Morfologia
Alcune
specie animali e vegetali, a causa del loro
interesse economico, estetico, venatorio, alieutico,
sono state di proposito introdotte in molte aree
geografiche lontane da quelle originarie; altre
hanno inconsapevolmente sfruttato i mezzi di
trasporto umano e il gran viaggiare per il mondo
tipico della nostra specie, ampliando rapidamente e
talvolta in modo consistente la loro distribuzione.
L'uomo è dunque, di fatto, un non trascurabile
agente della diffusione degli organismi su scala
mondiale. La specie che viene subito in mente non
può che essere il variopinto fagiano {Phasianus
colchicus), la "selvaggina" per eccellenza della
gran moltitudine dei cacciatori nostrani.
La storia del fagiano
inizia in Oriente, dove, fra l'Asia Minore e la
Cina, sono distribuite una trentina di sottospecie
di questo magnifico uccello. Ed è certamente per
motivi estetici che i Romani per primi introdussero
in Europa i fagiani colchici, provenienti cioè dalla
mitica regione della Colchide, nome che ancora è
richiamato nella denominazione scientifica della
specie.
Dapprima quindi il
fagiano fu un ornamento per parchi e giardini di
ville patrizie e forse, fuggendo da questi luoghi,
qualche individuo si riprodusse anche in libertà.
Successivamente venne introdotto in riserve di
caccia di nobili e re, ma solo dalla metà di questo
secolo in forma tanto generalizzata e massiccia da
far scadere nella banalità questa "nobile"
selvaggina; cosicché ora gli stessi cacciatori hanno
affibbiato al fagiano l'appellativo poco nobilitante
di "pollo colorato".
In ampie zone delle
pianure coltivate e delle colline, in aree boscose
come in quelle a coltura intensiva, presso fiumi, in
ambienti palustri, in risaie e anche in ambienti più
asciutti, purché non lontani da un fiume o uno
stagno, i fagiani si trovano perfettamente a loro
agio.
In primavera i maschi
cominciano a delimitare i loro territori con sonori
richiami. Le loro tendenze poligame sono note e ogni
singolo maschio può accaparrarsi harem che contano
fino a 10 femmine, anche se, in condizioni naturali
e dove le proporzioni fra i sessi non sono troppo
falsate dal prelievo venatorio, esse sono
solitamente non più di due o tre.
In aprile-giugno in
una fossetta del terreno ben celata fra la
vegetazione, magari fra i rovi del sottobosco di una
macchia di robinie o all'ombra di un altrettanto
americano cespuglio di fitolacca, la femmina depone
8-12 uova di colore oliva-brunastro, che cova con
assiduità per 23-28 giorni. I piccoli, non meno
precoci dei pulcini di un qualsiasi pollaio, seguono
subito la madre alla ricerca del cibo e già a una
dozzina di giorni di età tentano i primi incerti
voletti. L'attaccamento alla famiglia è però
piuttosto forte per cui passeranno almeno altri due
mesi prima di abbandonare la guida della genitrice.
In questo periodo i fagianotti divorano una gran
quantità di larve di formica, e inoltre larve di
coleotteri, cimici, afidi. Anche per gli adulti il
periodo estivo è caratterizzato da una prevalenza di
artropodi nella dieta, che però nel complesso
risulta onnivora.
I fagiani si nutrono
di una gran varietà di semi, granaglie, radici,
frutta, bacche, invertebrati e anche di piccoli
vertebrati. Fra questi ultimi è accertato come siano
compresi anche piccoli rettili quali natrici dal
collare e persino giovani vipere. In inverno, i
fagiani che sono riusciti a passare incolumi la
stagione venatoria si riuniscono in gruppi, spesso
approfittando del cibo che viene loro messo a
disposizione nelle riserve di caccia per aiutarli a
superare la cattiva stagione al fine di conservare
buoni riproduttori per l'anno successivo. Questi
uccelli sono infatti sensibili agli inverni molto
freddi è nevosi, così come ad estati troppo
siccitose. Altra causa di mortalità, che tocca il
60-80% della popolazione al primo anno di vita, è
dovuta alla predazione di pulcini e femmine in cova
da parte di volpi, mustelidi e anche cani randagi. È
quindi ovvio che, in seguito a una gestione
venatoria non particolarmente oculata (da parte di
alcuni cacciatori), l'unico rimedio per riportare la
popolazione a livelli accettabili sia la pratica del
ripopolamento. E' comunque anche vero che se, in
alcune zone d'Italia, ancora regge il grande
proliferarsi di detto volatile - per esempio la
Provincia di Siena - il merito, in gran parte, vada
attribuito ai cacciatori che, "con grandi sacrifici
e gratis", si accollano il lavoro di cattura e
ripopolamento.
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