Il labirinto sotto la Cattedrale

 
     
 

 

L'antico borgo medioevale si chiamava Corsignano, ma qui nacque nel 1405 Enea Silvio Piccolomini, di famiglia ricca e nobile, che nel 1458 divenne il famoso papa umanista Pio II. Per dare lustro al borgo natale, incaricò un noto artista fiorentino, il Rossellino, di ristrutturare il centro abitato secondo i canoni artistici del Rinascimento.

 

Il Rossellino prosciugò le finanze papali, ma realizzò in poco spazio di luogo e di tempo (4 anni) un autentico capolavoro urbanistico con una piazza scenica proiettata verso la Val d'Orcia, coronata dal sontuoso palazzo pontificio, dalla splendente cattedrale, dal palazzo comunale e dai palazzi di vescovi, prelati e nobili. Il paese cambiò connotati e anche il nome: divenne Pienza, cioè città di Pio, considerata esempio di città ideale del Rinascimento.


Il Rossellino era dotato di grande sensibilità artistica, ma di scarsa esperienza geologica: per accentuare una prospettiva più profonda e luminosa della piazza, costruì la nuova cattedrale in parte nello spazio entro le antiche mura, su un terreno stabile costituito da calcare organogeno "a lithothamnium" e in parte (dal transetto fino all'abside) al di là delle mura, allungata verso valle su un terreno detritico di alterazione poggiante su un banco inclinato di argilla. Non si sa se l'architetto avesse compreso in pieno la situazione, o se l'avesse sottovalutata pensando di più al risultato che fu eccellente per la luminosità e il gioco di luci delle vetrate dell'abside a raggiera. Sta di fatto che, poco dopo l'inaugurazione, come asserisce il papa stesso nei suoi "Commentari" comparvero in ambedue i lati della chiesa profonde crepe dal tetto alla base, proprio lungo il limite di sporgenza della costruzione verso valle.

 

Iniziò subito una lunga serie di interventi protrattisi nel tempo fino al giorno d'oggi nell'affannoso tentativo di salvare dal crollo questo gioiello artistico. Si susseguirono rinfianchi all'abside, catene alle pareti e al tetto, sottofondazioni ecc. In alcuni casi si scavò al di sotto dell'abside per una profondità di 108 piedi (circa 35 metri) prima di trovare una base solida tra massi incoerenti e crepacci con esalazioni sulfuree che provocarono la morte di alcuni operai. Nel 1503 iniziò un'opera di drenaggio delle acque di percolazione che furono convogliate in un cunicolo e poi in un pozzo che fu terminato nel 1538, come si apprende da un documento che asserisce che il detto pozzo fu usato da un canonico per occultare un cadavere; perciò fu chiamato "POZZO del CANONICO".
Impossibile elencare tutti gli interventi susseguitisi nel tempo. L'intervento decisivo fu effettuato in epoca moderna in tre fasi che si protrassero dal 1911 al 1929. Sotto l'abside sono scavati 16 pozzi di fondazione a varie profondità, fino a quella massima di 28 metri, intercomunicanti tra loro mediante gallerie longitudinali, trasversali, assiali e oblique estese su 6 livelli sovrapposti e collegati tra loro da scalinate.

 

Il tutto si articola in un percorso di 600 metri con 671 scalini. Le acque di stillicidio e di infiltrazione sono convogliate nell'antico "pozzo del canonico" e, dalla base di questo, attraverso un cunicolo lungo 90 metri escono nella valle sottostante in una vasca detta "fonte del Coverò". Percorrendo gli innumerevoli diverticoli e pertugi di questa immane opera si ha l'angosciosa sensazione di perdersi in un labirinto. Sembra incredibile che un'opera artistica così armoniosa e splendida all'esterno, nasconda nelle sue viscere un inquietante aspetto claustrofobico.

 

 

Le miniere di lignite
In questo comune e negli altri limitrofi (Montepulciano e Torrita di Siena), i cui territori sono formati da depositi pliocenici di vario tipo (calcari organogeni, conglomerati, sabbie, arenarie, calcari lacustri fetidi e argille) sono frequenti gli affioramenti di lignite che, in passato, la gente del posto chiamava "legno-sasso" e adoperava come combustibile. Fino ad un recente passato i giacimenti furono sfruttati intensivamente per industrie locali di vario tipo. Nel comune di Pienza le miniere lignitifere sono due: una ad EST nella frazione di Monticchiello e una a NORD nel fosso di Strozzavolpi.

 

MINIERA DI MONTICCHIELLO

(Località Casiservi, quota 505 slm long. EST 1723124 lat. NORD 4771763 Gauss-Boaga)

 

Si apre in una fitta macchia; l'ingresso è in parte nascosto da un riporto di terra. La galleria è agibile per 40 metri con fondo melmoso e allagato, poi s'incontra una biforcazione presso la quale la volta è crollata ed impedisce il passaggio. Al di là della frana s'intravede un lungo tratto allagato fin quasi alla volta.
Lungo le pareti si riconoscono le impronte delle travature di sostegno ormai tutte asportate. La miniera fu abbandonata negli anni '20 del secolo scorso. Durante la prima guerra mondiale (1915-18) vi lavorarono anche i prigionieri di guerra austriaci.

 

MINIERE DI STROZZAVOLPE

(Località podere Mazzini, podere la Miniera, podere e fosso Strozzavolpe. Quota 370 slm Long. EST 1717320 Lat. NORD 4774908)

 

Qui le gallerie erano alcune decine, tutte dislocate nell'alveo o nei pressi del fosso Strozzavolpe. Oggi solo alcune sono percorribili per qualche decina di metri con molto rischio a causa di continue frane e smottamenti.
Sono individuabili con difficoltà perché nascoste da un'intricata vegetazione di cespugli e rovi; sono popolate da vipere, tassi, istrici e volpi.
Esistono foto d'epoca ove si vedono piazzali con accumulo di minerale, carrelli, binari e tettoie a dimostrazione dell'importanza e consistenza della produzione che iniziò nei primi anni del 1900. Le miniere rifornivano molte fornaci e attività industriali della zona e negli ultimi anni (1950-55) rifornivano gli americani insediati nel porto di Livorno.
A titolo indicativo ne abbiamo localizzata una; tutte le altre sono nelle immediate vicinanze. Nella galleria rilevata si nota un particolare interessante: sul lato destro s'intravede ancora nettamente la stratificazione alternata fra livelli sottili di colore marrone scuro (lignite) e livelli bianchi di calcare lacustre fetido (se raschiato manda forte odore di zolfo) che gli antichi naturalisti chiamavano "sasso porco" o "sasso puzzolo", ma anche "etruscite" per il motivo che questo tipo di pietra era quello usato dagli Etruschi della zona tra Chiusi e Pienza per realizzare splendide sculture a bassorilievo su cippi e urne cinerarie.
 

 

 

Pienza, l'antico "pozzo del canonico" ove sono convogliate le acque di percolazione delle gallerie drenanti sotto l'abside del duomo.

 

Pienza: la galleria terminale che porta a valle le acque dei cunicoli sotto il duomo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La galleria iniziale della miniera di lignite di Monticchiello.

 

 

 

Miniera di lignite di Strozzavolpe; nella parete si nota l'alternarsi di strati sottili di lignite (colore marrone scuro) a strati di calcare lacustre fetido (colore chiaro).