglia Cacciaconti, che era padrona dell'Ascialenga, e di più terre e ville della Val-di-Chiana. »
Così, invece, descrive il Repetti nel suo Dizionario Geografico Fisico e Storico della Toscana:
MONTALCETO, o MONTE ALCETO, (Mons
Jlicetus ) nella Valle dell'Ombrone senese. - Castello diruto, di cui
resta in piedi la torre sulla cima di un monte omonimo che stà a levante
grecale della Terra di Asciano, nella cui Comunità e Giurisdizione è
compresa la parrocchia de'SS Alberto e Sabino a Montalceto, piviere di
S. Lorenzo alle Serre, Diocesi d'Arezzo, Compartimento di Siena. Il
poggio di Montalceto, osservato dalla sommità della torre posta sul
dorso di lui si alza 853 braccia sopra il livello del mare Mediterraneo.
- Esso fa parte della piccola giogana che separa la valle dell'Ombrone
da quella della Chiana; ed è in mezzo alla foce di Montalceto, donde
passa la strada Regia Lauretana che da Siena per Asciano varca il monte
e scende poi per Asinalunga in Val di Chiana. Il trovarsi tuttora la
parte superiore del poggio di Montalceto vestita di querci, di aceri, e
soprattutto di lecci, fa maggiormente credere che da queste ultime
piante il monte prendesse il nome. Montalceto però è più noto per le sue
acque termali, le quali scaturiscono dal fianco occidentale del suo
poggio, circa due terzi di miglio distanti dalla sommità. [...]
Boschi e fitta vegetazione lasciano spazi aperti a cielo e colline. Solo terra e cielo, cipressi e strade bianche, disegnano questo straordinario territorio. Ci troviamo nei pressi di Serre di Rapolano dove le ferite della terra sono bianche come la pietra (lapis tiburtinus) formatasi con i sedimenti di carbonato di calcio di cui è ricca l'acqua termale di questa zona. Provenendo da Asciano, sulla Strada Statale 438, in direzione di San Gimignanello, poco dopo aver oltrepassato le ultime cave di travertino delle Serre, s'imbocca una strada sterrata sulla destra che conduce all'antica villa di Poggio Pinci che segna l'ingresso nella suggestiva area delle Crete senesi dove il paesaggio diventa pura arte delle forme. Si prosegue lungo una strada panoramica in direzione Bagni di Montalceto, (ex bagni termali di origine antichissima) passando accanto alla necropoli etrusca di Poggio Pinci. Dopo aver oltrepassato l'Aia Vecchia di Montalceto iniziamo a salire per circa due chilometri tra vigne e tanto, tanto bellissimo leccio, che ci accompagna fino al culmine del monte stesso e, qua, immersa nel bosco di leccio, troviamo la splendida chiesa romanica di Sant'Alberto.
L'eremo di Sant'Alberto
presenta caratteristiche stilistiche che lo fanno ascrivere allo stile
romanico attestato in Toscana a partire dalla fine del XI – inizi del
XII secolo d. C. Si tratta di un edificio scarno ed essenziale ad aula
rettangolare che termina ad est con una
abside semicircolare. La chiesa è realizzata prevalentemente in conci di
arenaria squadrati e spianati di colore grigio-beige e conci sbozzati di
calcare grigio-rosato. La facciata è priva di elementi ornamentali o
modanature, al centro si apre il portale architravato sormontato da un
arco a sesto leggermente rialzato e si conclude superiormente a capanna. La prima fase consiste nella realizzazione dell'abside e di parte delle pareti nord e sud e si conclude poco oltre i due portali laterali. La seconda è costituita da una porzione di muratura inserita sia nella parete nord che in quella sud più o meno a metà della lunghezza dell'aula e comprende, all'interno, due semicolonne addossate alla parete. La terza ed ultima fase consiste nel proseguimento delle due pareti laterali e nella realizzazione della facciata. Nello specifico, sia nei prospetti nord che in quelli sud si nota come il materiale da costruzione della prima fase sia differente da quello della seconda, cambia la pezzatura dei conci e si individua una netta linea di cesura che indica la momentanea sospensione dei lavori.
In conclusione, si può
affermare che, come accade solitamente nella fabrica di un edificio di
culto, l'inizio dell'opera sia avvenuto a partire dall'abside, per
qualche motivo i lavori si siano interrotti momentaneamente e siano
ripresi con un altro materiale, il calcare, che per un certo periodo è
stato l'unico a disposizione nel cantiere il quale, successivamente, ha
avuto nuovo rifornimento di conci di arenaria e ha concluso i lavori con
la stessa tecnica muraria con la quale li aveva iniziati. Comunque, la chiesa, è uno spettacolo nello spettacolo perché da lassù si gode di un panorama e di una natura che ha pochi eguali.
Proseguendo sempre praticamente al culmine della montagnola e sempre contornati da una folta vegetazione di lecci, - "vestita di querci, di aceri, e soprattutto di lecci " - poco distante dalla chiesa di Sant'Alberto, troviamo la torre di Sant'Alberto, che s'innalza poderosa e fiera, ultimo rappresentante di quello che doveva essere il Castello di Montalceto. La torre costruita verso la metà del XV secolo è di forma quadrangolare con basamento a scarpa abbastanza accentuato. Sul lato destro, rispetto all'ingresso, si notano i resti di un probabile cortile o rimessaggio per cavalli. Tutt'intorno alla torre è facile individuare file di sassi e resti di laterizi che fanno comprendere come, un tempo, qui doveva sorgere un villaggio di ampie dimensioni, che ricopriva tutto l'altipiano ed alcune terrazze sottostanti. La porta di accesso, architravata, porta sopra di se quello che sembra essere l'impronta di un arco ogivale da cui si siano distaccati i conci, l'interno della stanza a piano terra, ha una volta a botte, lavorata con delle pietre poste di taglio a mo di laterizi. Un'apertura sulla parete di fondo fa pensare ad una possibile finestra. Nel lato nord della torre, poste una sopra e una sotto, rispetto alla finestra centrale, si notano due feritoie con fori rotondi simili alle feritoie di difesa per archibugio. Nell'insieme, la torre, è possente e ben strutturata. La torre è stata, recentemente, parzialmente restaurata e per adesso i lavori sono stati sospesi e, ignorante quale io sono, immagino che i motivi di questa sospensione siano da ricercarsi nella burocrazia, galoppante, che avvolge il Nostro paese. Comunque, lasciando indietro polemiche varie, la passeggiata è una di quelle che merita fare, perché la bellezza del luogo è indiscussa e indiscutibile e, ogni pietra, sasso o albero che sia, se si vuol ascoltare, parla di storia e di storie del nostro passato.
Altro argomento che meriterebbe di essere approfondito è quello relativo alle acque di Montalceto. Non potendo documentare con foto detti bagni, perché ormai in disuso o non più esistenti, mi limiterò a descriverli attraverso degli scritti lasciati a noi, da studiosi dell'epoca, dell'acqua di detta zona. In Osservazioni ed Esperienze Intorno al Bagno di Montalceto, libro scritto dal Dottor Giuseppe Baldassarri, nel 1779, e dopo una prefazione fatta da Luigi e Benedetto Bindi, probabili editori, diretta a: Sua Altezza Reale Pietro Leopoldo - Principe Reale d'Ungheria e Boemia, Arciduca d'Austria, Granduca di Toscana ec.ec.ec. - Quest'opera, in cui l'autore si è occupato con ogni studio per giovare all'umanità, non poteva esser dedicata che a V.A.R. in cui è indefessa l'applicazione per il pubblico bene. I Popoli felicitati, ed uno Stato rinascente, siccome formano col fatto la Vostra Gloria, e la nostra prosperità, parlano perciò abbastanza per noi, e ci risparmiano quegli encomi che Voi non bramate, e che la nostra penna farebbe languire. La Protezione, che accordate alle Scienze ci fa sperare una benigna accoglienza per questa nostra umile offerta: e lusingandoci perciò di meritare l'alto Vostro Patrocinio, con la più profonda venerazione ci gloriamo di essere Dell' A.V.R. -
Umiliss e fedeliss Servi e Sudditi Luigi e Benedetto Bindi
il Baldassarri così descrive i suddetti bagni: Se dall'Eminenza di qualche Monte vicino si osserva il complesso della Colline Cretacee, che poste intorno a Siena si stendono per lungo tratto verso l'Oriente d'Inverno, sembra rappresentare un vasto Catino di figura quasi ovale. Il fondo di questo viene costituito da innumerevoli Collinette per lo più dirupate, e scoscese in parte staccate fra loro, e in parte congiunte per lungo tratto, composte di Creta, di Arena, di Ghiaia, e di corpi organici ordinariamente marini, e queste sostanze si osservano distribuite in molti distinti strati, or paralleli all'Orizzonte, ed ora inclinati al medesimo. Le pareti poi, o sponde di questo vasto Catino sono formate da monto alquanto più elevati differenti nella figura, nella struttura, e composizione di sostanze molto diverse da quelle delle Colline. Dalla parte Orientale di Siena in distanza di circa miglia sedici, dalla medesima vengono le menzionate Colline terminate da una catena di Monti diretti da Tramontana, e Mezzo Giorno, tra quali se ne vede uno molto ripido, e scosceso, che supera in altezza gli altri Monti adiacenti. Nella sommità di questo Monte si scorgono le rovine di un antico Castello affatto diroccato, chiamato col nome di Montalceto, [...] [...] Alle Falde di questo Monte in parte nudo, e sassoso, e in parte vestito di bosco scaturisce l'acqua termale chiamata comunemente il Bagno di Montalceto, il di cui uso per la cura di molte gravi contumaci malattie, è molto antico, ed è stato nei secoli trapassati tenuto in molto credito, poichè il Collegio Illustrissimo di Balìa per mezzo di pubblico Bando dé 15. Marzo 1565 ne comandò la conservazione. Molto prima però di questa savia determinazione erano questi Bagni conosciuti, poiché nel ragguaglio, che Simone Tondo diede al Senato nel 1334 di tutta quella parte di stato che allora possedeva si legge " Il Bagno di Montalceto si usa nei giorni Canicolari a sanare i nervi astrappati, e molte infermità degli uomini, e dei Giumenti". Giugurta Tommasi nell'Istoria di Siena dice " Il Bagno di Chianciano è utile a sanare molte malattie, e la non è molto lontana l'Acqua bogliora, che bevuta rinfresca notabilmente il fegato, ma quello di Montalceto si usa nei giorni Canicolari a sanare i nervi astrappati, e molte infermità degli Uomini, e dei Giumenti". [...] [...] Da tutto ciò chiaramente resulta essere stato questo Bagno nei tempi passati in credito notabile per la guarigione di alcune particolari malattie, ed avere meritata la pubblica considerazione. [...] [...] Passato poi a miglior vita il predetto Sig. Flaminio, ed essendo subentrato al Possesso del bagno, e de' beni ad esso spettanti il Nobile Sig. Marc' Antonio Borghesi, questo Signore stimolato da generosi, e sublimi pensieri, e da un commendabile zelo, ed amore caritatevole per l'umana società si accinse alla magnanima impresa senza riguardo a qualunque dispendio di riattare, e ridurre in ottimo sistema tanto il Bagno, quanto la Casa medesima, procurando di farvi tutti gli Agi, e Comodità, che possono servire ai bisogni di quelle persone che vi si portano. A tale oggetto ha moltiplicate le Camere, ridotto in ottimo stato il Bagno medesimo con le Stanze per le Doccie, fabricata una Scala a cordonate coperta con una specie di Portico, che dalla Piazza della Casa conduce separatamente al Bagno degli Uomini, ed a quello delle Donne, senza che gl'Infermi nell'andare, e tornare dal Bagno si esponghino all'inclemenza dell'Aria esterna. [...] [...] Ha procurato altresì il predetto Sig. Marc' Antonio, che niente manchi di ciò che è necessario per il vitto, e sostentamento di quelli, che si portano al Bagno usando particolare diligenza, che vi sia tutta la provisione di ottime Carni, Ortaggi, Pane, Vino, il tutto di ottima qualità, e sopratutto vi è un Pozzo d'acqua ottima a beversi, la qual cosa è molto rimarcabile in questo luogo. [...] [...] Sgorga la polla di quest'Acqua Minerale dentro il recinto del Bagno incavato a foggia di grotta in un ammaslamento di Tartaro precedentemente prodotto dall'acqua stessa di sua natura petrificante, ed indi si distribuisce a due Bagni separati, uno per uso degli Uomini, e l'altro per quello delle Donne di dove anco si deriva per servizio delle Doccie, costruite un due piccoli Bagnetti separati. L'Acqua è chiara, e trasparente, ed applicata alla lingua v'imprime un gentile sapore acidetto simile appunto a quello, che vi producono le così dette Acque acidule. Non sentisi odore alcuno sulfureo, o di Fegato di Zolfo, siccome non si osserva alcun vestigio di Zolfo concreto nella volta del Bagno, ne' nelle sue pareti, ne' in altro sito. Soltanto entrando la mattina di buon ora in una stanza, che si pensava far servire ad uso di Bagno, e che poi per vari motivi non ha avuto il suo effetto, si sente ferire la Narici da un alito vetriolico simile affatto a quello, che si prova nell'atto della distillazione del Vetriolo, e quest'alito è pungente, ed irrita piacevolmente gli occhi, e le narici. Immersi nell'Acqua il Termometro, nel quale all'Ambiente esterno assendo allora i primi giorni di Luglio, secondo la Scala di Reaumur, il Mercurio stava all'altezza di gradi 22 e mezzo, e salì a gradi 26.
Di seguito riporto, come da libro, la descrizione di alcune guarigioni avvenute all'epoca, dopo il trattamento con l'acqua di Montalceto.
Petra di Domenico Polvani di Sinalonga nel Podere del Rev. Sig. Lattanzio Cerretelli di Scrofiano, fino dall'anno 1771 fu incomodata da una Artrite, che in pochi mesi si rese così siera, che li si tumefecero tutte le articolazioni in modo straordinario, e doloroso, talmentechè non era possibile l'eseguire nessun movimento. Fu dai Medici posta in opera ogni diligenza ad oggetto di sollevarla da' predetti incomodi, ma il tutto senza profitto. Fu consigliata farsi portare a i Bagni di Montalceto, dove con otto immersioni in circa, e con le cavate di sangue per mezzo di cornetti si ridusse in stato di potere esercitare le sue funzioni senza alcuno incomodo. E' da notarsi che nell'Anno seguente ritornata ai detti Bagni, ne ottenne una perfetta guarigione.
Frà Giuseppe Meiali Minor Conventuale di S. Francesco nel Convento di Asciano, a motivo di una Cascata fatta dall'altezza di circa braccia 9, era reso inabile al moto, e a ciò era aggiunta una suppressione di urina, che per giorni venticinque convenne siringarlo, ed una stitichezza grande di corpo. Fu portato in un Carro al Bagno di Montalceto, e usando l'immersione nello spazio di giorni otto restò perfettamente guarito da ogni suo incomodo, e riacquistò il suo natural vigore.
La Sig. Fulvia Galluzzi di Campiglia di anni 25 opilata, ed afflitta da un gravissimo Fluor bianco, e sterile dopo quattro anni di Matrimonio, si fece recare in sua Casa del Loto del Bagno di Montalceto, ed applicandolo alla regione Lombare ne provò del giovamento; in seguito di ciò si portò personalmente a detto Bagno, ove oltre l'immersione, e lotazione fece anco uso per bevanda dell'acqua piovana imbevuta dello Spirito Minerale dell'Acqua del Bagno, e se ne partì dopo sedici giorni in verità molto rifinita di forze. Ma restituitasi alla patria in breve tempo si ristabilì talmente, che gli sparì ogni flore bianco, e in capo a due mesi ingravidò, e a suo tempo diede alla luce una Bambina.
Domitilla figlia dello Spedale di Siena in età d'anni ventitrè fino da tredici anni era afflitta da una piaga, che le occupava tutto il Torace, nelle cui estremità vi erano delle escrescenze di carne, della grossezza di circa quattro dita trasverse. Questa piaga continuamente gemeva, e le recava dolori assai considerabili. In così deplorabile stato, dopo aver tentato innumerabili rimedi, ma tutti infruttuosamente, fu consigliata andare al Bagno di Montalceto. Ivi si trattenne per lo spazio di due mesi, e dopo replicate immersioni, e docciature, cominciarono a dileguarsi le accennate escrescenze di carne, e nel termine di detti due mesi furono totalmente consumate, che non vi rimase altro che la suddetta piaga da cicatrizzarsi.
Ce ne sarebbero tantissimi altri da trascrivere e leggere con (almeno per me) assoluto piacere ma, onde evitare lungaggini che poi diventano noia, qui mi fermo.
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