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Immagini San galgano

   
 

 

 

 

 
 

 

Nel corso del Duecento il vistoso fenomeno di inurbamento e, più in generale, la progressiva attenuazione del tasso di incremento demografico fino al tracollo di metà del Trecento, fece venir meno nelle campagne il fervore costruttivo che aveva caratterizzato la stagione romanica.

In fatto di architettura religiosa, l'impegno edilizio si concentra sempre più nelle città, dove si rinnovano o si ampliano la cattedrale e qualche chiesa parrocchiale, ma dove, soprattutto, si realizzano le grandi chiese degli ordini cosiddetti "mendicanti".

L'attività edilizia del monachesimo benedettino viene meno e poche saranno le chiese abbaziali rinnovate in forme gotiche come, ad esempio, la chiesa di Santa Trinità o quella di Sant'Ambrogio a Firenze, la prima seguendo uno schema di derivazione cistercense, la seconda chiaramente ispirata ai modelli dei mendicanti. Furono semmai i cistercensi, che si affermarono in Italia all'inizio del XIII secolo, a produrre grandi chiese gotiche ma, in Toscana, a parte limitati interventi su edifici preesistenti come San Salvatore all'Amiata o la badia a Settimo presso Firenze, costruirono una sola grande chiesa: San Galgano (Chiusdino), che pure ebbe un ruolo determinante nell'architettura gotica di Siena e di quella mendicante più in generale.

 

Costruita nel terzo decennio del XIII secolo, ha stretti collegamenti stilistici con le abbazie di Fossanova e di Casamari, che la precedettero di poco nel tempo, e ripete perciò i canoni più puri dell'architettura cistercense francese. La chiesa ha l'impianto basilicale a tre navate che si concludono in un ampio transetto sporgente, divise da una successione di pilastri cruciformi. Il profilo degli archi, le nervature di sostegno delle volte che partono da mensolette coniche, la doppia cornice marcapiano sopra le arcate, gli "occhi" che sormontano le ampie bifore e certi caratteri di queste, unitamente alla grande sobrietà di tutto il complesso, sono motivi tipici dell'architettura che i Cistercensi portarono dalla Francia.
Ma accanto a quelli ricordati non mancano motivi tradizionali derivati dall'architettura romanica locale, come l'uso, in certe parti dell'interno, del paramento murario in dicromia: fasce di cotto si alternano al travertino, che è la pietra con cui è realizzata la quasi totalità dell'edificio. Nella facciata, rimasta incompiuta, si aprono tre portali alternati da pilastri che forse, nelle intenzioni, dovevano sorreggere un portico, mai realizzato.
Sulla destra della chiesa sono i pochi resti del chiostro, rimontati nella metà del Novecento, e le parti superstiti del complesso monastico, che doveva essere veramente grandioso.

 


Ed è qui, a poca distanza dalla cappella del monte Siepi, che si trova ciò che resta…ma che resti!..dell'Abbazia cistercense di San Galgano.
Quei monaci si piazzavano o in luoghi desolati, bonificandoli, o laddove c'era un gran flusso di pellegrini diretti a un qualche luogo santo, o da esso reduci, ristorandoli e se necessario curandoli. L'Abbazia di San Galgano fu meta di innumerevoli pellegrini richiamativi dall'aurea leggenda di San Galgano. L'abbazia fu rigogliosissima per secoli, da qui irradiandosi in altre contrade della Toscana, conducendo qua e là importanti bonifiche e condizionando perfino, col peso della sua potenza economica, la politica della repubblica senese.
Poi il declino, che ebbe inizio nel XVI secolo - fra le cause il mutato gioco di influenze e il progressivo assottigliarsi del numero dei monaci - e doveva concludersi due secoli dopo, quando l'abbazia fu abbandonata dal suo ultimo monaco; ma già il campanile era crollato e andavano crollando pure il tetto e le mura (il cui materiale di resulta doveva essere lungamente, impunemente saccheggiato). Al presente dell'Abbazia rimangono le sole strutture portanti, ripulite e consolidate. Uno scheletro di chiesa, certo, "ma non esiste al mondo uno scheletro più bello", dirà Giorgio Batini: il quale così ha "fissato" la magia del luogo: "... un fantastico scenario che ha per pavimento un prato verdissimo e per tetto un cielo tutto azzurro... Tre navate, una fuga di pilastri, di volte, di archi, di membrature, un immaginoso fiorire di capitelli, un alternarsi di travertino e di cotto, uno spalancarsi di cento occhi verso il cielo (rosoni, bifore, finestre ogivali), un magico gioco di ombre e di sole, un irrequieto volo di piccioni, una serenità e un silenzio che non sono di questo mondo".