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Grandi spazi e intime suggestioni sono il filo conduttore di una strada ideale che va a intrufolarsi in una Toscana sconosciuta e ignorata dalle grandi rotte del turismo. Ci troviamo nel sud ovest di Siena. Il crinale boscoso della Montagnola guarda le valli del Farma e del Merse che vanno a cercare la via madre dell’Ombrone, la strada d’acqua che riesce ad aprirsi un varco nell’ispida Maremma prima di trovare il mare.

La Val di Merse dipendeva dall'economia della foresta, legna e carbone, e dalle miniere di rame, ferro e piombo, scavate nelle vicine Colline Metallifere. I prodotti viaggiavano via terra, perché le portate del Merse e del Farma non garantivano la navigazione.

Non tutti i mali vengono per nuocere. L'inefficienza mercantile ha assicurato la sopravvivenza di questi corsi d'acqua, che oggi sono oasi protette da un sistema diffuso di riserve naturali: l'altissima qualità ambientale è segnalata dalla presenza di granchi di fiume e tritoni alpestri, l'intatta macchia mediterranea è composta da querce e castagni, lecci e sughere, corbezzoli e lentischi, i boschi ospitano cinghiali, caprioli, tassi, istrici, faine e donnole. Proprio nel centro della riserva del Farma, il castello del Belagaio è destinato al popolamento animale, in particolare la riproduzione del cavallo maremmano. L'escursionista d'acqua dolce ha modo di dilettarsi, tra vasche naturali e canaloni. A fine percorso, le acque termali dei bagni di Petriolo promettono una botta di salute. Qui, l'erede degli stabilimenti frequentati dagli antichi romani è un lussuoso albergo apprezzato dai petrolieri russi.

La Val di Merse è un polmone verde tra le essenze mediterranee che impregnano la Maremma e i grandi spazi di terra e cielo che si aprono verso le Crete senesi e la Val d’Orcia.

E’ un ponte naturale tra l’Amiata e le Colline Metallifere, tra il mare e Siena.

Terra di transito dunque. In passato fu una sorta di via di fuga dalla costa flagellata dalla malaria verso le terre più salubri e ricche dell’entroterra.

La sua straordinaria solitudine è stato un forte richiamo per eremiti, pensatori, viaggiatori in cerca di pace. Ma non solo. L’antica vocazione industriale di quest’ampia valle ha creato un legame fortissimo tra l’uomo e il territorio attraverso la coltura del bosco, le “fabbriche” per la lavorazione del ferro, la molitura del grano e la lavorazione della lana.

Le tracce del passato sono evidenti e le pietre del medioevo qui non sono diventate salotti per turisti ma isole perfettamente integrate in un mare verde che conserva qualcosa di antico. Il medioevo del terzo millennio fatto di piazzette, archi e borghi trasformati in villaggi vacanze “autentici” per forza non è ancora arrivato. Prendere un caffè al bar a Monticiano, gustare un panino con affettati in una trattoria di Chiusdino, leggere il giornale in piazza a Sovicille, aspettare un tramonto che dipinge di rosso le pietre di Murlo significa vivere la realtà di questi luoghi dove la quotidianità e la normalità sono dimensioni di pura autenticità.

Il viaggio nella Val di Merse offre il diretto contatto col territorio, con la gente, nel segno di una semplicità disarmante e questo è il grande valore aggiunto di chi viaggia senza rimanere in superficie. E’ un viaggio antico ma allo stesso tempo futuristico perché essere turisti oggi significa muoversi in canali prestabiliti, verso mete precise. La Val di Merse invece è un territorio che esalta la libertà di movimento. Lo spirito di questo viaggio è antico perché ricalca esattamente l’ansia di scoperta che animava i viaggiatori del Grand Tour. Il movimento dei turisti settecenteschi aveva il suo motore nella ricerca delle tracce del passato attraverso l’archeologia: il vecchio diventava antico e insignificanti sassi si trasformavano in un viaggio nel tempo.

La Val di Merse è una mappa che si lascia scoprire giocando col tempo. Le tracce del passato diventano un percorso dove il viaggiatore non viene assalito dall’ansia di vedere tutto in poco tempo; è un invito a scandire i ritmi di un week end o di una vacanza spostandosi a piedi oppure provando il gusto di fermarsi in una piazza, nel cuore di un bosco, sul greto di un fiume per stabilire un feeling col territorio. Per i più audaci non mancheranno occasioni di grandi avventure alla scoperta di eremi, castelli, torri che sembrano voler fuggire dal mondo e sono raggiungibili seguendo sentieri solitari.

Terra di passaggio dunque di contaminazione. E’ così che si spiega il carattere multiforme della Val di Merse: impenetrabile, selvaggia, ispida come la Maremma; armonica, rilassata, lucente come le terre di Siena.

 

 

In varie zone del bacino Merse-Farma sono ben visibili i resti degli opifici che nel Medioevo sfruttavano l'energia dell'acqua e formavano una sorta di "sistema produttivo preindustriale".

Nelle vicinanze del castello di Monticiano e lungo il Farma nel territorio di Roccastrada, dalla fine del Duecento furono costruite numerose ferriere, dove le ruote idrauliche azionavano i mantici che soffiavano aria nei forni ed i pesanti martelli che battevano a caldo le masse di metallo. Nell'area di Chiusdino, dopo il Mille, sorsero castelli specializzati nello sfruttamento dei giacimenti minerari locali (Miranduolo) e potenti monasteri che edificarono decine di mulini per la macinazione del grano e gualchiere per la lavorazione della lana (S. Galgano, S. Maria di Serena).

Nei pressi di Murlo la lavorazione dei metalli ha lasciato consistenti tracce fin dall'epoca etrusca (Poggio Civitate), mentre nel Medioevo esistevano numerosi mulini gestiti da monasteri e famiglie aristocratiche.

Inoltre lungo il tratto di fiume compreso tra Brenna ed Orgia, nel territorio di Sovicille, alla metà del '200 l'abbazia di S. Trinità di Torri ed il Comune di Siena costruirono in società una serie di grandi mulini, in grado di rifornire di farina la città. Per alimentarli, i monaci realizzarono un'opera di alta ingegneria idraulica, sbarrando il corso del fiume e scavando un canale lungo diversi chilometri, ancora oggi in funzione. Inoltre furono costruiti imponenti edifici fortificati, dotati di molte ruote idrauliche, coppie di macine e macchinari per battere i panni di lana.

Questo "Sistema dei mulini" sarà visitabile già dai prossimi mesi tramite un sentiero corredato di pannelli esplicativi che dal castello di Montarrenti giungerà fino al Mulino Palazzo. E' il primo dei percorsi previsti nel progetto "I segni della storia", promosso dal Consorzio TeA e dall'Università di Siena per permettere la riscoperta delle antiche aree produttive dislocate nella valli del Farma e del Merse.

 

Maria Elena Cortese

 

 

Il gusto e il fascino della scoperta sono il filo conduttore del viaggio nella Val di Merse dove è semplice raggiungere luoghi che hanno dell’incredibile. Torna l’infantile emozione di comunicare con le pietre, con i ruderi che raccontano frammenti di storia ma soprattutto stimolano la fantasia che va molto oltre la conoscenza degli eventi storici. Sono luoghi che in un lontano passato hanno provato echi di preghiera e l’acre odore di scontri e battaglie; oggi sono immersi nella pace più assoluta e regalano l’opportunità di viaggiare assaporando atmosfere particolari; quelle atmosfere che aleggiano in luoghi ancora integri, non ancora soffocati dalla forza travolgente del turismo massificato. Quasi tutti i luoghi “segreti” della Val di Merse vengono regolarmente ignorati dai grandi flussi turistici; ognuno può seguire la mappa della propria caccia al tesoro e fare le proprie scoperte.
L’abbazia cistercense di San Galgano è l’icona più forte, il simbolo di questa terra. Storicamente e architettonicamente è uno degli edifici religiosi più importanti del senese e, dopo l’abbazia laziale di Fossanova, costituisce insieme alla vicina cappella di Monte Siepi, l’espressione più autorevole in Italia dello stile gotico-cistercense.

L’ordine Cistercense nasce a Citeaux, in Borgogna, nel 1098 allo scopo di affermare con più disciplina la regola benedettina che si andava attenuando. I monasteri cistercensi venivano costruiti in tutta Europa, generalmente sulle principali vie di comunicazione, sulla strada per Citeaux.

 

Profumi e sapori della Val di Merse affondano le loro radici in una terra che, anche in un passato di grande povertà, ha sempre offerto la possibilità di una cucina tanto semplice quanto ricca e sostanziosa. Antichi saperi si sono tramandati di casa in casa, di famiglia in famiglia e ancora oggi sedersi a tavola significa vivere un rito che ha qualcosa di profondamente umano. In tempi di globalizzazione è possibile mangiare piatti etnici praticamente ovunque. C’è grande interesse per i sapori esotici. Ebbene mangiare in Val di Merse ha qualcosa di esotico perché invece di andare lontano nello spazio ci si sposta nel tempo, andando a scoprire sapori antichi, oramai ignorati da un mangiare quotidiano che deve fare i conti con tempi sempre più ristretti. Nei rinomati templi del sapore si rincorrono la composizione eccentrica e l’elaborazione dei sapori. Sui fornelli e nei piatti della Val di Merse non c’è nessuna elaborazione se non i segreti di una tradizione strettamente legata alle vicende del territorio e degli uomini.

 

Tratto da: Terre di Siena - Val di Merse -

 
     
 

Abbazia di San Galgano

 
     
 

Murlo

 
     
 

Terme di Petriolo