Il sapere, l'ignoranza, la saggezza, la follia

 

 

Chi sa sa, e chi non sa, su' danno. [1]

  Chi più sa, meno crede.   Chi troppo sa, poco sa.   Rivedi quello che sai.
Sa più il papa e un contadino che il papa solo. Esperienza, madre di scienza. Vivendo s'impara. Chi molto pratica, molto impara.
La pratica val più della grammatica. Nessuno nasce maestro. Chi vuole soprassapere, per bestia si fa tenere. Dal sapere vien l'avere.
Non c'è avere che vaglia sapere. Chi acquista sapere, acquista dolere. Il sapere ha un piede in terra e l'altro in mare. Dimmi quel ch'io non so, e non quel ch'io so.
Quando non sai, frequenta in dimandare. E' meglio esser mendicante che ignorante. Dio ti guardi da chi legge un libro solo. Leggere e non intendere, è come cacciare e non prendere.
Molti vanno a studi vitelli, e tornano a casa buoi. E' asino di natura chi non sa leggere la sua, scrittura. Il più ciuco è fatto priore. Val più un asino vivo che un dottore morto
Val più un oncia di fortuna, che una libbra di sapere. E' meglio errar con molti ch'esser savio solo. Pigliar vantaggio, cosa da saggio. Chi ha più giudizio, più n'adopri.
I più savi, men sanno. Buone parole e cattivi fatti, ingannano i savi e i matti. Non è sempre savio chi non sa esser qualche volta pazzo. Non perde il cervello se non chi ce l'ha.
Più ne sa il pazzo a casa sua, che un savio a casa d'altri. Chi cammina un miglio pazzo, non torna a casa savio. Ogni pazzo è savio quando tace. Chi canta a tavola e a letto, è matto perfetto.
Il pazzo fa la festa, e il savio se la gode. Il riso abbonda nella bocca de' pazzi. Pazzo per natura, savio per iscrittura. I pazzi crescono senza innaffiarli.
Testa di pazzo non incanutisce mai. A consiglio di pazzo, campana di legno. Non tutti i matti sono all'ospedale. Se tutti i matti portassero la berretta bianca, il mondo parrebbe un branco d'oche.
Se la pazzia fosse un dolore, in ogni casa si sentirebbe stridere. Dove l'oro parla, la lingua tace. Gli uomini si prendono per la lingua e buoi per le corna. Dove non servon le parole, le bastonate non giovano.
Capo senza lingua non vale una stringa. Lingua bordella, per sette favella. La peggior rota è quella che cigola. Al canto l'uccello, al parlare il cervello.
A chi parla poco, basta la metà del cervello. Lo sciocco parla col dito. Parlar senza pensare, è come tirare senza mirare. Bisogna aprir la bocca secondo i bocconi.
Parole non pagan dazio. La lingua unge e il dente punge. Le buone parole non rompono i denti. Lingua sagace sempre è mordace.
La lingua non ha osso, ma rompe il dosso. E' meglio essere di man battuto, che di lingua ferito. La lingua è peggior carne del mondo. E' meglio sdrucciolar co' piedi che colla lingua.
Lunga lingua, corta mano. Una parola tira l'altra. Una parola imbratta il foglio. Parole di sera, il vento se le mena.
A parole lorde, orecchie sorde. Un par d'orecchi stancano cento lingue. Le parole non empiono il corpo. Le parole son pasto da libri.
Ogni parola non vuol risposta. Per un bel detto si perde un amico. Chi assai ciarla, spesso falla. Non si può tenere la farina in bocca e soffiare.
Chi parla per udita, aspetti la mentita. Chi sta in ascolteria, sente cose che non vorria. A buon intenditor poche parole. E' un gran sordo quello che non vuole intendere.
Chi vuol dir male d'altrui, pensi prima di lui. Se direm d'altri, altri dirà di noi. Meglio non dire, che cominciare e non finire. Quel che tu vuoi dire in fine, dillo da principio.
In piazza non aprir mai sacco. Altro è dire, altro è fare. Dal fare al dire, c'è che ire. Chi le vuol fare, non le dice.
Troppo grattar cuoce, troppo parlar nuoce. Si dura più fatica a tacere che a parlare. Parla poco e ascolta assai, e giammai non fallirai. Chi parla semina, e chi tace raccoglie.

[1] Questa sentenza si legge incisa in piccoli riquadri di pietra, murati qua e là, nelle vecchie case pisane. Sono iscrizioni, probabilmente seicentesche, il cui ammonimento ha forse relazione con la vita universitaria, intensa e illustre, e molto popolare in Pisa, che chiama la propria Università "La Sapienza"