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Qui un evento storico è all'origine di una notevole
proliferazione del fenomeno. Alcuni biografi, sicuramente attendibili,
parlano di due visite fatte a Cetona e a Sarteano da S. Francesco
d'Assisi, nel 1212 e nel 1215.
Ne parlano diffusamente:
1) L'irlandese Luca Wadding in "Annales minorum";
2) San Bonaventura in "Aura legenda maior";
3) Frate Mariano da Firenze in " Cronache", scritte proprio nel convento
di Cetona;
4) Tommaso da Celano in " vita secunda Sancti Francisci";
più una miriade di manoscritti locali e anonimi. A Cetona, in località
Belverde, ove sono situate le note cavità preistoriche, la più grande e
importante di queste è chiamata da sempre BUCA ma anche TOMBA (in gergo
locale) di S. FRANCESCO. In questa grotta naturale di grande interesse
preistorico per i suoi reperti del paleolitico medio, dell'eneolitico e
dell'età del bronzo, è tuttora conservata una rozza croce di legno
piantata nella roccia dove, per tradizione popolare, il Santo era solito
pregare e lasciò impresse nel sasso le impronte dei suoi ginocchi.
Si tratta ovviamente di corrosioni naturali che, come vedremo in altri
casi, si prestano egregiamente a rielaborazioni fantastiche.
L'ambiente in cui si apre la cavità è suggestivo e scenico, (come tutti
i luoghi francescani : la Verna, II Subasio, Cortona ecc.) situato alla
base di un'alta scogliera panoramica in mezzo a enormi blocchi di
travertino accavallati. Nelle immediate adiacenze della grotta fu
costruito, nella prima metà del 1300, un eremo-cenobio e una chiesa; i
frati sistemarono e spianarono la parte superiore della cavità per farci
giungere una processione annuale di fedeli.
A Sarteano vari eremiti vollero vivere in penitenza
nei luoghi tradizionalmente visitati da S. Francesco.
Una località a pochi chilometri dal paese è chiamata
le CELLE di S. FRANCESCO; anche questo è un luogo suggestivo, da dove si
distingue in lontananza Assisi, proprio come asseriscono le cronache.
Alla base dello scenico dirupo si trovano alcune celle scavate nel
calcare organogeno, che sono tombe etrusche poi riadattate.
Nella parete di fondo di una di esse è scolpita una grande croce, opera,
secondo la tradizione, di S. Francesco stesso che qui soggiornò in
ascesi estatica. A poche decine di metri si aprono alcune modeste cavità
di interstrato (GROTTA dei LADRI, 1659 T/SI) e diaclasi (BUCA del
CONVENTO di S. BARTOLOMEO, 1660 T/SI); anche in questo luogo fu
edificato un eremo provvisorio e poi una chiesa con annesso convento dei
Padri Cappuccini.
Altri romiti si stabilirono nella zona; a non molta distanza dai
suddetti luoghi francescani, nell'alto poggio di Pietraporciana,
sull'orlo di una scarpata verticale che si protende sopra il mare verde
di una secolare faggeta si affaccia la cosiddetta CELLA di BRUCO, una
cavità naturale a forma di ampio riparo, riadattata con croci incise e
nicchie scavate. Leggende orali narrano che la cella fu abitata da uno
strano eremita, reduce da una crociata in terra santa e devoto a S.
Francesco. Costui scelse questo luogo più lontano dalle celle perché non
si riteneva degno di occupare il posto del santo di Assisi e,
considerandosi una nullità, volle per sé il nome di Bruco, l'equivalente
in toscana del verme.
Nella frazione di Castiglioncello del Trinoro,
sempre per devozione a S. Francesco, si stabilì un altro eremita: Fra
Bonaventura de Venere. Di costui si hanno notizie più dettagliate,
spesso curiose e spassose: visse dal 1577 al 1626, fu romito in varie
grotte dell'Umbria finché pervenne qui soggiornando in penitenza in
alcune rozze celle (di antica ma incerta origine) che si affacciano
sull'orlo calcareo di un precipizio. Le celle in cui visse hanno preso
il suo nome, ma i cronisti locali dell'epoca le chiamavano le GROTTE DEL
SASSO. Qui morì e il suo corpo fu tumulato nella vicina chiesa di
Castiglioncello. Nei pressi si trova una diaclasi profonda qualche
decina di metri con varie aperture in alto e una alla base della rupe,
la BUCA di FRA' BONAVENTURA. In estate, per effetto del divario termico,
emette un forte flusso di aria fredda così che una delle tante leggende
narra che chi tentava di entrare nella stretta fessura, veniva sospinto
fuori, a schiaffi, dagli spiriti maligni, mentre Fra Bonaventura sarebbe
stato in grado di controllare e gestire i geni malefici pronunciando
speciali parole che lui solo conosceva.
Altre leggende raccontano che il romito appariva e scompariva
improvvisamente davanti o alle spalle dei viandanti; non è da escludere
che le varie aperture e pertugi servissero egregiamente allo scopo!
Recentemente (aprile 2006) una grossa frana (che non ha interessato
direttamente la diaclasi) ha spaccato quasi tutto il fronte della rupe e
anche una delle tre celle del romito della quale è rimasta la sezione
dell'accesso visibile in parete.
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Cetona -
Belvedere; grotta di san Francesco; antica croce in legno,
collocata all'interno della cavità. |
Sarteano - Celle di san Francesco; la cella principale
con la croce scolpita nella parete. |
Sarteano- L'accesso alla cella di Fra' Bonavventura,
sezionata dalla frana recente. |
Sarteano -
Panorama della faggeta e della Valdichiana visto
dall'interno della cella di "Bruco". |
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