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I CADUTI DEL PALIO
Verso la metà d'agosto, può succedere che il "pronto soccorso" di Siena
registri una lunga serie di referti per "cadute accidentali". Quello
dichiara di essere scivolato per la strada, quell'altro di avere messo
un piede su una buccia di banana, quell'altro ancora di essere
inciampato per le scale.
In realtà, dicono a Siena, si tratta dei "Caduti del Palio". Caduti in
un mucchio di cazzotti, che sono il tradizionale, e incruento,
condimento, di una manifestazione secolare che, per i turisti è un
magnifico spettacolo di pochi minuti, mentre per i senesi è una passione
che dura tutta la vita, è la vita stessa.
"Le prime volte che andavo al Palio - dice
un senese - ci andavo in braccio al mi' babbo e alla mi' mamma...".
E prima ancora il suo babbo e la sua mamma lo avevano portato alla
fontanella della contrada per quel battesimo contradaiolo che trasforma
un neonato in un autentico senese.
Perché un vero senese ha una doppia cittadinanza, quella del Comune e
quella della contrada, e infatti deve stare molto attento a dove nasce,
nel rischio di nascere in terra nemica, nemica cioè dei genitori e della
propria famiglia; il fatto è che si diventa contradaioli per lo "jus
soli", per il diritto del suolo, e quindi per esempio chi nasce in una
casa di San Marco, appartiene per tutta la vita alla contrada della
Chiocciola, e per tutta la vita sarà nemico della Tartuca. Insomma
sarebbe un disastro per una famiglia di "chiocciolini" ritrovarsi a
pranzo, a cena, continuamente tra i piedi, un figlio nato nel territorio
della Tartuca, e cioè un esecrabile "tartuchino", sarebbe un disastro
ritrovarsi un avversario, sotto lo stesso tetto.
Speciali regole valgono per chi nasce in una clinica, oppure "extra
moenia", oppure fuori porta, oppure addirittura in un'altra città, ma da
genitori senesi. Un tempo erano addirittura malvisti, ed anche
avversati, i matrimoni tra giovani di contrade diverse, perché la vita
coniugale è già così difficile per tanti motivi, che sarebbe un azzardo
aggiungerci anche quelli contradaioli, come avverrebbe nel caso di un
torraiolo che sposasse un'ocaiola, o di un tartuchino che sposasse una
chiocciolina. Inoltre una coppia può ritrovarsi un figlio che nasce in
una contrada avversaria, e cioè un figlio "straniero". Tra le molte
vicende che si raccontano a Siena, c'è anche quella di una madre
dell'Onda che aveva finito per abitare nel Nicchio, e che alle prime
doglie si avviò verso la propria contrada, rischiando di partorire sugli
scalini della Chiesa della nemica Torre; sennonché, con un ultimo
sforzo, riuscì ad evitare di avere un torraiolo in casa...
Soltanto questi senesi autentici, questi senesi con la doppia
cittadinanza, sanno cosa è il Palio. Tutti gli altri fanno i loro bravi
sforzi per capirlo, e - se lo devono raccontare - sono costretti a far
ricorso a molti sostantivi: fede, passione, entusiasmo, patriottismo,
campanilismo, fierezza, agonismo, libertà, indipendenza... e,
naturalmente, manca sempre qualcosa. Mancano i difetti e le virtù dei
senesi, mancano l'individualismo, lo spirito critico e polemico, manca
l'irrequietezza sboccata e sediziosa, manca il misticismo, mancano la
poesia e la tradizione, mancano la spontaneità e la fedeltà alle radici,
mancano, gli umori segreti della città, manca la splendida e santa
follia che è l'amor di contrada.
IL PIACERE DEL DISSENSO
Qualcuno potrebbe pensare, allora, che i senesi siano turbolenti e
maneschi, che siano tutto fuoco, che affidino le proprie ragioni ai
cazzotti, che la fazione stia di casa a Siena, che la gente - per le
strade - si guardi in cagnesco. Non una città, insomma, con tante
piazze, ma una palestra con tanti ring.
Invece è una città di oltre
sessantamila "amici", tutti d'accordo nel provare il raffinato e
toscanissimo piacere del dissenso, il piacere di non essere mai
d'accordo, tranne che su una faccenda, l'amore per la propria città.
Provatevi a dir male di Siena, e il cazzotto lo prenderete voi. (In
realtà nessuno ha mai corso questo pericolo, perché è davvero difficile
trovare un motivo per dir male di Siena).
Dunque, i senesi se le danno - e se non se le dessero, il Palio sarebbe
ormai soltanto un relitto folcloristico, sarebbe morto da un pezzo - ma
dopo essersele date di santa ragione, non serbano rancore per gli
avversari di un'ora o di un giorno, verso i rivali di tutto l'anno. Chi
ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato.
La questura non riceve
denunzie. In altre parti della penisola si parlerebbe di omertà, ma tale
parola non esiste nel vocabolario di una città dove si parla la più
bella lingua d'Italia. Qui si conoscono altre parole come fierezza,
cavalleria, libertà, tradizione, tutte riassunte alla lettera "p" nella
parola "Palio". In realtà i senesi, che ignorano l'ipocrisia, sono per
l'amicizia, vivificata e consolidata dalla rivalità, confortata e
cementata dalla rissa.
Nel 1555 quando Siena venne attaccata e assediata dall'esercito
fiorentino di Gian Giacomo dei Medici, Marchese di Marignano, i senesi
dovettero capitolare, ma prima di arrendersi e di perdere l'antica
libertà, combatterono valorosamente, ed anche giocarono "alle pugna" in
faccia al nemico.
Giocare in quelle circostanze
significava dimostrare che la città assediata non rinunziava alle
proprie abitudini, non era abbattuta moralmente ed era ancora in grado
di fare un atto di spregio verso gli assedianti. (Qualche anno prima, il
17 febbraio 1530, i fiorentini assediati dall'esercito imperiale di
Carlo V, comandato dal Principe d'Orange, avevano giocato al calcio in
Piazza Santa Croce, in modo da esser visti dai nemici accampati sulla
collina di Giramonte, dalla quale partì anche una cannonata che passò
sopra la testa dei "musici" seduti sul tetto dalla basilica di Santa
Croce). Monsignor Blaise de Monluc, il valoroso guascone che comandava
la guarnigione francese, che fu l'eroe della resistenza di Siena (e in
seguito di Montalcino) restò non poco meravigliato vedendo una di queste
lotte che altrove avrebbe forse definito "fratricide". E dopo aver detto
che non aveva mai visto gente così coraggiosa come quella senese, volle
domandare spiegazione ai cittadini, e uno di loro gli rispose a nome di
tutti: "... pensate se noi
meneremo le mani contro a' nemici, quando ci diamo in fra di noi, e la
sera poi siamo tutti amici!".
UNITI E RIVALI
Così ci amiamo in Toscana,
per riassumere in una frase i particolarissimi sentimenti dei toscani
che si sfottono e si amano da secoli, e più si sfottono e più si amano.
Rivalità antiche e talora sempre verdi, dividono province, città, paesi.
Ma a Siena abbiamo il caso - unico in Italia, e probabilmente nel mondo
- di una città dove i cittadini si sentono, da secoli, tenacemente uniti
e rivali.
A Siena ci sono diciassette contrade, il che vuol dire che ci sono
diciassette Stati, diciassette città, diciassette governi, diciassette
parlamenti, diciassette repubbliche, diciassette bandiere, diciassette
inni nazionali, e tutto quello che volete, moltiplicato sempre per
diciassette, quante sono, appunto, le contrade. Si tratta di veri e
propri corpi politici e sociali, di patrie che hanno i loro precisi
confini, di mondi chiusi ed esclusivi, che sono sentiti e vissuti
modernamente pur essendo antichi come il tempo.
Ci sarà al solito chi non ci crede, chi pensa che si tratti della tipica
esagerazione del cronista il quale è portato a forzare un po' le cose
per fare notizia. Invece non manca il conforto delle prove, ed una di
queste è proprio nella cronaca quotidiana che nei diversi giornali
italiani è la cronaca di Milano o di Torino, di Firenze o di Bologna, di
Roma o di Trieste, mentre Siena oltre ad avere la normale cronaca
cittadina, ne registra anche un'altra che è la cronaca delle contrade,
nutritissima tutto l'anno di avvenimenti.
Leggendo la cronaca in un
giorno qualunque possiamo apprendere quanto comunica la cancelleria
della nobile contrada del Bruco, il cancelliere della contrada capitana
dell'Onda, il cancelliere della nobile contrada dell'Aquila o della
nobile contrada del Nicchio: convocazioni di assemblee, comunicazioni
del Priore, proposte di modifiche al capitolato, elezioni del Capitano,
nomina del fiduciario del popolo, e via leggendo...
Per i turisti la corsa del
Palio dura due minuti di febbre, di disdetta, di tripudio, di
appassionata follia, ma per i senesi il Palio comincia quando uno nasce,
continua giorno per giorno, anno per anno, lungo l'intero corso di una
vita, e si conclude soltanto quando uno è costretto ad abbandonare il
bel paradiso collinare per andare a raggiungere quell'altro paradiso
dove troverà Santa Caterina, o magari il purgatorio dove si purifica il
superbo Provenzan Salvani, o forse l'inferno dove sconta i suoi peccati
di gola il celebre Lano della Brigata Spendereccia. E non è detto che
anche nell'aldilà non si metta a dir bene della Lupa e male
dell'Istrice...
Le contrade si comportano come altrettante città. Siena, per esempio, fa
il gemellaggio con Avignone, ma la Tartuca ne fa un altro per conto suo
e si gemella con Trento. La Lupa si gemella (ovviamente) con Roma, la
Chiocciola, nel nome di San Marco si gemella (altrettanto ovviamente)
con Venezia. Per non parlare della nobile contrada dell'Aquila, la quale
non solo fa il gemellaggio con l'omonima città abruzzese, ma svolge
addirittura una propria attività diplomatica internazionale; ha infatti
proprie delegazioni a Malta, a New York, a Londra. Le insegne
dell'Aquila - già fregiate di un titolo rilasciato da Carlo V nel XVI
secolo - sono state iscritte nel Reale Registro delle Armi di Scozia con
tanto di sigillo di Elisabetta II. E quando la rappresentanza
"diplomatica" dell'Aquila va a Malta, la riceve il Governatore
dell'isola, mentre la banda, oltre l'inno italiano e quello maltese,
suona l'inno della contrada.
NERBATE COME VITAMINE
Iniziative turistiche? Faccende folcloristiche? Non vi venga mai in
mente di dirlo a un senese. Il quale vive in un mondo nel quale noi non
siamo ammessi, e che, sinceramente, gli invidiamo. Soprattutto di questi
tempi.
Quando a Siena installarono i semafori (con il verde, il giallo, il
rosso, che sono i colori della contrada del Drago) un contradaiolo,
anziché interessarsi dei benefici che il nuovo strumento avrebbe potuto
arrecare al traffico, notò subito, con giusto orgoglio, la faccenda dei
colori. "C'è poco da fare
-
disse -
tutto il mondo è del Dragone...!"
(Viene in mente quel fiorentino che in una sera di maggio del 1969,
vedendo il sole tingersi al tramonto di paonazzo, disse subito:
"Il tramonto stasera è viola: lo
scudetto è nostro. Anche il cielo lo vuole...!!").
Cazzottate, dunque. Fra gli appartenenti a Stati che sono vicinissimi e
confinanti, ma anche lontanissimi per via di antiche rivalità. L'Onda e
la Torre sono rivali da non si sa quanto tempo. A causa di numerosi
tumulti, nel 1642 fu intimato ai capitani che le due contrade non
intervenissero per qualche tempo alle pubbliche manifestazioni. Gravi
incidenti si legge nelle storie del Palio, avvennero nel 1713. E si
potrebbero citare anche altri fatti, più o meno cruenti, anche altre
date memorabili per risse e tumulti, ma sarebbe tempo perso perché i
tafferugli ci sono sempre stati, ci sono, e sempre ci saranno. Sono,
anzi, i rassicuranti sintomi della buona salute di questa antichissima
sfida cittadina. Sono le vitamine del Palio.
Non c'è niente di contraffatto. I costumi del corteo, si dirà. Però
bisogna vedere come indossano gli antichi costumi i senesi, con quale
consapevolezza sfilano, come sentono e vivono la parte. Certi cavalieri
e certi armatissimi pedoni sembrano appena tornati da Monteaperti, e
nessuno si meraviglierebbe se a un certo punto apparisse tra la folla
urlante la popolana Usiglia che si porta dietro, legati con una sua
benda, trentasei prigioni fiorentini.
Il corteo, ovviamente, è una rievocazione, ma tutto il resto è autentico
e secolare. Secolari sono le rivalità, i complotti, i "partiti", le
corruzioni, secolari i tradimenti, le diffidenze, i sospetti, secolari
le invocazioni, gli incoraggiamenti, le contumelie, le insolenze, le
invettive, le ire, le maledizioni, secolari i fermenti, le minacce, gli
urli immani della folla, i linciaggi. Secolari le nerbate con le quali i
fantini si massacrano, e non tanto per vincere, quanto per far perdere i
rivali. Secolari le rovinose cadute nelle curve di San Martino o del
Casato.
E le nerbate ci vogliono, sono il sale di questa medievale e robusta
vivanda. E bene lo dice, con la forza dell'ironia e del vernacolo, un
sonetto di Momo Giovannelli: "A
me mi fanno rìde, certa gente, - che per fa le perzone delìate
-vorrebbano abolì assolutamente - quest'usanza di darsi le nerbate. - Ma
senza quelle dì che sa? Di niente! - Levàmo allora anche le rinzerrate -
eppoi si va a vede' precisamente - una corsa di peore sbandate! - Ma
lascino le 'ose 'ome all'antia! - quando che c'era meno sentimenti - ma
anco meno finzione e ipocrisia -A dalli retta a questi cicisbei -si 'orrerebbe
'l Palio a comprimenti - "Passi..." "Ma che li pare? Passi Lei!!".
Secolari le alleanze e le inimicizie. In un Palio dell'Ottocento il
fantino della Torre che si era fermato, aspettò alla curva di San
Martino quello dell'Oca che era in testa a tutti, e lo scavalcò facendo
vincere il Liocorno. Gli ocaioli non l'hanno mai dimenticato.
La trama delle buone e delle cattive relazioni è complessa.
L'Aquila ha per avversaria la
Pantera.
La Chiocciola è alleata con
la Torre, il Bruco, la Selva, l'Istrice, la Pantera; è avversaria della
Tartuca, non ha relazioni con l'Oca.
L'Onda non ha relazioni con
il Bruco.
La Selva è alleata con la
Chiocciola, il Drago, la Tartuca.
La Tartuca, a sua volta, è
avversaria della Chiocciola, e non ha relazioni con la Torre.
La Civetta è avversaria del
Liocorno, e ha interrotto le sue relazioni diplomatiche con la Torre.
Il Liocorno è alleato con il
Bruco, la Pantera, la Tartuca, la Torre.
Il Nicchio ce l'ha con
Valdimontone e ignora l'Oca.
La Torre non ha relazioni con
la Tartuca e la Civetta, e considera avversarie l'Oca e l'Onda.
Quest'ultima è alleata con Valdimontone.
Il Bruco vede la Giraffa come
il fumo agli occhi.
Il Drago non mantiene
rapporti con la Lupa, e la Lupa, alleata dell'Oca, ha per avversaria
l'Istrice.
La Giraffa è avversaria del
Bruco.
L'Istrice non mantiene
relazioni con l'Oca, la quale è alleata della Tartuca e della Lupa, è
avversaria della Torre, non mantiene relazioni con il Bruco, il Nicchio,
la Chiocciola, l'Istrice.
Il più abile mediatore delle
Nazioni Unite non saprebbe come muoversi in una trama così complessa.
Il Palio è una corsa che non finirà mai, che si svolge in piena
democrazia (le contrade fecero le loro elezioni anche durante il
fascismo), che è radicata nell'animo dei senesi. Perciò parlare di
questa celeberrima corsa come di un fatto turistico o folcloristico
sarebbe assolutamente assurdo.
UNA VOCE SOLA
A Siena, per il Palio, si picchiano. Nemici per un giorno, e poi amici
per tutto l'anno. Quando vanno all'ospedale dicono che sono caduti per
la strada, perché le botte si danno e si prendono per amor di contrada e
poi si dimenticano, perché non si può sporgere denunzia contro un
fratello. Mai in questa città toscana si spengeranno le secolari
rivalità, mai potranno morire le contrade: quattro strade, poche case,
una cappella, una fonte, recinte dall'amore. Diciassette popoli,
diciassette patrie, diciassette città in una.
Così si sfottono e si amano a Siena.
Per il ferragosto del 1966,
alla prova del Palio cadde il fantino del Montone, e quelli della
contrada fecero una "fogata" contro il mossiere. Ci furono poi incidenti
ed anche l'arresto di due ragazzi del Montone. La sera della prova
generale quelli della contrada, per protesta, ritirarono il loro
cavallo. "Chissà come sono
contenti i nemici del Montone!"
avrebbe potuto pensare uno che del Palio crede di aver capito tutto, e
invece non ha capito niente.
Invece improvvisamente si scatenò la piazza, tutta la piazza. Si videro
bandiere secolarmente nemiche sventolare accanto a quella del Montone,
si sentì l'urlo di migliaia di voci, si videro uniti i contradaioli
della Chiocciola e della Tartuca, della Lupa e dell'Istrice, della Torre
e dell'Oca. Si era nel clima arroventato del Palio, nel momento della
guerra ad oltranza tra diciassette, antichissimi, Stati, ma la città
parlava con una voce sola. Tutti d'accordo in difesa del Montone.
Così si amano i senesi. Nella piazza del Campo si formò un grande,
fantastico, corteo, si alzò un immenso, fantastico, coro:
"Nella piazza del Campo ci nasce la verbena - viva la nostra Siena -
viva la nostra Siena...".
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