Mezzadri e mezzaioli

nella Valdichiana delle Fattorie Gran Ducali

 

La mezzadria ( dal termine del tardo latino " mediatarus", cioè "colui che divide a metà") si era diffusa in Italia e in varie parti d'Europa a partire dal basso Medioevo , come rapporto produttivo agricolo inquadrato nel sistema feudale.

In Italia fu particolarmente importante in Emilia-Romagna, nelle Marche, in Toscana e in Umbria.

Si trattava di un contratto agrario d'associazione con il quale un proprietario di terreni (chiamato concedente) e un coltivatore (mezzadro) si dividevano (normalmente a metà) i prodotti e gli utili di un'azienda agricola (podere).

     
     
    Libretto colonico  
     
 

Mezzadrie mezzaioli nella Valdichiana della bonifica (1990) di :

Ivo Biagianti,

[9 febbraio 1946, docente di Storia della Toscana moderna e contemporanea e di Storia dell’età dell’Illuminismo, presso la Facoltà di Lettere e Filosofia (con sede in Arezzo), dell’Università di Siena, ha condotto una serie di ricerche relative alla storia della Toscana in età moderna e contemporanea, che hanno avuto per oggetto principale, da un lato il cambiamento sociale dalle riforme settecentesche all’età napoleonica, e dall’altro le grandi trasformazioni economico-sociali (industrializzazione, movimento operaio, vicende politiche, associazionismo) della società toscana fra XVIII e XX secolo.]

 

 

per intero:

 

La situazione peculiare di una regione paludosa, come la Valdichiana nell'età moderna, si caratterizza per la presenza di una figura specifica dell'universo contadino, quella del mezzaiolo, che è forse opportuno definire meglio, esaminandola a confronto con il mezzadro, all'opera in un contesto concreto, quello dei lavori di bonifica e appoderamento. La condizione del mezzaiolo, che a volte viene considerato sinonimo di mezzadro, rappresenta una collocazione precedente alla mezzadria, un rapporto di colonia che in Valdichiana viene utilizzato in forma molto consistente nelle terre parzialmente risanate dal padule ma non ancora appoderate.

 

 

Tratto di Foenna nel colmatone di Bettolle


Il mezzaiolo resta a lungo una figura essenziale nei lavori di sistemazione agraria dei terreni strappati alla palude; percepisce come il mezzadro la metà dei prodotti delle terre lavorate, ma non ha casa legata al podere ed è privo di scorte stabili.

Nelle campagne assume un ruolo parallelo a quello del mezzadro, ma si trova in una collocazione più debole e precaria rispetto alla terra e alla proprietà, sia essa di carattere pubblico o privato.

Durante tutto il tempo della bonifica nelle varie fattorie della Valdichiana, accanto al corpo omogeneo delle famiglie mezzadrili in aumento, c'è un numero consistente di queste famiglie di mezzaioli, via via in diminuzione, addette ai vari lavori necessari per il completamento o l'ampliamento delle opere di sistemazione agraria e per la coltivazione delle «terre spezzate», cioè non ancora accorpate in unità poderali.


Altrove magari queste figure si indicano come pigionali o casanolanti, caratterizzandoli come nuclei familiari che non dispongono di un'abitazione propria legata alla terra, ma la tengono a pigione, come condizione abituale.

Qui invece, in terra di bonifica, il termine mezzaiolo sta a suggerire una condizione di colonia parziaria specifica, di somiglianza con il mezzadro, di aspettativa di diventare mezzadro, ma di stato momentaneo diverso, di colono privo di insediamento stabile nel podere e nella relativa casa colonica.

 

 

Opera di regolazione delle acque nel torrente Foenna


Durante le varie fasi della sistemazione idraulica, fondiaria ed agraria delle terre recuperate alla palude, il mezzaiolo è addetto in prevalenza alla lavorazione di terreni agricoli o alla loro rifioritura dopo il completamento della colmata, fino alla trasformazione delle terre risanate in campi appropriati alle colture cerealicole, cioè in «prese» rettangolari di medie dimensioni accorpate in un podere concesso a mezzadria. "Questi rapporti - scrive Giorgetti - furono largamente presenti, durante il Medioevo, anche nelle zone dell'Italia centro-settentrionale orientate verso l'appoderamento, e si conservarono più a lungo dove questo era ancora limitato o era contrastato da dissesti idro-geologici".


Prima della diffusione capillare della maglia poderale sulle terre in corso di bonificazione, il mezzaiolo è il protagonista principale del lavoro di recupero delle terre stesse dal padule. Se si considera che a metà Cinquecento un terzo della Valdichiana era sommerso dalle acque e che da quell'epoca al 1886 i lavori di bonifica hanno portato al recupero di circa 7.700 ettari, si ha presto un'idea dell'imponente lavoro necessario alla sistemazione del territorio, con opere di progressivo impianto delle colture, di sistemazione poderale, di costruzione di abitazioni e di ordinaria manutenzione degli impianti di regimazione delle acque.

 

 

Callone di Valiano,  regolatore in muratura munito di cataratte per il passaggio controllato delle acque.


Il lavoro di recupero delle terre del fondo paludoso portò alla costituzione delle grandi fattorie appartenenti alle Regie Possessioni, ossia al Granduca stesso, in parte vendute durante la seconda metà del Seicento alla Religione di Santo Stefano.

Ma le fattorie non nascono come qualcosa di già strutturato una volta per tutte, come le possiamo trovare a metà Settecento o meglio ancora ai primi dell'Ottocento: all'inizio non sono altro che lo sbozzo di una prima aggregazione dei beni che devono essere coltivati e amministrati localmente con il ricorso ad agenti che risiedono sul posto, al centro dei beni, nella casa di fattoria. Mancano spesso le abitazioni rurali, il processo di appoderamento è lento; ed in questa fase i mezzaioli costituiscono la presenza prevalente nei fondi.

A loro è affidata la sistemazione delle colmate o la coltivazione dei beni non ancora appoderati. Anzi la presenza del mezzaiolo presuppone l'esistenza di aziende agrarie largamente dotate di capitali e durevolmente impegnate nel coordinamento dei lavori di bonifica ed assetto del territorio

.
Nel Seicento l'opera di ampliamento della bonifica rimane praticamente interrotta per decenni, imponendo un regime precario e privo di prospettive di risanamento definitivo; la malaria imperante scoraggia l'appoderamento nelle terre confinanti con la palude, per cui il regime agrario resta quello prevalente della lavorazione dei beni a mezzo, ma senza costruzione di case poderali e insediamento capillare sulla terra.

Con i primi decenni del Settecento si assiste ad uno slancio rinnovato nel campo della bonifica, che produce il recupero dei due terzi dei terreni impaludati da secoli, e alla costruzione di molte case, come nota l'abate Corsini nel 1742.

 

 

Baregno, canale di raccolta delle acque


Ma per lungo tempo la quantità di terre sottratte al padule è superiore alle disponibilità di abitazioni rurali, che vengono costruite solo dopo che il territorio è stato risanato, per cui a lungo c'è una sproporzione fra terre da lavorare e case da abitare per i contadini.

La mezzadria con la casa colonica impiantata nel podere si sviluppa gradualmente, mentre nella fase transitoria fra bonifica idraulica e realizzazione di una proporzionata edilizia rurale, le terre sono lavorate da mezzaioli, ossia da coloni privi di casa e caratterizzati da un rapporto precario con il fondo che coltivano.


Per il mezzaiolo solo l'avanzamento deciso della bonifica, il programma di sistemazione delle terre colmate nella valle e la colonizzazione fondiaria, ossia il raggiungimento di un assetto stabile e per quanto possibile definitivo con la divisione parcellare delle nuove terre, la destinazione a poderi delle terre spezzate e la costruzione di nuove case, può rappresentare una prospettiva di impianto permanente, con un contratto mezzadrile, in un podere. Anche il Sereni sottolinea come prima della sistemazione agraria definitiva, ossia dell'appoderamento e dell'impianto del sistema mezzadrile, "sulle terre che, col metodo della colmata di piano, nella seconda metà del Settecento sempre più largamente si vengono recuperando sull'acquitrinio e sulla palude, anche in Toscana [...] comincia ad esercitarsi la cultura aratoria, in seminativi nudi adibiti alla produzione dei cereali, e divisi in grandi campi, che ripetono generalmente la ripartizione stessa degli antichi bacini di colmata [...] Parecchi anni debbono pas-sare perché, con un regolare appoderamento, con la costruzione di case coloniche e con l'impianto di culture arboree ed arbustive, il paesaggio di queste terre di più recente bonifica venga a confondersi, quasi, con quello delle terre circostanti, già improntato dalle forme caratteristiche dell'alberata tosco-umbro-marchigiana".

 

 

Testucchi di confine


La non breve durata dei lavori di sistemazione idraulica e agraria fa sì che, ancora nella prima metà dell'Ottocento, l'aspettativa del mezzaiolo sia quella della collocazione stabile a mezzadria, piuttosto che quella della bracciantizzazione.

In una Statistica della Valdichiana pubblicata nel 1828 si legge a questo proposito che nella classe dei contadini vengono compresi anche lavoratori che "abitano il contado", ma sono privi di podere, "mentre prestano l'opera manuale ai proprietari, ed ai contadini propriamente detti. Sono questi ultimi costretti a stare in questa classe, perché li mancano i fondi per provvedersi gli strumenti agrari, come per non avere i mezzi, onde procurarsi il necessario vitto per il primo anno che corre dalla prima sementa alla prima raccolta. Vi sono tra questi dei molto industriosi ed economi, che giungono ad avere questi capitali, ed allora passano alla classe dei contadini coltivatori in società parziaria d'un podere. Nella provincia questi lavoratori di campagna sono chiamati pigionali, ed il loro nome vero sarebbe quello di contadini senza podere".


L'esistenza in Valdichiana di un vasto patrimonio fondiario concentrato nella mano pubblica, siano le Regie Possessioni granducali o la Religione dei Cavalieri di Santo Stefano, crea una situazione di relativa tutela anche nei confronti dei mezzaioli che per loro carattere mancano di un rapporto stabile con la terra che lavorano. Ma la presenza dei mezzaioli in Valdichiana è ancora più antica delle Possessioni granducali: uno studio di Luigi Ticciati sull'agricoltura cortonese dice che già nel tredicesimo secolo si ritrovano concessioni di terre a colonia parziaria, oltre che a mezzadria.

Gli statuti di Lucignano del 1569 dedicano il capitolo XXI alla determinazione delle norme relative ai mezzaioli; i beni della Fraternità dei Laici di Arezzo, il più grosso ente pio laicale della provincia, fino alla metà del XVII secolo sono "allogati", spesso in unità molto piccole e frazionate, o concessi a livello; solo dalla metà del Seicento viene introdotto il criterio della concessione dei beni a mezzadria. Ancora nella seconda metà del Seicento in alcune terre possedute dall'Ordine di Santo Stefano (comuni di Marciano e Foiano della Chiana) la coltivazione era affidata interamente a mezzaioli.

 

 

Botte allo Strozzo, realizzata nel 1910 serviva (e serve) a far passare l'allacciante delle Chianacce sopra il Canale Maestro della Chiana.


Presenze analoghe sono segnalate anche a Castiglion Fiorentino 16 e a Foiano della Chiana, dove al momento della vendita della fattoria omonima da parte delle Regie Possessioni alla Religione di Santo Stefano, nel 1653-1656, i poderi con casa d'abitazione per il mezzadro sono solo quattro - contro i 16 di un secolo dopo - mentre il resto dei terreni è coltivato da mezzaioli.

Così nella fattoria di Font'a-Ronco, al momento della vendita alla Religione di Santo Stefano, nel 1651 ci sono solo 9 poderi sistemati a mezzadria, dei quali uno, quello della Villa di Sopra in comune di Montagnano, è privo di casa "e ne tiene a pigione una dalli eredi di Giulio di Vestro Becarini e se ne paga scudi 8 l'anno", mentre il resto è coltivato da 14 mezzaioli.

Nel 1746 i poderi sono saliti a 19, segno evidente che l'opera di bonifica e il lavoro di sistemazione agraria svolto dai mezzaioli ha portato anche qui ad una sistemazione complessiva dell'azienda.

Infine nella Fattoria di Bettolle e Torrita, al momento della vendita nel 1662, ci sono tredici poderi sistemati a mezzadria, mentre il resto è coltivato con il ricorso a mezzaioli.

Fra la seconda metà del Seicento e la metà del Settecento, cioè nei decenni di massima intensità della bonifica, i mezzaioli nella vallata hanno una presenza forse prevalente sui mezzadri.


Il mezzaiolo non conferisce le scorte, di cui è scarsamente dotato, ma solo il lavoro manuale proprio e della famiglia, che si esercita su "terre nuove", di solito ancora prive dell'alberata, delle colture legnose e delle altre colture stabili.

È tenuto a mettere tutto il seme delle coltivazioni, come il mezzadro impiantato nei fertili terreni provenienti dalla bonifica, ad eccezione della canapa e della saggina. Mentre i mezzadri ricevono regolarmente le somministrazioni di grasce, nelle situazioni di bisogno, i mezzaioli spesso sono esclusi da questa previdenza, in quanto il proprietario non è certo di potersi rivalere nei loro confronti.

Con l'avanzamento della bonifica e la riduzione del ruolo dei mezzaioli, spesse volte assume la collocazione di mezzaiolo anche il personale dipendente dalla fattoria, come il guardia o il vaccaio o il sotto-fattore che, oltre a ricevere un salario per la loro opera alle dipendenze del fattore, possono coltivare qualunque tenimento di terra o prestare il proprio lavoro saltuario nelle terre "tenute a mano di fattoria".

 

 

Botte allo Strozzo, l'allacciante delle Chianacce che passa sopra al Canale Maestro della Chiana


Le fasi della sistemazione ambientale, che durano decenni, richiedono nella campagna la permanenza di questa manodopera aggiuntiva a quella mezzadrile, che presta lavoro abituale nell'ambito delle varie fattorie e che non si configura come l'ottocentesco bracciante delle bonifiche o il pigionale classico, ma come un nucleo familiare povero, che non insiste in un vero e proprio podere, ma che pure coltiva appezzamenti di terra, le cosiddette terre spezzate, riunite occasionalmente fra loro, non ancora giunte alla perfezione del risanamento fondiario ed all'appoderamento, perché non ancora dotate di casa colonica, e divide a metà con il proprietario i vari raccolti.


Spesso il mezzaiolo non dispone di bestiame padronale per la coltivazione delle terre, mentre a volte tiene animali a soccida, come durante il periodo degli affitti delle fattorie, o sviluppa attività collaterali a quelle agricole, come il taglio di boschi, oppure interviene a opra nei lavori colonici nella stagione di punta, mietitura, semina, quando bisogna produrre molto lavoro in pochi giorni per non pregiudicare i raccolti, ed è pagato con il vitto ed una modesta mercede in denaro o più spesso in natura.

Non essendo legato al podere come il mezzadro, non gli è impedito di prestare la sua opera in tutti quei lavori straordinari diretti dall'agente nelle fattorie, per i quali la contabilità aziendale evidenzia una spesa a parte e che vanno dalla raccolta dei fieni, dei legnami, dei bozzoli, ai lavori per le nuove coltivazioni, per il mantenimento di argini, per la custodia di grasce e di cavalli della scuderia, per la manutenzione o la costruzione di colmate, fiumi, strade, ponti, fossi, scoli, e altri lavori di bonifica, oppure per l'edificazione di nuove fabbriche, la produzione di materiali edilizi alle fornaci, etc.. Non è nemmeno ostacolato dal lavorare pezzi di terra di diversi proprietari e dall'accedere ai mercati per rifornirsi dei generi di cui necessiti o per fare commercio dei propri raccolti, ammesso che superino le necessità dell'autoconsumo familiare; può anche impegnarsi nei trasporti di merci altrui: insomma è un lavorante dai mille mestieri, come è stato detto.

 

 

Ponte sul torrente Salarco, allacciante di sinistra

 

Nelle terre di bonifica, però, la sua caratteristica peculiare resta quella di un operante che è in attesa dello sviluppo della bonifica, dei risultati del dissodamento di nuove terre, per impiantarsi stabilmente su un podere, a mezzadria, magari sotto il padrone pubblico, la Religione di Santo Stefano o le Regie Possessioni, più comprensivo e tollerante, rispetto ai privati proprietari della vallata, al punto da raccomandare in continuazione che "rispetto ai crediti sopra i contadini, dalla Religione, come da chiunque sarà da Lei commissionato dell'esazione, si usi la maggior discretezza, ed il dovuto rispetto alle circostanze dei medesimi".


Con la metà del XVIII secolo la fase più consistente del prosciugamento della vallata si è compiuta, ma resta tutta l'opera di costruzione di case coloniche, per rendere possibile l'insediamento capillare dei mezzadri nella campagna, per cui sopravvive ancora a lungo la presenza, sebbene ridotta, dei mezzaioli.

Inoltre l'incremento demografico, ripreso in forma durevole dalla metà del Settecento, porta alla formazione di una sovrappopolazione relativa nelle campagne, che non trova spazio nelle strutture abitative esistenti, per cui i nuovi nuclei familiari, ancora privi di podere, vivono in case o ambienti di fortuna, che possono essere ricavati negli annessi dei palazzi di fattoria o in case coloniche più grandi, negli abitati e nei borghi vicini alle terre da lavorare o in case di terra sui beni che coltivano.

 

 

Canale Maestro della Chiana nella zona di Rotone

 

In un caso rimane la descrizione del pertugio di un mezzaiolo che si è costruito "due capannuccie con tre pareti di terra per capanna [evidentemente le due capanne triangolari sono unite per un lato], una coperta di stianza, ed una di cannelli, ovvero tegolini".

Ma in genere le descrizioni coeve illustrano l'esistenza di questa realtà senza specificare la dimensione, in quanto, come si legge in una relazione della seconda metà del Settecento, «il sistema praticato nel descrivere gli stabili [...è] quello di notare tutte le fabbriche nello stato presente avendo tralasciato soltanto le capanne, cantine formate di terra, e coperte di paglia, perché di breve durata, e che sono nella maggior parte formate a spese proprie dei lavoratori stessi".


I mezzaioli hanno un ruolo insostituibile nelle terre di bonifica, eppure vengono intesi espressione di una fase transitoria della messa a coltura del terreno.

Il loro rapporto di lavoro nelle terre spezzate è di durata indeterminata, ma in generale lo si intende limitato al ciclo colturale annuale e si può rescindere per la semplice convenienza del proprietario ad accorpare a poderi vicini le terre tenute dai mezzaioli o ad organizzarle in nuovi poderi. Per il mezzaiolo espulso dalla terra sono pensieri seri, quando deve cercare una nuova collocazione.

La sua preoccupazione fa sì che trascuri i lavori agricoli, per cui nel 1785 il granduca Pietro Leopoldo interviene per evitare i danni all'agricoltura, ed in particolare agli interessi dei proprietari, provocati dal fatto che i coloni e i mezzaioli, quando sono "distratti dal pensiero di trovare nuovo podere, eseguiscono con lentezza le giornaliere faccende della campagna, e devono dividere le loro premure fra il vecchio, e il nuovo podere".

Il Granduca dispone che, quando le parti non abbiano convenuto altrimenti con appropriati strumenti notarili, si applichi il criterio uniforme in tutto lo Stato, come una legge universale, in base al quale l'epoca delle licenze resta fissata subito dopo la prima semente di grano, segale e simili, cioè alla fine di novembre; dopo questo tempo il vecchio colono non può fare altre semine, o usare delle piante e delle altre coltivazioni, che restano assegnate al nuovo lavoratore. Entro la fine di febbraio il vecchio lavoratore dovrà lasciare le terre e la casa in cui è insediato, riconsegnando le bestie e le altre scorte tenute in dotazione del podere. Contemporaneamente il Granduca istituisce l'obbligo della denuncia dei poderi e delle terre rimasti vacanti entro i primi tre giorni di dicembre, consentendo così a mezzadri e mezzaioli di conoscere la disponibilità di fondi, in quanto ì registri nei quali si faranno le denunce saranno pubblici e dovranno essere esibiti a chiunque li domandi "senza la minima spesa".

 

 

Canale Maestro della Chiana nella zona di Casetta, lago di Montepulciano

 


Quando il mezzaiolo non è impegnato direttamente nelle coltivazioni agricole presta la sua opera in grandi lavori di organizzazione del territorio che non danno ancora un fruttato in termini di raccolte, ma che sono necessari per la sistemazione dei terreni, come la costruzione o il ripulimento di scoli, voltabotti, fossi, scannafossi, ponti, cateratte, argini, canali, cavedagne, strade e case poderali.

Si tratta spesso di lavori preparatori all'appoderamento delle terre bonificate, che rendono possibile la sistemazione definitiva delle terre risanate, tra la fase del prosciugamento e quella della coltivazione agraria.

Questo lavoro intorno alla terra che si sta recuperando dal padule alimenta la prospettiva per il mezzaiolo di diventare mezzadro, al momento in cui si formeranno nuovi poderi con le relative case ed annessi.

È un processo lento di impianto graduale e progressivo sulla terra a lungo lavorata prima della sistemazione definitiva a mezzadria; è un'aspettativa che può durare anche più di una generazione, di padri che lavorano per la sistemazione dei propri figli; e non è detto che l'insediamento nel podere avvenga nella stessa terra a cui si è lavorato a lungo.


La concessione in affitto delle fattorie della Religione di Santo Stefano, a metà del Settecento, non modifica il regime della conduzione a mezzadria dei fondi, così permangono, accanto ai mezzadri, i mezzaioli; tuttavia la politica di minore attenzione alla bonifica e alla sistemazione generale della vallata, praticata dagli affittuari, porta ad una diminuzione del ruolo dei mezzaioli e ad una loro riduzione numerica.

È vero che le clausole dell'affitto impegnavano gli affittuari ad "eseguire nuove piantagioni, bonifiche, miglioramenti fondiari in genere", compensati con sbassi sul canone, quando avessero superato un certo importo, ma i concessionari cercavano di sottrarsi a questi obblighi o di onorarli al minimo indispensabile, interessati come erano, in maniera presso che esclusiva, al commercio e alla speculazione sulle derrate cerealicole provenienti dalla Valdichiana.

 

 

Zona del colmatone, Valdichiana senese


A metà Settecento, se si prendono stime, descrizioni e perizie, redatte dall'ingegnere Giovanni Maria Veraci al momento della concessione in affitto, e si confrontano con quelle stilate al termine del primo affitto delle fattorie dell'Ordine di Santo Stefano, si vede che nel 1755 a Montecchio operano 40 famiglie a mezzadria e 5 mezzaioli, dei quali due sono cambiati rispetto al 1746;

a Bettolle ci sono 22 famiglie di mezzadri impiantati su altrettanti poderi e 11 mezzaioli;

a Foiano si hanno 16 mezzadri e 5 mezzaioli, mentre nel 1746 i mezzaioli erano 23;

a Font'a-Ronco ci sono 18 famiglie di mezzadri e 24 nella tenuta del Pozzo;

i mezzaioli sono rispettivamente 11 a Font'a-Ronco, mentre al Pozzo i 9 mezzaioli che c'erano nel 1746 sono scomparsi e le terre da loro lavorate sono state annesse ai poderi vicini o assegnate a guardia.

Dunque la presenza dei mezzaioli ammonta a 32 famiglie, contro 120 di mezzadri, rapporto percentuale del 21 e del 79. Ma la fase alta della presenza dei mezzaioli a questo punto deve essere stata già superata.


Nel 1782, quando le fattorie vengono riprese in amministrazione dall'Ordine di Santo Stefano e affidate alla sorveglianza della Segreteria di Stato, sotto la direzione del Neri Badia, nelle varie aziende risulta una presenza ridotta dei mezzaioli, in quanto gli affittuari hanno ridimensionato i lavori di bonifica e di sistemazione agraria della vallata e teso ad utilizzare l'opera dei mezzadri anche per i lavori extra-poderali.

Nella fattoria di Montecchio compaiono ancora 40 poderi e 4 mezzaioli: uno è lo stesso guardia;

a Bettolle 24 poderi e 5 mezzaioli, fra i quali le due guardie e i due vaccari;

a Foiano su 17 poderi ci sono 3 mezzaioli, fra i quali il guardia e il vaccaio;

a Font'a-Ronco su 23 poderi sono presenti 2 mezzaioli, di cui uno è il guardia, mentre nella tenuta del Pozzo i poderi sono 16 e c'è un solo mezzaiolo che è il guardia della tenuta, come a metà Settecento.

Il numero complessivo delle famiglie mezzadrili è rimasto invariato, ma i mezzaioli sono scesi da 32 a 12, alcuni dei quali, per giunta, sono gli stessi dipendenti della fattoria, come il guardia o il vaccaio; il rapporto è passato al 91% di presenze mezzadrili contro il 9% di mezzaioli.

Ma con il ritorno delle fattorie in amministrazione diretta e la ripresa intensificata dei lavori di bonifica e appoderamento il ruolo dei mezzaioli assume di nuovo un rilievo più consistente e la loro presenza numerica si rafforza.

 

 

Zona di colmata nei pressi del torrente Salarco, allacciante di sinistra


All'inizio dell'Ottocento, quando l'Ordine di Santo Stefano è soppresso e le fattorie di Valdichiana sono incamerate al demanio francese, i nuovi amministratori notano giustamente che i beni delle fattorie sono formati, oltre che di poderi, "di terre spezzate situate in diversi luoghi, e date a lavoratori a misura del dissodamento di esse in colmata".

Nelle fattorie dell'Ordine, nel frattempo salite a sette per divisione di alcune aziende, le famiglie di mezzadri sono diventate 147, ma anche i mezzaioli sono aumentati passando da 12 a 23; il rapporto fra le due categorie è rispettivamente dell'86,5% e del 13,5%.

 

Mezzadri, mezzaioli, case non adibite ai poderi e popolazione complessiva nelle fattorie dell'Ordine di Santo Stefano (1808)
 

fattoria

sup. quadr.

poderi

mezzaioli

case

popolazione

maschi

femmine

Font'a-Ronco

2473

30

4

8

216

164

Foiano

1325

15

6

2

134

112

Bettolle

1562

17

2

1

161

119

Abbadia

1996

15

2

 

100

88

Creti

3291

25

2

 

215

199

Montecchio

3951

29

6

1

176

216

Pozzo

1524

16

1

 

125

101

 

totale

16122

147

23

12

1127

999


Quindi si ha una leggera tendenza alla ripresa della presenza di mezzaioli, legata anche al fatto che nel periodo precedente i lavori di bonifica ed appoderamento avevano conosciuto un grosso sforzo, che in pratica aveva portato alla sistemazione quasi definitiva di gran parte della vallata.
Nei decenni successivi il Pazzagli calcola che i mezzadri nella valle siano circa il 75% delle famiglie rurali e che il rimanente sia formato da piccoli proprietari e da mezzaioli che "coltivano a mezzadria appezzamenti di terra non appoderati e tengono a soccida pochi capi di bestiame, svolgendo qui, come altrove e sempre in Toscana, il loro ruolo di [palestra di selezione], occupando essi una soglia intermedia", di passaggio dal pigionale al mezzadro.
Nel 1822, quando i lavori di bonifica si possono considerare quasi completati, il patrimonio pubblico nel fondo della vallata è formato da 10 fattorie: quelle provenienti dalla Religione di Santo Stefano e quelle delle Regie Possessioni, affidate tutte all'Amministrazione economico-idraulica della Valdichiana con sede in Arezzo.

Mezzadri e mezzaioli nelle fattorie dell'Amministrazione economico-idraulica della Valdichiana nel 1822

 

fattorie

poderi

mezzaioli

 

Font'a-Ronco

28

 

Foiano

26

2

Bettolle

25

 

Abbadia

21

 

Creti

27

1

Montecchio

32

1

Dolciano

13

 

Frassineto

24

 

Chianacce

13

 

Acquaviva

19

 

     

totale

228

4


Le famiglie mezzadrili passano a 228 per il computo complessivo anche delle fattorie provenienti dalle Possessioni, ma i mezzaioli sono quasi scomparsi: solo 4 famiglie, neppure il 2%.
Tuttavia al momento del censimento dell'aprile 1841, nelle varie parrocchie, ritagliate sulla struttura rurale delle fattorie, risulta ancora una presenza consistente di abitanti qualificati come mezzaioli, evidentemente addetti a lavorare terre di privati piuttosto che quelle delle fattorie Granducali; ma la mancanza di omogeneità nell'attribuzione delle qualifiche impedisce di avere un quadro omogeneo.

 

 

Viale di gelsi nei pressi del Podere Esse Secco


Se si considera, a titolo di esempio, la fattoria di Montecchio si vede che nelle tre parrocchie sulle quali essa insiste si rilevano presenze significative. Il parroco di San Biagio di Montecchio registra che su 193 famiglie per un totale di 1206 abitanti, risultano 19 famiglie di mezzaioli, composte da un complesso di 127 individui, quindi con una media di 6,7 unità per famiglia.

Di una, il parroco annota: "le terre sono di più padroni", condizione evidentemente anomala, ma addirittura impensabile in un rapporto di tipo mezzadrile.

 

Un altro nucleo familiare qualificato come operante mezzaiolo viene giudicato "indigente casuale", in quanto le terre che lavora risultano "poche e sterili"; un'altra famiglia risulta composta da marito e moglie di 34 e 32 anni e di una figlia di tre anni, ai quali si aggiungono tre bambini di uno, due e tre anni, provenienti dagli ospedali di Castiglion Fiorentino e di Arezzo, evidentemente presi a balia per godere del sussidio di baliatico, corrisposto nei primi anni alla famiglia dall'ospedale.

Nella parrocchia di Brolio, che comprende una buona metà dei beni della fattoria di Montecchio, su 67 famiglie, per un totale di 552 abitanti, non risultano nuclei di mezzaioli, ma ne compaiono 16 di braccianti, composte da un insieme di 79 individui, con una media quindi di 4,9 unità per famiglia, e che data la loro struttura nucleare, hanno una forte affinità con i mezzaioli di Montecchio.

E nella parrocchia di Castroncello, dove si estende ancora la fattoria di Montecchio, non compaiono né mezzaioli né braccianti, ma su un totale di 134 famiglie, comprendenti 869 abitanti, si hanno 13 famiglie di giornalieri, composte da 60 individui, con una media di 4,6 unità per famiglia, assimilabili ai braccianti di Brolio o ai mezzaioli di Montecchio.

 

 

Zona di Rotone, Valdichiana senese


A metà Ottocento la presenza dei mezzaioli nelle fattorie si configura di nuovo in ripresa, non foss'altro che per i nuovi indirizzi assunti dall'opera di bonifica, dopo il ritiro del Fossombroni e il passaggio delle competenze economico-idrauliche sull'Amministrazione dei beni di Valdichiana ad Alessandro Manetti.

Nel 1854 si hanno 233 famiglie di mezzadri e 22 di mezzaioli, rispettivamente 91% e 9% dei nuclei familiari, mentre le percentuali passano al 96,7% e al 3,3%, se si considerano le unità che compongono i nuclei familiari.

Mezzadri e mezzaioli nelle fattorie dell'Amministrazione economico-idraulica di Valdichiana a metà Ottocento (1854)

 

fattoria

poderi a mezzadria

unità

famiglie mezzaioli

unità

 

Font'a-Ronco

22

390

    2 ¹

21

Foiano

20

541

    2 ²

 

Bettolle

25

470

  2

    14 ³

Abbadia

23

384

  4

    22

Creti

30

610

  4

    37

Montecchio

38

628

  4

    28

Dolciano

19

251

     2

  12

Frassineto

24

475

     2

  10

Chianacce

13

224

        ⁹

 

Acquaviva

    19 ¹

309

   
 

totale

233

4282

    22

    144

 

1 - Le famiglie dei due mezzaioli sono composte di 7 e 14 unità (ASF, Possessioni, f. 6167).

 

2 -1 dati relativi a questa fattoria si riferiscono ad una data leggermente diversa, per la mancanza dell'omologo registro di stato delle famiglie del 1854; qui ci  riferiamo al saldo del 30 giugno 1856, nel quale però non è riportata la composizione delle famiglie dei mezzaioli (ASF, Possessioni, f. 3830).

 

3 - Le due famiglie di mezzaioli sono composte rispettivamente di 8 e 6 individui (ASF, Possessioni, f. 5591). Nel 1858 si insedia un nuovo mezzaiolo che si porta dietro una tipica famiglia mezzadrile di 18 individui (Ibidem).
 

4 - Due famiglie, composte di 6 individui ciascuna, abitano in case d'Agenzia, e le altre due, di 4 e 6 membri, abitano in case di particolari (ASF, Possessioni, f. 5362). Anche qui nel 1857 si insediano accanto a quelli presenti due nuovi mezzaioli, uno a Vallano, con una famiglia di 8 membri, ed uno alla Fornace con sei membri (Ibidem).

 

5 - Le quattro famiglie di mezzaioli hanno nuclei familiari composti da 9, 13, 10, 5 individui (ASF, Possessioni, f. 5771).

 

6 - Una famiglia composta di 2 membri vive nella casa di Amministrazione della fattoria, mentre altre due, composte di 15 e 7 membri, vivono in casa propria (ASF, Possessioni, f. 6462, Tenuta di Montecchio: Stato delle famiglie coloniche compilato dopo il saldo del 30 giugno 1954).

 

7 - Le due famiglie di mezzaioli sono composte di 8 e 4 individui (ASF, Possessioni, f. 5862).

 

8 - Le due famiglie di mezzaioli sono composte entrambe di 5 membri (ASF, Possessioni, f. 6139). 56

 

9 - Non risulta la presenza di mezzaioli, ma forse non sono stati censiti: del resto il registro di questa fattoria è organizzato in modo un po' diverso da quelli delle altre (ASF, Possessioni, f. 5678).
 

10 - Nel 1858 si aggiunge un 20° podere, coltivato da una famiglia di 9 unità; anche qui non ci sono mezzaioli, ma abbiamo visto in precedenza che potevano coltivare terre a mezzeria la guardia, il giornaliere, il sotto-fattore, il cavalcante, lo stalliere, i quali in questi casi non verrebbero riportati due volte nello stato delle famiglie, ma censiti solo con la qualifica principale di impiegati addetti alla Fattoria (ASF, Possessioni, f. 5444).

 

 

 

Lato destro allacciante di sinistra (torrente Salarco) - zona Chianacce, Valdichiana aretina

 

Le famiglie di mezzaioli sono di solito agili: la dimensione nucleare dell'aggregato domestico è di gran lunga prevalente, come sì può vedere dai registri delle famiglie coloniche di metà Ottocento, con una media di 5-7 individui per nucleo, al contrario delle famiglie di mezzadri, dove è assolutamente dominante la famiglia multipla con una media di persone che si aggira oltre 15 per aggregato.

La piccola dimensione familiare è una caratteristica ricorrente e assolutamente peculiare. Essa aiuta a distinguere il mezzaiolo fisiologico dal mezzadro caduto in disgrazia e diventato mezzaiolo; mentre le poche eccezioni di famiglie ampie fanno pensare che si tratti di mezzadri di recente espulsi dal podere, le cui famiglie non si sono ancora frazionate nella prospettiva di un nuovo inserimento a podere.


Infine, dopo l'Unità d'Italia, quando si assiste alla privatizzazione del patrimonio fondiario costituito dalle grandi fattorie granducali della vallata, che significa anche abbandono del lavoro di bonifica sostenuto direttamente dalle Regie Possessioni, e al trasferimento delle competenze in materia dì interventi e di manutenzione idraulica agli Uffici provinciali del Genio Civile, in pratica allo Stato, allora la figura del mezzaiolo scompare per dar luogo in alcuni casi alla sistemazione in un podere, ma nella maggior parte delle situazioni è da ipotizzare la sua trasformazione in bracciante e la formazione di un consistente proletariato agricolo.
Le fattorie poste in vendita dopo il 1860 sono le dieci della parte centrale della vallata (Font'a-Ronco, Foiano, Bettolle, Abbadia, Creti, Montecchio, Dolciano, Frassineto, Chianacce, Acquaviva) dove, alla fine del 1861, vivono complessivamente 3905 individui.

 

 

Ponte di ferro sul torrente Foenna nella colmata di Bettolle

 

Al momento del trasferimento dal demanio ai privati, nel corso del 1863-1866, i dipendenti delle varie fattorie vengono messi in disponibilità con una pensione annua oppure assunti con altri compiti alle dipendenze del ministero delle finanze, mentre i coloni restano nei poderi; dei mezzaioli non si fa parola. Probabilmente questa forza-lavoro espulsa dalle aziende con la privatizzazione delle fattorie fu in parte assorbita nei lavori stagionali legati alla manutenzione delle opere di bonifica, come canali, argini, fossi, e nelle grandi imprese per la realizzazione delle infrastrutture, linee ferroviarie, ponti, allacciamenti stradali, opere pubbliche in genere.


Al momento dell'Inchiesta agraria Jacini, nelle campagne della Valdichiana, ormai passate tutte nelle mani dei privati, Carlo Massimiliano Mazzini, che cura la monografia sulla Toscana, non trova più mezzaioli ma salariati e braccianti, che costituiscono il maggior oggetto di preoccupazione sociale per gli agrari. Anche Giovan Battista Del Corto, che nella sua Storia della Valdichiana aveva segnalato per i secoli del basso Medioevo la presenza dominante della colonia parziaria, a fine Ottocento dice che negli ultimi anni si assiste "ad un esodo numerosissimo per l'America del Sud. Questo fatto [...] in massima parte è causato dal vero disagio economico dei piccoli contadini e dei cosi detti braccianti".

Agli inizi del Novecento il Signorini, nel saggio su L'agricoltura e i lavoratori della terra in Toscana, tra le varie categorie agricole, esaminate analiticamente, non trova più traccia dei mezzaioli.

La figura del mezzaiolo è scomparsa come tale, cioè in quanto lavoratore precario che aspira ad una collocazione di tipo mezzadrile nella terra bonificata e a lungo lavorata a metà con il padrone, in un rapporto premezzadrile, senza casa e senza stabilità.
Le campagne toscane alla fine dell'Ottocento sono caratterizzate dalla "permanente tranquillità della monade contadina", della quale parla Giorgio Mori, mentre «il più consistente e durevole turbamento della tranquillità nelle campagne [...è provocato] dalla presenza, una presenza che non accenna a flettersi neppure dopo l'inizio del nuovo secolo, di quei 100.000 pigionali o giornalieri (cioè non fissi) sui quali [...] la storiografia si è soffermata troppo poco e troppo distrattamente: almeno per ciò che riguarda la Toscana".
 

 

Leopoldina del Podere Butarone

 


I braccianti del tardo Ottocento sono caratterizzati per la loro collocazione di pigionali, ossia di lavoratori agricoli senza casa, e fanno pensare che in questa parte della Toscana spesso siano qualificati tali gli ex-mezzaioli delle terre di bonifica o a volte mezzadri espulsi dal vecchio podere e incapaci di trovarne uno nuovo, che si riducono a lavorare dove e quando capita ed a vivere a pigione, a differenza del mezzadro che abita nella casa annessa al podere e può contare sui soccorsi del padrone. Con il tempo e la buona reputazione i pigionali più fortunati riescono a trovare un podere, mentre altri contadini si riducono alla misera condizione del pigionale.
Questa del mezzaiolo è una figura peculiare delle terre di bonifica, rappresenta un ruolo di attesa prima della sistemazione stabile nella terra e nel podere; non è ancora il moderno bracciante, privo di interesse ad una sistemazione mezzadrile, impegnato esclusivamente in una lotta per il salario e per l'imponibile di manodopera che garantisca un certo numero di giornate lavorative al¬l'anno, ma ostile alla conversione in mezzadro.

 

Per il mezzaiolo, invece, l'impianto nella mezzadria rappresenta ancora la prospettiva; in fondo è animato da una mentalità mezzadrile: lavora e si fa stimare con la consapevolezza che tanto più sarà apprezzata la sua opera, tanto più sarà probabile che con il tempo gli si presenti la possibilità di trasferirsi in un podere a prestare la sua opera come mezzadro.
Nello stesso tempo il mezzadro che non coltiva adeguatamente il suo podere, che accumula un debito eccessivo con il padrone, che non ha un comportamento più che riguardoso nei confronti dei propri superiori, della religione, sa che può essere espulso dal podere e ridotto alla condizione di pigionale o di mezzaiolo, che dopo tante peripezie e lavori provvisori in tanti luoghi cerca di approdare di nuovo al podere. Da questa comparazione fra mezzadri e mezzaioli, forse possibile solo per le terre di bonifica, si evidenzia la condizione relativamente migliore del mezzadro nelle campagne rispetto agli altri lavoratori della terra.

 

 

Leopoldina del Podere Porto Vecchio


La prospettiva della condizione bracciantile permanente prenderà corpo in seguito, quando "le tendenze generali dell'economia capitalistica" porranno in crisi i rapporti dominanti nell'agricoltura mezzadrile; allora si svilupperà l'associazionismo anche nel mondo rurale e con la costituzione delle prime leghe cominceranno le battaglie per la difesa del lavoro o per l'affermazione della cooperazione; allora i circoli socialisti, democratici, repubblicani, cattolici, si faranno paladini dei ceti più poveri delle campagne e la prospettiva mezzadrile non costituirà più l'unica alternativa ad un lavoro scarso ed aleatorio per il mezzaiolo, ma nascerà la coscienza di un ruolo specifico e permanente - non più inteso come condizione transitoria - da difendere e tutelare con la costituzione delle leghe.

 

La cooperativa o la lega si presentano come prospettiva di una risposta nuova e diversa alla perenne precarietà del lavoro nelle campagne, ai margini delle fattorie e dei grossi poderi della Valdichiana. Allora la mentalità del mezzaiolo scompare e subentra la coscienza del bracciante, o meglio del pigionale, come viene indicato dai proprietari terrieri, che tanti allarmi suscita negli agrari toscani.

A questo proposito scrive Carlo Massimiliano Mazzini, all'inizio degli anni Ottanta, che le condizioni dei pigionali "sono assai peggiori di quelle dei coloni a mezzeria [...e] la miseria del pigionale toscano troppo dolorosamente contrasta col relativo benessere della massima parte della rimanente popolazione, [... per cui] occorrerebbero rimedi speciali, perché speciali ne appariscono i bisogni sotto ogni aspetto [...], perché le conseguenze della miseria dei pigionali costituiscono appunto un pericolo, forse non prossimo e non grave, [...] ma pur sempre un pericolo".

In provincia di Arezzo all'inizio del Novecento su 105.919 persone dedite all'agricoltura si contano 72.906 mezzadri, ma anche 15.523 salariati e giornalieri, cioè il 15% della popolazione rurale.

Essi svolgono il ruolo che per secoli era stato proprio dei mezzaioli e rappresentano "la frangia mobile della società contadina", l'elemento di turbativa nelle campagne, con l'ansia del nuovo e l'aspirazione al cambiamento che li anima.
 

 

Leopoldina dei Poderi Esse Secco

 

 

 

Il Torrione dei Poderi della Fuga, della Fattoria Gran Ducale dell'Abbadia di Montepulciano