Le Ricette Tradizionali

In Valdichiana

 

 

Donzelle

Crostini di fegatini

Pan lavato

Ciacce

La panzanella

Pappa col pomodoro

Minestra di pane

Minestra di fagioli

Minestra di ceci

Ragù coi dentri

Sugo con le briciole

Lesso rifatto

Conigliolo fritto

Ocio in umido

Collo d'ocio ripieno

Baccalà lesso o rifatto

Cipolle o patate sotto la brace

Fagioli

Verdure fritte

I dolci

 

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Lo scopo di questa pagina non vuole essere quello di insegnare a cucinare né, tanto meno, un'analisi storica sull'alimentazione in Valdichiana. Semplicemente si propone come breve raccolta dei piatti tipici delle campagne chianine risaltando, principalmente, le motivazioni di certi piatti, piuttosto che il modo di realizzarli; anche perché, ogni buona "massaia" metteva del suo nel realizzarli e, molto spesso, eseguiva delle variazioni sulla ricetta a seconda della stagione, e delle possibilità economiche della famiglia.

 


Le ricette culinarie sono come i racconti dei nonni: fermo restando il tema principale, tutto il resto, dagli elementi di contorno, alle modalità di esecuzione, è lasciato al gusto, alla fantasia, alle capacità, alle condizioni di vita, temporanee o abituali di chi racconta la favola o di chi prepara i piatti.

 

 

 
 
 
 

 

I piatti possono sembrare molto semplici e, per qualcuno, poco invitanti; in effetti si tratta di cucina arrangiata con l'ingegno, acuito dalla necessità di mangiare, recuperando gli avanzi e utilizzando ingredienti di scarto. Perchè si tratta di cucina contadina, anzi mezzadrile, cioè di una cucina che prima di fare i conti con l'andamento climatico delle stagioni e con la fertilità della terra, li doveva fare col fattore, col ministro e col padrone.
 

Mezzadria vuol dire economia chiusa: si consuma ciò che si produce; e poiché le culture erano poche, i cibi erano pochi, poveri e sempre i soliti. In effetti, se si parla con qualche anziano, ex mezzadro, e gli si chiede cosa mangiasse abitualmente, la risposta non può essere che una:"fagioli... minestra di fagioli... tagliolini con fagioli...". La carne, quella che in Toscana viene chiamata "vaccina", arrivava molto raramente sulla tavola della famiglia mezzadrile; il pollame, conigli e piccioni (a mezzo col padrone), erano gli unici animali a fornire la maggior parte delle proteine animali. E' necessario ricordare, comunque, che le porzioni non erano mai soddisfacenti: in qualche famiglia da un pollo arrivavano a ricavare fino a dodici porzioni; così, a volte, con un uovo dovevano mangiare due persone. Ma le uova potevano essere arricchite, nella frittata, con verdure ed erbe varie (cipolle, ortiche, vitalbe).
 

L'alimento che la fa da padrone in queste ricette contadine è sicuramente il pane: alimento per antonomasia, il pane costituisce la parte più importante di ogni pietanza, perchè se la porzione di pollo o di formaggio è misera, il pane deve essere sufficiente per zittire i morsi della fame; esso è così importante che può sostituire altri cibi e presentarsi come piatto unico, basta saperlo accompagnare con qualche odore o con qualche verdura, come nella "panzanella", nel "pan lavato", nella "pappa".
 

I "secondi" erano praticamente inesistenti. Solo nelle feste religiose (Natale, Pasqua) comparivano in tavola più pietanze e il dolce; e solo nelle grandi occasioni della vita, come il matrimonio, ci si poteva rimpinzare a volontà. Il menù dei pranzi di nozze - di solito due, il primo a casa dello sposo e il secondo, finito il primo, a casa della sposa - era identico: crostini di milza, stracciatella, maccheroni al sugo, arrosto misto (pollame e conigli cotti nel forno a legna del podere) e contorno di verdure di stagione. Come dolce si serviva il ciambellone, ma non mancavano i "baci" (specie di schiumette a base di chiara d'uovo e zucchero). Quindi i banchetti nuziali insieme alla battitura del grano, vendemmia, , uccisione del maiale erano i momenti in cui ci si poteva saziare. Dalla miseria di tutti i giorni si passava all'abbondanza, ma lo smodato eccesso di cibo non era solo un rifarsi dello stento patito durante il resto dell'anno, ma l'augurio di un'abbondanza futura e un modo per rafforzare i vincoli della comunità.
 

 
 
 
 

 

Donzelle

Per questa stuzzicante ricetta si usava soltanto gli avanzi della pasta per fare il pane. Era il massimo dell'economia. La pasta deve essere spianata e tagliata in piccoli pezzetti che si friggono, poi, in una padella con olio bollente. Si tolgono non appena dorati e si completa con un pizzico di sale. Le donzelle sono ottime per accompagnare antipasti di salame e prosciutto.
 

 
 

 

Crostini di fegatini

Questa ricetta vanta un'antica tradizione in Valdichiana. Ogni famiglia o quasi ne aveva una propria. Per quella più semplice occorre rosolare i fegatini di pollo con poca cipolla affettata sottile, un ciuffo di prezzemolo tritato, in un tegame con un dito d'olio, sale e pepe. Può essere aggiunta una piccola scorza di limone e una foglia di alloro o di salvia. Si "ruzzola" il tutto ed appena rosolato si bagna con poca marsala o vin santo; si aggiunge, quindi, un pizzico di capperi ed un'acciuga lavata e diliscata. Si fa cuocere ancora qualche minuto con l'aiuto di un po' di brodo.
Il composto viene poi tritato finemente e steso su fette di pane abbrustolite e tuffate nel brodo caldo.

 

 
 

 

Pan lavato

E' questo un classico piatto invernale "povero". Gli ingredienti sono infatti cavolo nero, che viene usato dopo le gelate che lo rendono più tenero, e l'olio di frantoio. Il cavolo viene lessato in acqua calda salata. Quando è quasi cotto si abbrustoliscono delle fette di pane tagliate alte un dito, che vengono poi strusciate con una steccia d'aglio e bagnate con l'acqua di cottura del cavolo e pezzetti di cavolo, condite con sale, pepe, olio e poco aceto. Il piatto deve essere servito ben caldo. Il cavolo nero se non era disponibile, veniva sostituito con il cavolfiore. Il risultato è comunque ottimo.

 

 
 

 

Le ciacce

Con la pasta del pane si facevano molto spesso le ciacce, sia salate che dolci. Quando era il tempo del maiale si preparava la saporitissima "Ciaccia con i friccioli" (lardo fatto a pezzetti, strutto, freddato e salato). Le ciacce dolci si preparavano
generalmente con l'aggiunta di uva. Quella più nota è senz'altro la ciaccia con l'uva secca: alla pasta lievitata si univa l'uva, quindi si spianava e si cuoceva nel forno a legna. Quando era tempo di vendemmia in alcune famiglie si faceva anche la squisita ciaccia con l'uva fresca. La pasta del pane già lievitata veniva stesa piuttosto finemente, al centro si mettevano i chicchi d'uva interi e poco zucchero. Si copriva con altra pasta chiudendo bene i bordi per evitare che nella cottura il "sugo" dell'uva uscisse fuori dall'impasto, sia perché in tal caso si sarebbe perso il gusto dell'uva, ma soprattutto perché si sporcava il forno dove si doveva cuocere i pane, con conseguente grande arrabbiatura della massaia.
 

 
 

 

La panzanella

Era questo, ed è certamente ancora, uno dei piatti più stuzzicanti e semplici delle campagne chianine che coincideva con l'arrivo della bella stagione. Il pane casalingo raffermo è ancora l'ingrediente principale che poi è stato arricchito con altre verdure. Si mette a bagno il pane e quando è ben ammollato lo si raccoglie con le mani, si strizza bene e si sbriciola in un'insalatiera. Si aggiunge la cipolla tagliata a fettine sottili, foglie di basilico in abbondanza spezzettate con le mani (non devono essere lavate, ma pulite con un tovagliolo perché mantengano tutto il loro profumo) e pomodori a pezzetti. Si condisce con sale, olio di oliva di frantoio, senza parsimonia, e con aceto, senza esagerare.
 

 
 

 

Pappa col pomodoro

Il pane raffermo deve essere affettato a fettine fine che si strusciano col pomodoro maturo. Si mettono in un pentolino con acqua fredda, un pizzico di sale e un pomodoro spezzato. Appena l'acqua comincia a bollire si leva dal fuoco il pentolino e si unisce l'olio di crudo e parmigiano grattugiato
 

 
 

 

Minestra di pane

Occorre prima di tutto lessare dei fagioli bianchi che avremo provveduto a tenere a bagno per tutta la notte. Si prepara, quindi, in una pentola con alcuni cucchiai di olio, un soffritto con cipolla, prezzemolo, sedano e un pò di "rigatino" tagliato a dadini. Appena avranno preso colore si uniscono le foglie di cavolo nero stracciate grossolanamente a mano, si lascia rosolare per qualche minuto ed infine si aggiungono carote, patate e bietola tagliate a pezzetti e pomodoro (si usava quello fresco se era di stagione, altrimenti la conserva). Salare e cuocere a fuoco moderato aggiungendo di tanto in tanto acqua calda. Quando le verdure sono ben ammorbidite si aggiungono i fagioli. La maggior parte dei fagioli andranno passati perché è con il loro brodo che, essenzialmente, dovranno essere inzuppate le fette di pane, ma qualche ramaiolata di fagioli interi daranno più gusto alla minestra.
Si fa bollire ancora un po'. Nel frattempo si prepara il pane, che deve essere raffermo, e che andrà tagliato a fettine sottili senza preoccuparsi troppo di farle tutte uguali.
Si prende quindi una capiente zuppiera si dispongono sul fondo un po' di fette di pane e si ricoprono con alcune ramaiolate di zuppa, poi ancora pane, e altre abbondanti ramaiolate di zuppa, e così via. Tocco finale che esalta il profumo della minestra è naturalmente l'olio extra vergine di oliva a crudo. Questo piatto veniva reso ancor più appetitoso accompagnandolo con una bella cipolla fresca.
Le massaie, quando avanzava, usavano riscaldare in padella questa minestra e servirla di nuovo alla sera o il giorno dopo. Lo spreco non era certo ammesso.

 

 
 

 

Minestra di fagioli

In questo piatto i fagioli sono usati senza altre verdure.
In una pentola si fanno rosolare nell'olio un paio di spicchi d'aglio schiacciati, si unisce conserva di pomodoro o pomodori maturi a pezzetti piccoli, fagioli già lessati ed un pò della loro acqua di cottura. Lasciar bollire una decina di minuti, quindi passare tutto con il passaverdure. Far bollire ancora con l'aggiunta di un pò d'acqua ed unire la pasta. A fine cottura condire con un filo d'olio di oliva a crudo.

 

 
 

 

Minestra di ceci

Il procedimento è uguale a quello descritto per la minestra di fagioli. Unica differenza è che nel soffritto iniziale si aggiunge anche qualche rametto di rosmarino. Per queste due squisite minestre, che sono in realtà un piatto unico molto sostanzioso, la pasta usata in Valdichiana erano i "tagliatini" (taglierini fatti con la stessa sfoglia utilizzata per i "maccheroni") fatti in casa.
 

 
 

 

Ragù con i "dentri"

Le interiora del pollo e del coniglio, "i dentri", vengono tritati e messi a soffriggere in un tegame con olio ed un battuto di cipolla, aglio, prezzemolo. Quando il tutto è ben rosolato e fa la "babicchia", si aggiunge mezzo bicchiere di vino rosso che deve evaporare a fuoco vivace. Si aggiunge poi il passato di pomodoro e si completa la cottura, che è in realtà il segreto di questo sugo. Deve essere fatta a lungo, a fuoco lento e, possibilmente, in un tegame di coccio.
 

 
 

 

Sugo con le briciole

Quando non erano disponibili i "dentri" - e in genere questo si verificava tutti i giorni o quasi, salvo la domenica e qualche festa ricordata - si rimediava così: in una padella si faceva rosolare un paio di "steccie" d'aglio schiacciato con l'olio d'oliva e con mollica di pane raffermo sbriciolata con le mani. Appena il tutto era ben rosolato vi si versavano i pici o i maccheroni perfettamente scolati, si rimescolava ben bene e si serviva caldo.
 

 
 

 

Lesso rifatto

La carne di gallina e di vitello "vaccina" lessata per fare il brodo, veniva resa più appetitosa, (così faceva più "companatico") se "rifatta". Si tagliava finemente una cipolla abbastanza grande e si metteva in un tegame con l'olio; quando era ben rosolata si aggiungeva la carne precedentemente tagliata a pezzetti piccoli, si aggiungeva sale e pepe e si univano dei pomodori ben maturi spezzettati e foglie di basilico sminuzzate. Si copriva e si lasciava cuocere il tutto per una mezz'oretta. Si faceva attenzione che il sughetto non si asciugasse troppo perchè serviva per "intingere" il pane, così lo stomaco si riempiva prima.
 

 
 

 

Conigliolo (coniglio) fritto

Tra le carni bianche la frittura era generalmente riservata al coniglio o "conigliolo", come si dice in Valdichiana; ed in quelle occasioni era davvero festa. Si preparavano dei pezzi di "conigliolo" abbastanza piccoli, si infarinavano e poi si passavano nell'uovo sbattuto insieme ad un pizzico di sale, una spolveratina di pepe e, a volte, una grattatina di noce moscata. Poi si friggeva in padella con fuoco moderato affinché la carne si cuocesse bene anche all'interno.
 

 
 

 

Ocio (oca) in umido

Occorre, prima di tutto, fare a pezzi "giusti" l'ocio; quindi si fa rosolare con l'olio, sale e pepe. A questo punto si aggiunge il classico "battuto" che si fa nella nostra zona ed al quale ogni massaia apporta qualche variante, ma che, in genere, è composto da: dentri, cipolla, odori (pomodoro, salvia, carota, ecc.) con l'aggiunta di macinato nelle versioni più moderne.
A metà cottura si aggiunge, un mezzo bicchiere di vino bianco e pomodori (le quantità sono a piacere e secondo i gusti), quindi si completa la cottura.

 

 
 

 

Collo d'ocio ripieno

Si fa il battuto con: dentri di pollo, prezzemolo, uno spicchio d'aglio, sale e pepe. Si aggiunge poi del pane grattugiato e due uova, si amalgama il tutto e si riempie un collo d'ocio. Lo si immerge in una pentola, messa a bollire in precedenza e contenente brodo di cappone. Il brodo deve essere a bollore per cuocere istantaneamente l'uovo che renderà della giusta consistenza il ripieno. Si serve caldo, tagliato a fettine.
 

 
 

 

Baccalà lesso e rifatto

Il pesce nelle cucine della nostra zona non era praticamente conosciuto, Una volta ogni tanto, in particolar modo nei periodi di quaresima o di "vigilia", si comprava il baccalà che poi veniva cucinato in due modi: lesso, per i periodi di "vigilia nera", e "rifatto in padella" - ricordarsi dell'intingolo nel quale si inzuppava il pane - per i momenti in cui si poteva mangiare di più. Per tutte e due le varianti il baccalà
salato si faceva a filetti che, poi, si mettevano a bagno tutta la notte dopo aver cambiato loro l'acqua, completamente, almeno tre volte.
I filetti, ammorbiditi dal trattamento e dissalati, si lessavano cambiando l'acqua un paio di volte. I filetti, ancora caldi, venivano diliscati - alcune massaie toglievano anche la pelle - poi si spezzettavano e si condivano con olio di oliva, uno spicchio d'aglio e prezzemolo tritato, poco aceto e pepe. Questo piatto era perfetto se accompagnato da patate lesse, tagliate e condite sempre con olio ed aceto, oppure da ceci lessati e conditi allo stesso modo.
La variante del baccalà rifatto in padella consisteva, sempre dopo il trattamento dissalante, nel prendere i filetti di baccalà infarinarli e friggerli.
A cottura avvenuta si toglievano dalla padella e, nell'olio di cottura, si aggiungeva cipolla e pomodoro fresco. Si portava a cottura, quindi si rimetteva il baccalà in padella per alcuni minuti per farlo insaporire.

 

 
 

 

Cipolle o patate sotto la brace

Nelle sere d'inverno si approfittava del camino acceso e sotto la brace calda si mettevano sia le cipolle che le patate intere con le foglie e la buccia. Si tenevano finché non diventavano morbide, si pulivano delle parti esterne e gli spicchi posti in un'insalatiera venivano conditi con olio di oliva, sale, pepe e poco aceto.
In questo modo, sia le cipolle che le patate possono anche essere cotte nel forno, ma certamente l'antica ricetta è impareggiabile.

 

 
 

 

Fagioli
Questi legumi, lessati, rappresentano uno degli ingredienti più importanti nella preparazione di minestre e zuppe, come abbiamo visto, ma anche da soli erano una delle pietanze quasi quotidiane. Venivano lessati, dopo essere stati una notte a bagno, nella stessa acqua e con poco sale, possibilmente nel forno a legna ancora caldo dopo la cottura del pane, ed in tegami di coccio.

Con cipolle
Ai fagioli, così lessati, potevano essere aggiunti anelli di cipolla tagliati sottili. Il tutto, condito sempre con olio di oliva, sale, pepe e poco aceto, facevano un gran companatico. La ricetta, con gli anni, ha subito degli arricchimenti con filetti di sgombro o tonno sott'olio, ma ha perso un pò il sapore dei...fagioli.


All'uccelletto

Si mette sul fuoco un tegame, possibilmente di coccio, con olio, un paio di "steccie" d'aglio e salvia; quando l'aglio è imbiondito si toglie e si uniscono i fagioli già lessati e sgocciolati. Si lascia insaporire, poi si unisce conserva di pomodoro, sale e pepe. Si continua, quindi, la cottura coprendo il tegame e lasciando stufare.
 

 
 

 

Verdure fritte


Zucchine, fiori di zucca, carciofi sono le verdure che si usavano molto spesso nella frittura. Molto semplicemente si preparavano tagliate a fette non molto alte, nel senso della lunghezza, salvo naturalmente i fiori che si mantenevano interi. Si passavano prima nella farina e poi in una pastella fatta con uovo, faina, acqua, sale e pepe, fino alla friggitura, in una padella larga, a fuoco abbastanza vivace.
 

 
 

 

I dolci

Nelle famiglie contadine della Valdichiana il dolce non era certo presente sulla tavola ogni settimana. La tradizione ci racconta comunque di dolci molto semplici, generalmente "secchi" perché cotti nel forno a legna insieme al pane e, spesso, legati ad alcune feste annuali particolari.
Cos'era la Pasqua senza i "ciambellini" o il Carnevale senza "crogetti" o il Natale senza, almeno, i "cavallucci" ?
Nei pranzi di nozze, solitamente, ai dolci si dedicava particolare attenzione per non "scomparire" con gli "invitati". In queste occasioni si preparavano allora crostate con marmellata di "sucine" (susine), fatta ovviamente in casa e conservata allo scopo, ciambelloni ed in qualche famiglia anche la "zuppa inglese" per la quale si usava come base lo stesso ciambellone, molto semplice ed economico, bagnato con marsala o vin santo, e poi "l'alchermens pe' dagli il colore", alternandolo con strati di crema.
Esattamente con gli stessi ingredienti della zuppa inglese, salvo la pasta che veniva stesa in un'unica sfoglia sottile e quadrata di circa messo metro di lato, sulla quale veniva steso il "ripieno" della zuppa inglese, si faceva il "salame" . Si arrotolava il tutto, lo si legava, giustappunto come un salame e lo si lasciva riposare una notte.
Veniva servito tagliato a fette.
Il burro oggi usato per queste ricette era naturalmente sostituito con lo strutto o con il latte, tanto che nei periodi di "vigiglia nera" non si poteva inzuppare il ciambellino nel latte perchè il ciambellino era stato cotto nello strutto di maiale. Se erano disponibili agli ingredienti dei vari dolci venivano aggiunti frutti secchi come noci, nocciole, uva secca. Per i crogetti, a volte, veniva usato il miele per "condirli" una volta preparati nella zuppiera. Allora era una vera festa, specialmente per i bambini.

 

 
 

 (da: Le Ricette del Tempo della Vecchia Fiera alla Pieve - Comune di Sinalunga - Edizioni Luì)