L'anno, le stagioni, il tempo, i contadini, gli animali

 

 

Anno fungato, anno tribolato.

  Anno ghiandoso, anno cancheroso.   Guai a quell'anno che l'uccello non fa danno.   Chi d'un anno gode un giorno, non lo stenta mai tutto.
I giorni spesi bene sono i meglio impiegati. Per un dì di gioia, se ne ha mille di noia. Gennaio ingenera, febbraio intenera, marzo imboccia, aprile apre, e maggio fa la foglia. Gennaio secco, lo villan ricco.
Per la Santa Candelòra, se nevica e se splora, dall'inverno siamo fuora; ma s'è sole e solicello, noi siam sempre a mezzo il verno. Sott'acqua fame, e sotto neve pane. La neve non lasciò mai ghiaccio dietro. La secca non fece mai carestia.
Di Carnovale, ogni scherzo vale. Chi mura d'inverno, mura in eterno. L'inverno al foco, e l'estate all'ombra. Né di state né di verno non andar senza mantello.
Freddo e fame, fan brutto pellame. Di marzo, chi non ha scarpe vada scalzo; e chi le ha, le porti un altro po' più là. Per San Valentino, primavera sta vicino. Marzo tinge, april dipinge, maggio fa le belle donne.
Se marzo non marzeggia, april mar pensa. A primavera vengon fuori tutte le magagne. Per l'Annunziata la rondine è arrivata; e se nun è arrivata, è per strada o è malata. Per tutto aprile, non ti scoprire.
Aprile, dolce dormire. Aprile aprilone, non mi farai por giù il pelliccione. Aprile, quando piange e quando ride. La prim'acqua d'aprile vale un carro d'oro con tutto l'assile.
Fango di maggio, spighe d'agosto. Tutti i mesi che non hanno l'R, lascia la donna e prendi il bicchier. Giugno, luglio e agosto, né acqua né donna né mosto. Giugno, luglio e agosto, moglie mia stammi discosto.
Chi lavora per l'Ascensione, tutto l'anno 'n perdizione. Chi dorme d'agosto, dorme a suo costo. Quando piove d'agosto, piove miele e piove mosto. Di settembre, la notte e il dì contende.
A San Martino ogni mosto è vino. L'estate di San Martino dura tre giorni e un pocolino. Settembre, l'uva e il fico pende. Per San Martino si lascia l'acqua e si beve il vino.
Dicembre, davanti t'agghiaccia e di dietro t'offende. Dicembre, piglia e non rende. Santa Lucia, il più corto dì che ci sia. Natale viene una sola volta all'anno.
Befania, tutte le feste manda via; e Santa Maria, tutte la ravvia. A Natale, mezzo pane; a Pasqua, mezzo vino. Quando Dio vuole, a ogni tempo piove. Quando ha tonato e tonato, bisogna che piova.
Quando il gallo beve di state, tosto piove. Quando il tempo si muta, la bestia starnuta. Quando il gallo canta a pollaio, aspetta l'acqua sotto il grondaio. Non fu mai vento senz'acqua; non fu mai pioggia senza vento.
Quando piove e tira vento, serra l'uscio, e statti drento. Il vento non è buono che a mandar navi e mulini. Acqua minuta bagna, e non è creduta. I castagni non fecero mai aranci.
Ogni frutto vuol la sua stagione. Chi coglie il frutto acerbo, si pente di averlo guasto. I migliori alberi sono i più battuti. Albero spesso trapiantato, mai di frutti è caricato.
Quando la pera è matura, casca da sé. La botte dà del vin che ha. Aria rossa, o piscia o soffia. Aria rossa da sera, buon tempo mena.
Sole a finestrelle, acqua a catinelle. Sole d'alta levata non è mai di durata. Il tempo è buon testimone. Ognun da la colpa al cattivo tempo.
Il tempo è galantuomo. Il tempo è gran medico. Il tempo è una lima sorda. Il tempo scopre la verità.
Molte cose il tempo cura che la ragion non sana. Il tempo divora le pietre. Il tempo bene speso è un gran guadagno. Pazienza, tempo e denari vincono ogni cosa.
Chi la dura, la vince. Il tempo viene per chi lo sa aspettare. Col tempo e colla paglia, si matura le sorbe. Chi ha tempo, non aspetti tempo.
Il tempo buono viene una volta sola. E' meglio un presente che due futuri. Tempo perduto mai non si racquista. Chi ha tempo, ha vita.
Contadini e montanini, scarpe grosse e cervelli fini. E' meglio un contadino oggi che un conte domani. Carta canta e villan dorme. [1] Cani e villani lasciano sempre l'uscio aperto.
Il villano nobilitato non conosce suo parentato. Guardati dal villano, quando ha la camicia bianca. Gioco di mano, gioco di villano. Ara co' buoi, e semina colle vacche.
Con un sol bue non si può far buon solco. Chi non semina non raccoglie. Chi semina con l'acqua, raccoglie col paniere. Vanga e zappa non vuol digiuno.
Chi vuol vin dolce non imbotti agresto. Dell'albero, non si giudica dalla scorza. Loda il monte e tienti il piano. La vigna pampinosa fa poca uva.
Chi non ha amore alle bestie, non l'ha neanche ai cristiani. Non ischerzar coll'orso, se non vuoi esser morso. All'orsa paion belli i suoi orsacchini. Se il cavallo è buono e bello, non guardar razza o mantello.
A buon cavallo non manca sella. Mal si giudica il cavallo dalla sella. A caval donato non si guarda in bocca. Quando i cavalli ruzzano, il padrone stenta.
Campa cavallo che l'erba cresce. Piuttosto un asino che porti, che un cavallo che butti a terra. In mancanza di cavalli gli asini trottano. Fra tanti muli può stare un asino.
Non far bere l'asino quando non ha sete. La carne dell'asino è avvezza al bastone. Raglio d'asino non arrivò mai in cielo. A lavar la testa all'asino, si rimette il ranno e il sapone.
Lega l'asino dove vuole il padrone. Asino duro, baston duro. Val più un grano di pepe, che uno stronzolo d'asino. Al ragliar si vedrà che non è leone.
Chi nasce mulo, bisogna che tiri calci. Chi asin nasce, asin muore. Bue vecchio, solco diritto. Anche le mucche nere danno il latte bianco.
Di vacca non nasce cervo. Gatta inguantata non prese mai topo. Di casa la gatta, il topo non esce a corpo pieno. Non fu mai gatta che non corse a' topi. [2]
Quando la gatta non è in paese, i topi ballano. La gatta grassa fa onore alla casa. Tanto va la gatta al lardo, che ci lascia lo zampino. La gatta frettolosa fece i gattini ciechi.
A gatto vecchio, sorcio tenerello. Cane non mangia cane. Il cane rode l'osso perché non lo può inghiottire. Chi va a letto co' cani, si leva colle pulci.
Il cane in chiesa fu sempre il mal venuto. Mentre il cane si gratta la lepre va via. Can che abbaia, poco morde. Can vecchio non abbaia invano.
Non si può mordere il cane senza esserne rimorsi. Al can che lecchi cenere, non gli fidar farina. [3] Chi tocca il can che giace, ha qualcosa che non gli piace. [4] Cane affamato, non cura bastone.
La fame caccia il lupo dal bosco. E' non si grida mai al lupo che non sia in paese. Il lupo perde il pelo ma non il vizio. Chi va col lupo impara ad ululare.
Chi pecora si fa, lupo lo mangia. Il lupo non caca agnelli. Cent'oche ammazzano un lupo. Piuttosto pecora giusta, che lupo grasso.
La morte de' lupi è la salute delle pecore. Non tutte le pecore sono per il lupo. Dal conto sempre manca il lupo. Morso di pecora non passa mai la pelle.
La pecora che fa bè, perde il boccone. [5] Senza il pastore non va la pecora. L'ultima pecora piscia nel secchiello. Il corvo piange la pecora, e poi la mangia.
Son passate le pecore, e i cacarelli fumano. [6] E' meglio dar la lana che la pecora. L'agnello è buono anche dopo Pasqua. Chi ha capre ha corna.
Non fu mai vista capra morta di fame. Benché la volpe corra, i polli hanno l'ale. Volpe che dorme, vive sempre magra. La troppa coda ammazza la volpe.
Quando la volpe predica, guardatevi, galline. Tutte le volpi alla fine si riveggono in pellicceria. [7] Quando le volpi si consigliano, bisogna chiudere il pollaio. Con la volpe convien volpeggiare.
Il porco sogna le ghiande. Porco pulito non fu mai grasso. Ogni uccello non canta. E' meglio essere uccel di bosco che uccel di gabbia.
E' meglio un uccello in gabbia, che cento in aria. Ogni uccello è buon pel becco suo. Un uccello ammaliziato non dà retta alla civetta. Rete nuova non piglia uccello.
Tanto va l'oca al torso che ci lascia il becco. La ghiandaia cova bene, ma sdegna presto. Non gira il nibbio che non sia vicina la carogna. Cova nel nido degli altri come il cuculo.
L'aquile non fanno guerra a' ranocchi. A penna a penna si pela l'oca. A gallo vecchio, gallina tenerella. Ogni becco torto vive di preda.
A carnevale si conosce chi ha la gallina grassa. Felici voi galline, che non andate a scuola. Gallina vecchia senza tetto, non fu mai senza difetto. Gallina vecchia, vuol galletto giovane.
Gallina pelata non fa uova. Una rondine non fa primavera. [8] Gallina vecchia fa buon brodo. Chi vuol l'uovo deve soffrire lo schiamazzo della gallina.
La gallina che canta, ha fatto l'uovo. L'uovo ne vuol saper più della gallina. Chi ha polli ha pipite. Ogni gatta vuole il sonaglio.
Gatto che non è goloso non piglia mai sorcio. Quanto più si frega la schiena al gatto, più rizza la coda. Ugna di leone e lingua di gatto guariscon del matto. C'è più trappole che topi.
Taglia la coda al cane, e' riman cane. A can che fugge, dàgli dàgli. A cattivo cane, corto legame. Il cane s'alletta più colle carezze che colla catena.
Quando la lepre perde il passo, convien che cada in bocca a' cani. I cani abbaiano a chi non conoscono. Can ringhioso e non forzoso, guai alla sua pelle. Ogni cane lecca la mola, mal per quel che vi si trova.
A cane scottato, l'acqua fresca gli par calda. Al can mansueto, il lupo par feroce. Chi canto si fa, tutti i cani gli pisciano addosso. Chi non può esser levriero, s'ingegnò d'esser bracco.
Gastiga la cagna, ché il cane starà a casa. Fa forame il can per fame. Se non è lupo, sarà can bigio. Quando tu vedi il lupo, non ne cercar le pedate.
Quando nevica, il lupo predica. Quando il lupo ci vuol mangiare, aitamci co' cani. Chi di gallina nasce, convien che razzoli. Non istanno bene due galli in un pollaio.
Non nascon cieche solamente le talpe. Nelle belle muraglie si genera il serpe. Sulla pelle della serpe nessuno guarda le macchie. La vipera morde il ciarlatano.
La vipera morta non morde seno, ma pure fa male coll'odor del veleno. Chi è inciampato nelle serpi, ha paura delle lucertole. Chi dalla vipera è stato pinzato, della lucertola ha paura. Lo scorpione dorme sotto ogni lastra.
Scorpione, umido è tutto ove si pone. I granchi vogliono mordere le balene. [9] Ogni granchio ha la sua luna. [10] Chi segue il rospo cade nel fosso.
Come l'anguilla ha preso l'amo, bisogna che vada dove è tirata. La botta che non chiese non ebbe coda. Dov'è la buca è il granchio. [11] La pulce salta, perché l'è vergognosa.
Il pidocchio non ha faccia, e però sta saldo. Morta l'ape, non si succhia più mèle. Ogni lucciola non è fuoco. Ape morta, non fa mèle.
La mosca tira i calci come può. Tanto va la mosca al miele, che ci lascia il capo. Nel latte si conoscono meglio le mosche. La mosca pungendo la tartaruga si rompe il becco.

[1] Intendi: quando i patti sono scritti, anche il villano, anche un ignorante può stare tranquillo.

 

[2] La voce femminile "gatta" si trova usata nei proverbi molto più del maschile "gatto"; e così si riscontra nel parlare del popolo: fino al punto che in alcune regioni, del Mezzogiorno in specie, essa sostituisce affatto il maschile. Ne' è esatto che l'italiano antico conoscesse dapprima unicamente "gatta", e che "gatto" si formasse più tardi, perché documenti coevi ci provano, nell'alto Medioevo, la compresenza dei due generi, derivati dal latino tardo. La preferenza data al femminile può dunque essere interpretata come volontà di sottolineare maggiormente, nella femmina, le caratteristiche, l'indole propria dell'animale, la sua sonnacchiosa pigrizia, pronta nondimeno allo scatto inaspettato e fulmineo, la morbidezza delle movenze, le moine, e via dicendo, onde nella "gatta" si trasferiscono astuzie, malizie, grazie e seduzioni pericolose della donna.

 

[3] Proverbio analogo: "A gatto che lecca schidione, non gli fidare arrosto". Cioè: a chi è sleale nel poco, non gli affidare l'assai; guardati da chi sgarra nel poco, ché così si comporterà nel molto.
 
[4] Chi offende colui che non gli dà noia, sarà offeso.

 
[5] Come il corvo, che per far sentire alla volpe la bellezza del suo canto, spalanca il becco e lascia cadere il formaggio.


[6] Sono le traccie degli uomini da nulle, le testimonianze del nostro passaggio terreno.


[7] Proverbio analogo: In pellicceria ci vanno più pelli di volpe che d'asino, che in fin dei conti va peggio ai furbi che ai semplici.


[8] Antico proverbio toscano, che vale: un caso non fa regola.


[9] Così si dice della arroganza dei deboli.

 
[10] Si crede volgarmente che i granchi siano pieni col crescere della luna, e vuoti col calare; e col proverbio si intende che non sono lunatici soltanto i granchi, ma anche gli uomini.

 
[11] Si dice delle cose che non vanno mai disunite.