SS. Quirico e Giovanni in Vico Falcino |
SS. Quirico e Giovanni in Vico Falcino o Palecino: oggi podere Pievecchia, sotto Montalcino o mons Falcinus, già vicus Falcinus. La Pieve era detta vecchia rispetto alla nuova di S. Salvatore, posta entro il castello di Montalcino. Quest'ultima ebbe il titolo e i privilegi di chiesa plebana nel 992, quando il papa Giovanni XV concesse all'abate di S. Antimo, Bosone, di potervi erigere il fonte battesimale "sicut in altera plebe, in ecclesia Sancti Iohannis" ("come nell'altra Pieve, cioè nella chiesa di S. Giovanni") (Archivio di Stato di Siena, Diplomatico, pergamena ad annum).
La stessa Pieve di S. Giovanni è menzionata nel 1153 in una Bolla di Anastasio IV diretta a Guido, abate di S. Antimo. Nella seconda metà del IX secolo, smembrando una parte di territorio alla Pieve di Cosona, era stata costituita la nuova Pieve di S. Quirico d'Orcia, o S. Quirico in Osenna (Nosinna, Rosenna), ricordata per la prima volta nell'elenco dei battisteri dell'881, pubblicato dal Pasqui nel suo Codice Diplomatico Aretino, a meno che la sua menzione, come quella contenuta nella carta del 998, non siano dovute alle interpolazioni del primicerio Gerardo di Arezzo che trascrisse quei documenti verso il 1040. Nel secolo successivo compare nell'Itinerario di Sigerico di Canterbury del 990-994, con l'annotazione: "XII Sce Quiric.".
Successivamente menzionata nell'elenco dei battisteri del 998 e in una carta aretina del 1015 (U. PASQUI, Documenti per la Storia di Arezzo nel Medioevo, vol.I), in cui appare che il vescovo Adalberto dona ai Canonici della Cattedrale tutte le decime della "Plebs sita in loco qui dicitur Nosinna et est dedicata in honore S. Quirici et S. Iohannis Baptistae". Evidentemente per distinguere le due Pievi, nei documenti intorno al 1000, quella dei Santi Quirico e Giovanni in Montalcino perde il primo Santo titolare S. Quirico d'Orcia e si limita a riportare il secondo titolare S. Giovanni.
Alla nuova Pieve di San Quirico d'Orcia viene assegnato come toponimo Osenna, proprio della Pieve di San Vito in Osenna o in Foenna, dato che quella Pieve e il suo toponimo, proprio nell'anno 881, era scomparsa dagli elenchi delle diciannove Pievi contese. Secondo una testimonianza del 714 del prete Aufrit addetto all'oracolum di S. Pietro d'Asso, oggi podere S. Piero, gli uomini, di origine senese di S. Ansano (oggi podere Santo Sano, presso Vignoni), portavano a battezzare i loro figli a volte a San Vito in Pruniano, a Torrenieri, a volte a San Quirico in vico Palecino e a volte a Cosona.
La "Plebes de Montealcino" rammentata in una Bolla di Clemente III del 1189 (G.A. Pecci, Storia del Vescovado di Siena), come appartenente alla diocesi di Siena, è da identificarsi non con Pievecchia, ma con quella "basilica" o cappella dedicata a S. Ansano edificata verso la fine del secolo VII da alcuni uomini senesi del luogo, e consacrata da un vescovo di Siena, dietro richiesta dei sacerdoti maggiorenti di Arezzo, essendo vacante la sede aretina. Nella quaresima del 715 il vescovo Adeodato di Siena vi fece collocare un fonte battesimale e lo consacrò di notte alla luce di un lume. Pio vi assegnò come Rettore un ragazzo consacrato presbitero a 12 anni, il quale "non sa fare il vespero, ne' il mattutino, ne' sa cantare la Messa", come riferiscono Orso, prete di San Felice a Castiglione d'Orcia e Aufrit, prete di San Pietro d'Asso.
Nel 1081, tra i preti senesi figura un "Cencio Plebanus de Saturgniano" e in un documento del 1189 si menziona tra le Pievi senesi la "Plebs de Saturniano cum omni iure quod habet in ecclesia Sanctae Mariae quae est in burgo Sancti Quirici in Osenna et circumadiacenibus locis". Nel 1180 Pepone, Proposto di Vignoni, attesta di ricordare che nel 1124, essendo egli chierico della Pieve di Saturniano, quella chiesa mandò al proprio vescovo Gualfredo di Siena che si trovava in San Quirico, alcune some di legna da ardere. Il santo titolare del battesimo, S. Quirico, unito nella sua Passione e Santa Giulitta, è da identificarsi, con tutta probabilità, con Acilio (Quirico) Flavio Domiziano, figlio di Flavio Clemente e di Flavia Domitilla, sposato spiritualmente a Giulia (Giulitta) Mariamne Petronilla.
Il toponimo "Falcino", da cui poi, "Alcino", è da collegarsi, probabilmente, con il culto locale verso il dio etrusco Veltuna, Veltha o Volcanus, deus princeps Etruriae o il primo degli dei dell'Etruria.
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