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Mezzadri e mezzaioli nella Valdichiana delle Fattorie Gran Ducali |
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La mezzadria ( dal termine del tardo latino " mediatarus", cioè "colui che divide a metà") si era diffusa in Italia e in varie parti d'Europa a partire dal basso Medioevo , come rapporto produttivo agricolo inquadrato nel sistema feudale. In Italia fu particolarmente importante in Emilia-Romagna, nelle Marche, in Toscana e in Umbria. Si trattava di un contratto agrario d'associazione con il quale un proprietario di terreni (chiamato concedente) e un coltivatore (mezzadro) si dividevano (normalmente a metà) i prodotti e gli utili di un'azienda agricola (podere). |
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Mezzadrie mezzaioli nella Valdichiana della bonifica (1990) di : Ivo Biagianti, [9 febbraio 1946, docente di Storia della Toscana moderna e contemporanea e di Storia dell’età dell’Illuminismo, presso la Facoltà di Lettere e Filosofia (con sede in Arezzo), dell’Università di Siena, ha condotto una serie di ricerche relative alla storia della Toscana in età moderna e contemporanea, che hanno avuto per oggetto principale, da un lato il cambiamento sociale dalle riforme settecentesche all’età napoleonica, e dall’altro le grandi trasformazioni economico-sociali (industrializzazione, movimento operaio, vicende politiche, associazionismo) della società toscana fra XVIII e XX secolo.] |
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per intero:
La situazione peculiare di una regione paludosa, come la Valdichiana nell'età moderna, si caratterizza per la presenza di una figura specifica dell'universo contadino, quella del mezzaiolo, che è forse opportuno definire meglio, esaminandola a confronto con il mezzadro, all'opera in un contesto concreto, quello dei lavori di bonifica e appoderamento. La condizione del mezzaiolo, che a volte viene considerato sinonimo di mezzadro, rappresenta una collocazione precedente alla mezzadria, un rapporto di colonia che in Valdichiana viene utilizzato in forma molto consistente nelle terre parzialmente risanate dal padule ma non ancora appoderate.
Nelle campagne assume un ruolo parallelo a quello del mezzadro, ma si trova in una collocazione più debole e precaria rispetto alla terra e alla proprietà, sia essa di carattere pubblico o privato. Durante tutto il tempo della bonifica nelle varie fattorie della Valdichiana, accanto al corpo omogeneo delle famiglie mezzadrili in aumento, c'è un numero consistente di queste famiglie di mezzaioli, via via in diminuzione, addette ai vari lavori necessari per il completamento o l'ampliamento delle opere di sistemazione agraria e per la coltivazione delle «terre spezzate», cioè non ancora accorpate in unità poderali.
Qui invece, in terra di bonifica, il termine mezzaiolo sta a suggerire una condizione di colonia parziaria specifica, di somiglianza con il mezzadro, di aspettativa di diventare mezzadro, ma di stato momentaneo diverso, di colono privo di insediamento stabile nel podere e nella relativa casa colonica.
Ma le fattorie non nascono come qualcosa di già strutturato una volta per tutte, come le possiamo trovare a metà Settecento o meglio ancora ai primi dell'Ottocento: all'inizio non sono altro che lo sbozzo di una prima aggregazione dei beni che devono essere coltivati e amministrati localmente con il ricorso ad agenti che risiedono sul posto, al centro dei beni, nella casa di fattoria. Mancano spesso le abitazioni rurali, il processo di appoderamento è lento; ed in questa fase i mezzaioli costituiscono la presenza prevalente nei fondi. A loro è affidata la sistemazione delle colmate o la coltivazione dei beni non ancora appoderati. Anzi la presenza del mezzaiolo presuppone l'esistenza di aziende agrarie largamente dotate di capitali e durevolmente impegnate nel coordinamento dei lavori di bonifica ed assetto del territorio
. Con i primi decenni del Settecento si assiste ad uno slancio rinnovato nel campo della bonifica, che produce il recupero dei due terzi dei terreni impaludati da secoli, e alla costruzione di molte case, come nota l'abate Corsini nel 1742.
La mezzadria con la casa colonica impiantata nel podere si sviluppa gradualmente, mentre nella fase transitoria fra bonifica idraulica e realizzazione di una proporzionata edilizia rurale, le terre sono lavorate da mezzaioli, ossia da coloni privi di casa e caratterizzati da un rapporto precario con il fondo che coltivano.
In una Statistica della Valdichiana pubblicata nel 1828 si legge a questo proposito che nella classe dei contadini vengono compresi anche lavoratori che "abitano il contado", ma sono privi di podere, "mentre prestano l'opera manuale ai proprietari, ed ai contadini propriamente detti. Sono questi ultimi costretti a stare in questa classe, perché li mancano i fondi per provvedersi gli strumenti agrari, come per non avere i mezzi, onde procurarsi il necessario vitto per il primo anno che corre dalla prima sementa alla prima raccolta. Vi sono tra questi dei molto industriosi ed economi, che giungono ad avere questi capitali, ed allora passano alla classe dei contadini coltivatori in società parziaria d'un podere. Nella provincia questi lavoratori di campagna sono chiamati pigionali, ed il loro nome vero sarebbe quello di contadini senza podere".
Gli statuti di Lucignano del 1569 dedicano il capitolo XXI alla determinazione delle norme relative ai mezzaioli; i beni della Fraternità dei Laici di Arezzo, il più grosso ente pio laicale della provincia, fino alla metà del XVII secolo sono "allogati", spesso in unità molto piccole e frazionate, o concessi a livello; solo dalla metà del Seicento viene introdotto il criterio della concessione dei beni a mezzadria. Ancora nella seconda metà del Seicento in alcune terre possedute dall'Ordine di Santo Stefano (comuni di Marciano e Foiano della Chiana) la coltivazione era affidata interamente a mezzaioli.
Così nella fattoria di Font'a-Ronco, al momento della vendita alla Religione di Santo Stefano, nel 1651 ci sono solo 9 poderi sistemati a mezzadria, dei quali uno, quello della Villa di Sopra in comune di Montagnano, è privo di casa "e ne tiene a pigione una dalli eredi di Giulio di Vestro Becarini e se ne paga scudi 8 l'anno", mentre il resto è coltivato da 14 mezzaioli. Nel 1746 i poderi sono saliti a 19, segno evidente che l'opera di bonifica e il lavoro di sistemazione agraria svolto dai mezzaioli ha portato anche qui ad una sistemazione complessiva dell'azienda. Infine nella Fattoria di Bettolle e Torrita, al momento della vendita nel 1662, ci sono tredici poderi sistemati a mezzadria, mentre il resto è coltivato con il ricorso a mezzaioli. Fra la seconda metà del Seicento e la metà del Settecento, cioè nei decenni di massima intensità della bonifica, i mezzaioli nella vallata hanno una presenza forse prevalente sui mezzadri.
È tenuto a mettere tutto il seme delle coltivazioni, come il mezzadro impiantato nei fertili terreni provenienti dalla bonifica, ad eccezione della canapa e della saggina. Mentre i mezzadri ricevono regolarmente le somministrazioni di grasce, nelle situazioni di bisogno, i mezzaioli spesso sono esclusi da questa previdenza, in quanto il proprietario non è certo di potersi rivalere nei loro confronti. Con l'avanzamento della bonifica e la riduzione del ruolo dei mezzaioli, spesse volte assume la collocazione di mezzaiolo anche il personale dipendente dalla fattoria, come il guardia o il vaccaio o il sotto-fattore che, oltre a ricevere un salario per la loro opera alle dipendenze del fattore, possono coltivare qualunque tenimento di terra o prestare il proprio lavoro saltuario nelle terre "tenute a mano di fattoria".
Non essendo legato al podere come il mezzadro, non gli è impedito di prestare la sua opera in tutti quei lavori straordinari diretti dall'agente nelle fattorie, per i quali la contabilità aziendale evidenzia una spesa a parte e che vanno dalla raccolta dei fieni, dei legnami, dei bozzoli, ai lavori per le nuove coltivazioni, per il mantenimento di argini, per la custodia di grasce e di cavalli della scuderia, per la manutenzione o la costruzione di colmate, fiumi, strade, ponti, fossi, scoli, e altri lavori di bonifica, oppure per l'edificazione di nuove fabbriche, la produzione di materiali edilizi alle fornaci, etc.. Non è nemmeno ostacolato dal lavorare pezzi di terra di diversi proprietari e dall'accedere ai mercati per rifornirsi dei generi di cui necessiti o per fare commercio dei propri raccolti, ammesso che superino le necessità dell'autoconsumo familiare; può anche impegnarsi nei trasporti di merci altrui: insomma è un lavorante dai mille mestieri, come è stato detto.
Nelle terre di bonifica, però, la sua caratteristica peculiare resta quella di un operante che è in attesa dello sviluppo della bonifica, dei risultati del dissodamento di nuove terre, per impiantarsi stabilmente su un podere, a mezzadria, magari sotto il padrone pubblico, la Religione di Santo Stefano o le Regie Possessioni, più comprensivo e tollerante, rispetto ai privati proprietari della vallata, al punto da raccomandare in continuazione che "rispetto ai crediti sopra i contadini, dalla Religione, come da chiunque sarà da Lei commissionato dell'esazione, si usi la maggior discretezza, ed il dovuto rispetto alle circostanze dei medesimi".
Inoltre l'incremento demografico, ripreso in forma durevole dalla metà del Settecento, porta alla formazione di una sovrappopolazione relativa nelle campagne, che non trova spazio nelle strutture abitative esistenti, per cui i nuovi nuclei familiari, ancora privi di podere, vivono in case o ambienti di fortuna, che possono essere ricavati negli annessi dei palazzi di fattoria o in case coloniche più grandi, negli abitati e nei borghi vicini alle terre da lavorare o in case di terra sui beni che coltivano.
In un caso rimane la descrizione del pertugio di un mezzaiolo che si è costruito "due capannuccie con tre pareti di terra per capanna [evidentemente le due capanne triangolari sono unite per un lato], una coperta di stianza, ed una di cannelli, ovvero tegolini". Ma in genere le descrizioni coeve illustrano l'esistenza di questa realtà senza specificare la dimensione, in quanto, come si legge in una relazione della seconda metà del Settecento, «il sistema praticato nel descrivere gli stabili [...è] quello di notare tutte le fabbriche nello stato presente avendo tralasciato soltanto le capanne, cantine formate di terra, e coperte di paglia, perché di breve durata, e che sono nella maggior parte formate a spese proprie dei lavoratori stessi".
Il loro rapporto di lavoro nelle terre spezzate è di durata indeterminata, ma in generale lo si intende limitato al ciclo colturale annuale e si può rescindere per la semplice convenienza del proprietario ad accorpare a poderi vicini le terre tenute dai mezzaioli o ad organizzarle in nuovi poderi. Per il mezzaiolo espulso dalla terra sono pensieri seri, quando deve cercare una nuova collocazione. La sua preoccupazione fa sì che trascuri i lavori agricoli, per cui nel 1785 il granduca Pietro Leopoldo interviene per evitare i danni all'agricoltura, ed in particolare agli interessi dei proprietari, provocati dal fatto che i coloni e i mezzaioli, quando sono "distratti dal pensiero di trovare nuovo podere, eseguiscono con lentezza le giornaliere faccende della campagna, e devono dividere le loro premure fra il vecchio, e il nuovo podere". Il Granduca dispone che, quando le parti non abbiano convenuto altrimenti con appropriati strumenti notarili, si applichi il criterio uniforme in tutto lo Stato, come una legge universale, in base al quale l'epoca delle licenze resta fissata subito dopo la prima semente di grano, segale e simili, cioè alla fine di novembre; dopo questo tempo il vecchio colono non può fare altre semine, o usare delle piante e delle altre coltivazioni, che restano assegnate al nuovo lavoratore. Entro la fine di febbraio il vecchio lavoratore dovrà lasciare le terre e la casa in cui è insediato, riconsegnando le bestie e le altre scorte tenute in dotazione del podere. Contemporaneamente il Granduca istituisce l'obbligo della denuncia dei poderi e delle terre rimasti vacanti entro i primi tre giorni di dicembre, consentendo così a mezzadri e mezzaioli di conoscere la disponibilità di fondi, in quanto ì registri nei quali si faranno le denunce saranno pubblici e dovranno essere esibiti a chiunque li domandi "senza la minima spesa".
Si tratta spesso di lavori preparatori all'appoderamento delle terre bonificate, che rendono possibile la sistemazione definitiva delle terre risanate, tra la fase del prosciugamento e quella della coltivazione agraria. Questo lavoro intorno alla terra che si sta recuperando dal padule alimenta la prospettiva per il mezzaiolo di diventare mezzadro, al momento in cui si formeranno nuovi poderi con le relative case ed annessi. È un processo lento di impianto graduale e progressivo sulla terra a lungo lavorata prima della sistemazione definitiva a mezzadria; è un'aspettativa che può durare anche più di una generazione, di padri che lavorano per la sistemazione dei propri figli; e non è detto che l'insediamento nel podere avvenga nella stessa terra a cui si è lavorato a lungo.
È vero che le clausole dell'affitto impegnavano gli affittuari ad "eseguire nuove piantagioni, bonifiche, miglioramenti fondiari in genere", compensati con sbassi sul canone, quando avessero superato un certo importo, ma i concessionari cercavano di sottrarsi a questi obblighi o di onorarli al minimo indispensabile, interessati come erano, in maniera presso che esclusiva, al commercio e alla speculazione sulle derrate cerealicole provenienti dalla Valdichiana.
a Bettolle ci sono 22 famiglie di mezzadri impiantati su altrettanti poderi e 11 mezzaioli; a Foiano si hanno 16 mezzadri e 5 mezzaioli, mentre nel 1746 i mezzaioli erano 23; a Font'a-Ronco ci sono 18 famiglie di mezzadri e 24 nella tenuta del Pozzo; i mezzaioli sono rispettivamente 11 a Font'a-Ronco, mentre al Pozzo i 9 mezzaioli che c'erano nel 1746 sono scomparsi e le terre da loro lavorate sono state annesse ai poderi vicini o assegnate a guardia. Dunque la presenza dei mezzaioli ammonta a 32 famiglie, contro 120 di mezzadri, rapporto percentuale del 21 e del 79. Ma la fase alta della presenza dei mezzaioli a questo punto deve essere stata già superata.
Nella fattoria di Montecchio compaiono ancora 40 poderi e 4 mezzaioli: uno è lo stesso guardia; a Bettolle 24 poderi e 5 mezzaioli, fra i quali le due guardie e i due vaccari; a Foiano su 17 poderi ci sono 3 mezzaioli, fra i quali il guardia e il vaccaio; a Font'a-Ronco su 23 poderi sono presenti 2 mezzaioli, di cui uno è il guardia, mentre nella tenuta del Pozzo i poderi sono 16 e c'è un solo mezzaiolo che è il guardia della tenuta, come a metà Settecento. Il numero complessivo delle famiglie mezzadrili è rimasto invariato, ma i mezzaioli sono scesi da 32 a 12, alcuni dei quali, per giunta, sono gli stessi dipendenti della fattoria, come il guardia o il vaccaio; il rapporto è passato al 91% di presenze mezzadrili contro il 9% di mezzaioli. Ma con il ritorno delle fattorie in amministrazione diretta e la ripresa intensificata dei lavori di bonifica e appoderamento il ruolo dei mezzaioli assume di nuovo un rilievo più consistente e la loro presenza numerica si rafforza.
Nelle fattorie dell'Ordine, nel frattempo salite a sette per divisione di alcune aziende, le famiglie di mezzadri sono diventate 147, ma anche i mezzaioli sono aumentati passando da 12 a 23; il rapporto fra le due categorie è rispettivamente dell'86,5% e del 13,5%.
Mezzadri, mezzaioli, case non adibite ai poderi e
popolazione complessiva nelle fattorie dell'Ordine di Santo Stefano
(1808)
Di una, il parroco annota: "le terre sono di più padroni", condizione evidentemente anomala, ma addirittura impensabile in un rapporto di tipo mezzadrile.
Un altro nucleo familiare qualificato come operante mezzaiolo viene giudicato "indigente casuale", in quanto le terre che lavora risultano "poche e sterili"; un'altra famiglia risulta composta da marito e moglie di 34 e 32 anni e di una figlia di tre anni, ai quali si aggiungono tre bambini di uno, due e tre anni, provenienti dagli ospedali di Castiglion Fiorentino e di Arezzo, evidentemente presi a balia per godere del sussidio di baliatico, corrisposto nei primi anni alla famiglia dall'ospedale. Nella parrocchia di Brolio, che comprende una buona metà dei beni della fattoria di Montecchio, su 67 famiglie, per un totale di 552 abitanti, non risultano nuclei di mezzaioli, ma ne compaiono 16 di braccianti, composte da un insieme di 79 individui, con una media quindi di 4,9 unità per famiglia, e che data la loro struttura nucleare, hanno una forte affinità con i mezzaioli di Montecchio. E nella parrocchia di Castroncello, dove si estende ancora la fattoria di Montecchio, non compaiono né mezzaioli né braccianti, ma su un totale di 134 famiglie, comprendenti 869 abitanti, si hanno 13 famiglie di giornalieri, composte da 60 individui, con una media di 4,6 unità per famiglia, assimilabili ai braccianti di Brolio o ai mezzaioli di Montecchio.
Nel 1854 si hanno 233 famiglie di mezzadri e 22 di
mezzaioli, rispettivamente 91% e 9% dei nuclei familiari, mentre le
percentuali passano al 96,7% e al 3,3%, se si considerano le unità che
compongono i nuclei familiari.
Le famiglie di mezzaioli sono di solito agili: la dimensione nucleare dell'aggregato domestico è di gran lunga prevalente, come sì può vedere dai registri delle famiglie coloniche di metà Ottocento, con una media di 5-7 individui per nucleo, al contrario delle famiglie di mezzadri, dove è assolutamente dominante la famiglia multipla con una media di persone che si aggira oltre 15 per aggregato. La piccola dimensione familiare è una caratteristica ricorrente e assolutamente peculiare. Essa aiuta a distinguere il mezzaiolo fisiologico dal mezzadro caduto in disgrazia e diventato mezzaiolo; mentre le poche eccezioni di famiglie ampie fanno pensare che si tratti di mezzadri di recente espulsi dal podere, le cui famiglie non si sono ancora frazionate nella prospettiva di un nuovo inserimento a podere.
Al momento del trasferimento dal demanio ai privati, nel corso del 1863-1866, i dipendenti delle varie fattorie vengono messi in disponibilità con una pensione annua oppure assunti con altri compiti alle dipendenze del ministero delle finanze, mentre i coloni restano nei poderi; dei mezzaioli non si fa parola. Probabilmente questa forza-lavoro espulsa dalle aziende con la privatizzazione delle fattorie fu in parte assorbita nei lavori stagionali legati alla manutenzione delle opere di bonifica, come canali, argini, fossi, e nelle grandi imprese per la realizzazione delle infrastrutture, linee ferroviarie, ponti, allacciamenti stradali, opere pubbliche in genere.
Agli inizi del Novecento il Signorini, nel saggio su L'agricoltura e i lavoratori della terra in Toscana, tra le varie categorie agricole, esaminate analiticamente, non trova più traccia dei mezzaioli.
La figura del mezzaiolo è scomparsa come tale, cioè
in quanto lavoratore precario che aspira ad una collocazione di tipo
mezzadrile nella terra bonificata e a lungo lavorata a metà con il
padrone, in un rapporto premezzadrile, senza casa e senza stabilità.
Per il mezzaiolo, invece, l'impianto nella mezzadria
rappresenta ancora la prospettiva; in fondo è animato da una mentalità
mezzadrile: lavora e si fa stimare con la consapevolezza che tanto più
sarà apprezzata la sua opera, tanto più sarà probabile che con il tempo
gli si presenti la possibilità di trasferirsi in un podere a prestare la
sua opera come mezzadro.
La cooperativa o la lega si presentano come prospettiva di una risposta nuova e diversa alla perenne precarietà del lavoro nelle campagne, ai margini delle fattorie e dei grossi poderi della Valdichiana. Allora la mentalità del mezzaiolo scompare e subentra la coscienza del bracciante, o meglio del pigionale, come viene indicato dai proprietari terrieri, che tanti allarmi suscita negli agrari toscani. A questo proposito scrive Carlo Massimiliano Mazzini, all'inizio degli anni Ottanta, che le condizioni dei pigionali "sono assai peggiori di quelle dei coloni a mezzeria [...e] la miseria del pigionale toscano troppo dolorosamente contrasta col relativo benessere della massima parte della rimanente popolazione, [... per cui] occorrerebbero rimedi speciali, perché speciali ne appariscono i bisogni sotto ogni aspetto [...], perché le conseguenze della miseria dei pigionali costituiscono appunto un pericolo, forse non prossimo e non grave, [...] ma pur sempre un pericolo". In provincia di Arezzo all'inizio del Novecento su 105.919 persone dedite all'agricoltura si contano 72.906 mezzadri, ma anche 15.523 salariati e giornalieri, cioè il 15% della popolazione rurale.
Essi svolgono il ruolo che per secoli era stato
proprio dei mezzaioli e rappresentano "la frangia mobile della
società contadina", l'elemento di turbativa nelle campagne, con
l'ansia del nuovo e l'aspirazione al cambiamento che li anima.
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