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Nell'osservazione della campagna senese non può
sfuggire, all'occhio del visitatore - specie guardando dall'alto - la
singolarità di tre specchi d'acqua, due piccoli ed uno molto grande,
raccolti in un breve spazio; divisi - i primi due dal secondo - da una
serie di modesti dossi che tendono ad esaurirsi verso nord tanto da far
sembrare, ad una prima impressione, che si tratti di un'area omogenea da
un punto di vista geologico, storico, culturale, etnografico ecc.
Tuttavia l'Alieno - cui idealmente mi rivolgo - certo si chiederà se
tutto è così semplice come appare a prima vista ed ha ben ragione di
farlo, perché nella terra che ha deciso di sottoporre a più attenta
osservazione, nulla è semplice, lineare, comprensibile e spiegabile in
poche parole.
Non è semplice e lineare il territorio; non è semplice e lineare la sua
storia; non è semplice e lineare la mentalità della sua gente, sia
quella che lo ha abitato nei millenni passati, sia quella attuale.
Il visitatore adesso si trova ad osservare il territorio senese sul
limitare orientale: la valle della Chiana.
Il piede occidentale della serie di dossi, cui
prima ho fatto cenno, segna il confine tra la Toscana e l'Umbria.
I due piccoli laghi o Chiari fanno parte del territorio senese, mentre
quello più grande è ricompreso nel territorio perugino: così ha voluto
una lunga serie di vicissitudini storiche.
L'origine geologica dei tre laghi è comune. Analisi
fatte dagli studiosi del settore - riducendo ad estrema sintesi lo stato
delle attuali conoscenze - si può dire che, avviatosi il corrugamento
appenninico settentrionale nell'era geologica terziaria e, più
precisamente, in epoca miocenica, la zona comprendente i laghi in
questione si presentava ancora come un ampio golfo marino.
Gli ulteriori corrugamenti orogenetici della fase finale miocenica
congiuntamente ai movimenti tettonici della successiva epoca pliocenica
portarono, progressivamente, alla creazione di un grandissimo lago
comprendente la Valdichiana ed il bacino del Trasimeno; così i laghi
attuali non sarebbero che "relitti" di quell'antichissimo specchio
d'acqua.
Per completezza va aggiunto che non tutti gli studiosi concordano sul
punto finale, propendendo non pochi per più articolate "vicende"
terminali, che avrebbero differenziato la conformazione della vallata,
rispetto al bacino lacuale. Il territorio in questione si sarebbe ancora
modificato per un ulteriore innalzamento della vallata della Chiana e
della zona a sud-ovest, che avrebbero reso chiuso l'attuale bacino del
Trasimeno.
Il fatto, peraltro, non sposterebbe sostanzialmente il dato dell'origine
comune. Sono state le vicende storiche, soprattutto dell'ultimo
millennio, che hanno portato alla creazione del confine prima politico,
poi amministrativo.
Etruschi e Romani avevano - in successione - occupato ed utilizzato il
territorio nel suo complesso. Poi, con il disfacimento dell'Impero
Romano, si avviarono quei processi che portarono - nel periodo
altomedioevale - alla creazione di comunità contrapposte, tutte
particolarmente interessate ad accaparrarsi i proventi di questa ampia
zona particolarmente ricca per i prodotti dell'agricoltura e della
pesca, per le erbe palustri, oltre che per il legname e per la
selvaggina. Siena, Arezzo, Perugia, Orvieto, direttamente o tramite i
rispettivi alleati, si disputarono accanitamente in periodo comunale
ogni più piccola porzione di questo ampio territorio; poi si
sostituirono Firenze e Roma e così, attraverso il tempo, si
determinarono i confini tra Stati e, con l'unità d'Italia, tra regioni.
L'ampio particolare della famosa veduta a
volo d'uccello, eseguita da Leonardo nel 1502 e conservata
presso la Royal Library di Windsor al n: 12278, offre uno
spettacolare quadro d'insieme della valle e del bacino del
Trasimeno prima dell'inizio dei sistematici lavori di
bonifica.
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L'attuale modestia dei due laghi o Chiari non deve trarre in
inganno, perché, con l'antichissima origine da un enorme lago,
possono vantare una vita avventurosa e travagliata che li ha visti
mutare di estensione e, addirittura, essere di nuovo parte di un
lago molto più vasto, come nella carta di Leonardo da Vinci (sopra);
amati ed odiati perché fonte di vita e di morte per le popolazioni
circostanti.
Questa storia fa parte integrante di quella della Valdichiana; lunga
storia che ha ispirato versi, che ha riempito di relazioni e disegni
gli archivi di alcuni Stati, che ha fatto stampare montagne di
pagine, che ha appassionato e appassiona ancora.
Se gli Etruschi abbiano bonificato o, comunque,
fatto specifici interventi per la regolamentazione delle acque della
valle è oggetto di grande disputa tra gli studiosi e questione
ancora irrisolta e, probabilmente, irrisolvibile. Prove sicure non
esistono, ma un dato è incontrovertibile. Se, come dice Livio "Non
unquam alias ante tantus terror senatum invasit; adeo valida rese
tum Clusina erat magnumque Porsennae nomen." (Mai altre volte in
passato un terrore tanto grande aveva invaso il senato; tanto
potente era allora lo Stato di Chiusi e grande la fama di Porsenna),
la situazione del territorio chiusino sul finire del IV secolo a. C.
non poteva essere certo disastrosa.
A
titolo di esemplificazione per le prime basta dire che i classici
latini sono pieni di citazioni sulla ubertosità della vallata e
Siila, per ricompensare i suoi legionari della vittoria definitiva
ottenuta, non offrì certo territori affetti dalla piaga della
malaria. Mentre per le seconde possono essere citati il diverticolo
della antica via Cassia che percorreva, appunto, la vallata e la
riforma amministrativa augustea che, nell'ambito della VII regione,
comprendeva il Clusium Novum.
Gli dei, dunque, si specchiavano nei Chiari ed il fiume Chiana,
congiungendosi con il Tevere, consentiva di trasportare direttamente
a Roma ogni genere di mercanzie. Poi fattori ambientali ed eventi
politici trasformarono la Valdichiana nella terribile palude
descritta da più autori.
Sulla
determinazione dell'impaludamento vengono fatte diverse ipotesi:
progressiva inversione del corso della Chiana dal Tevere all'Arno
causata da un lentissimo movimento tettonico che per un lungo
periodo causò una sorta di bilico per cui le acque non avevano
pendenza in alcuno dei sue sensi; fenomeni alluvionali resi
imponenti dalla scarsa pendenza della valle e dal fitto reticolo di
fiumi, torrenti e rivi che in entrambi i versanti portavano acqua
nel solco centrale; abbandono delle cure della terra, iniziato nel
corso del basso impero, proseguito per le ripetute invasioni
barbariche e, successivamente, per il sistema di utilizzazione del
territorio proprio del feudalesimo.
In effetti Siena, Arezzo sostituito poi da Firenze, Perugia e lo
Stato della Chiesa - per le porzioni di territorio sottoposte alla
loro ingerenza - già da secoli, rispetto al rilevamento di Leonardo,
si dibattevano con il problema dell'impaludamento ma non potevano
dare che risposte settoriali, senza curarsi dell'insieme del
problema o, addirittura, osteggiando soluzioni giovevoli ai
rispettivi nemici.
La
situazione mutò radicalmente con l'annessione dello Stato senese a
quello fiorentino, avvenuta attorno alla metà del XVI secolo. Casa
Medici, che aveva già avviato l'acquisizione di vasti tenitori
paludosi dalle comunità sottoposte alla sua sovranità impegnandosi,
con le stesse, a bonificarli ed a pagare annualmente un
corrispettivo in natura, proseguì in questa pratica nei nuovi
tenitori e così, rapidamente, si trovò ad essere proprietaria di
gran parte del fondovalle.
Si verificò, pertanto, un curioso connubio tra interesse privato e
pubblico che rese palese l'esigenza di trovare una soluzione
definitiva al problema dell'impaludamento. Così prese avvio quella
serie di studi che proseguirà ininterrotta - tra grandi contrasti
teorici e conseguenti incertezze operative - per circa tre secoli.
La
mira finale era il prosciugamento dell'intera vallata, ma le ragioni
dell'accanita disputa dipendevano dal metodo con cui arrivarci:
sistema delle colmate o sbassamento del Canale Maestro e,
conseguentemente, della chiusa dei Monaci in prossimità di Arezzo.
Lo sbassamento della chiusa era osteggiato perché sarebbe venuto a
mancare quel diaframma che impediva il deflusso incontrollato delle
acque della valle nell'Arno, con grande timore per le eventuali
piene di quest'ultimo.
Per contro la bonifica con il sistema delle colmate (che consiste
nel convogliare artificialmente uno o più corsi d'acqua in un tratto
arginato di palude, per far sollevare il terreno attraverso il
deposito alluvionale dei detriti da essi trasportati) era avversata
per i tempi inevitabilmente lunghi che comportava.
Pur in questo perenne contrasto ampie zone della valle - procedendo
da nord verso sud - furono bonificate; e diminuì, progressivamente,
lo spazio in cui le acque non avevano pendenza. Ma a complicare le
cose si fece più acuto il contrasto tra il Granducato di Toscana e
lo Stato della Chiesa, a causa delle acque che dalla valle
seguitavano a scorrere verso il Tevere e considerate da Roma - alla
stessa stregua di Firenze - fonte perenne di pericolo. Da questo
intricato insieme consegue la peculiare sorte dei due Chiari, che
restarono inclusi nella zona più riottosa a piegarsi alla bonifica.
Era
avvenuto che, a forza di studiare e operare, la parte di vallata che
ci interessa era rimasta intrappolata tra il regolatore o Callone di
Valiano, costruito per timore che le parti della valle più a nord
già bonificate finissero nuovamente sott'acqua, e gli argini fatti
costruire dallo Stato Pontificio per impedire che i Romani facessero
la stessa fine.
Risultato: per un secolo abbondante continuarono a rimanere "a
bagno" Chiusini e Poliziani. Tanto tempo corre, infatti, tra l'epoca
delle opere commissionate da Giangastone, ultimo dei Medici - che
avevano fatto arrivare la bonifica praticamente a ridosso della zona
d'interesse -ed il progetto dell'ingegner Alessandro Manetti che
portò alla soluzione finale del problema, facendo scomparire
l'ultimo angolo della suggestiva e terribile palude chianina. Fa un
po' sorridere la considerazione che erano stati necessari tre secoli
per capire - ciò che fece il Manetti - che la soluzione poteva
scaturire, semplice e facile, solo dall'applicazione del sano
aforisma "in medio stat virtus". Bastava, infatti, miscelare con
accortezza lo sbassamento del Canale Maestro con la colmatura dei
terreni ed il giuoco era fatto.
Ma l'Alieno non ironizzi sull'aurea mediocrità della soluzione a
tanto problema; deve sapere che la scelta del Manetti fu
soffertissima perché maturata e presa in netto contrasto con le idee
del suo superiore e maestro, nonché nume tutelare della bonifica,
Vittorio Fossombroni.
La
valle in pochi anni cambiò di aspetto: il vasto alveo palustre dei
fetidi stagni è ora ridente di ricche messi e di vigne; la
riacquistata salubrità del clima ha ridonato agli abitanti l'antico
vigore, e la copia delle raccolte fa loro gustare i comodi della
vita." ed, a conferma di ciò, nella mappa della valle si vedono i
due Chiari ridotti a modesti specchi d'acqua dai ben delimitati
confini.
Certo non finiscono qui gli interventi di bonifica perché i lavori,
sulla traccia del piano ideato dal Manetti, proseguirono fino a dopo
l'annessione della Toscana al Regno d'Italia e, poi, con qualche
variante furono ultimati verso la fine del secolo scorso.
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