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Il Territorio
I confini della Riserva racchiudono l'ultima decina di chilometri del fiume Merse, allargandosi a comprendere anche il tratto finale del torrente Farma e l'area circostante la confluenza del Merse con l'Ombrone, a sud dei quali l'area protetta ricade in territorio grossetano. Nell'entroterra senese la Riserva si estende sui fitti boschi del Comune di Murlo e sulla particolare vegetazione delle serpentiniti, uno degli elementi di maggior interesse dell'area protetta, che si aggiunge al ricco ambiente fluviale. II paesaggio è dolce, con modesti colli non superiori ai 400 metri di altezza e ampi tratti pianeggianti, spesso coltivati, alla confluenza dei corsi d'acqua. E'compreso nella Riserva anche un tratto del torrente Crevolone.
Gran parte della Riserva, ricca di testimonianze storiche, si estende nel territorio che andò a formare nel 1055 il feudo dell'Arcivescovo di Siena, che ebbe la sua sede nel vicino castello di Murlo e una sua importante roccaforte nel castello di Crevole. Oltre a Crevole, anche Vallerano, Montepescini e Olivello, piccoli borghi che costellano i confini della Riserva, erano comunità del feudo arcivescovile. All'estremità occidentale della Riserva si affacciano sul torrente Farma le frequentatissime terme di Petriolo, famose già nella Siena del 1200. |
Geologicamente molto diversa dalle altre Riserve del bacino del Farma-Merse, la Riserva Basso Merse offre l'opportunità di osservare le rocce che, circa 200 milioni di anni fa, costituivano il fondale dell'Oceano Ligure-Piemontese, e che in seguito alla formazione degli Appennini sono state sradicate e trasportate nella posizione attuale. Serpentiniti, gabbri e basalti, nell'insieme conosciute come ofioliti, si formarono infatti in corrispondenza delle lacerazioni della crosta terrestre a partire da un magma proveniente dal mantello, con un processo simile a quello che anche oggi avviene nelle dorsali medio-oceaniche. L'acqua di mare, reagendo con il magma, ha un ruolo fondamentale nella formazione della serpentinite, costituita essenzialmente da silicati idrati di ferro e magnesio; tracce di eloro presenti in questa roccia ne ricordano l'origine marina.
Stessa origine oceanica hanno i minerali di rame dispersi in vene all'interno di queste rocce; l'acqua marina, circolando in profondità nella crosta dell'Oceano Ligure-Piemontese, ne portò via rame, zolfo e ferro, che andarono a cristallizzarsi nelle fratture sotto forma di calcopirite e pirite. La presenza di queste mineralizzazioni causò una vera e propria corsa all'oro verde, come veniva chiamato il rame in articoli di giornale degli anni '50 che enfatizzavano la ricchezza dei giacimenti di Murlo. I colli della parte occidentale della riserva sono costituiti dalla Formazione delle Argille con calcari Palombini; anch'essi, come i diaspri, sono sedimenti oceanici, la cui deposizione è avvenuta nelle ultime fasi di vita dell'Oceano Ligure-Piemontese. Caratteristica di questa formazione, ben visibile ad esempio lungo il torrente Ornate, che la attraversa, è la presenza di strati calcarei intercalati in banchi di argilliti grigie, tipicamente suddivise in scagliette. |
La vegetazione
A differenza delle altre Riserve Naturali del bacino del Farma-Merse, ricoperte principalmente da boschi di caducifoglie, la Riserva Basso Merse è il regno della vegetazione mediterranea, che riveste le colline interne con fitti boschi di leccio o con il forteto, la tipica macchia alta di arbusti sempreverdi. I principali fattori responsabili di questa variazione vanno ricercati nella minore piovosità e soprattutto nella geologia. La vegetazione mediterranea infatti va a ricoprire con più o meno successo i rilievi caratterizzati da forte aridità e da scarsa fertilità. In queste condizioni le piante sempreverdi sono avvantaggiate, grazie alla capacità delle loro foglie coriacee di limitare l'evaporazione di acqua nei periodi di siccità. La lecceta rappresenta lo stadio più evoluto della vegetazione sempreverde, e attualmente è presente dove il suolo è maggiormente sviluppato, con diversi esemplari di roverella, sorbo, orniello e cerro che accompagnano il leccio. Sui diaspri, nella parte orientale della Riserva, la lecceta diviene particolarmente ricca di sughera, una querce sempreverde simile al leccio, che predilige i terreni silicei e i climi caldi. All'esterno della Riserva, lungo la strada che da S. Giusto porta a La Befa, la naturale abbondanza di questa querce è stata sfruttata dagli abitanti del luogo.
Nei rilievi della parte settentrionale della Riserva, costituiti quasi interamente dalla serpentinite, la vegetazione assume caratteristiche del tutto particolari ed è oggetto di numerosi studi da parte dei botanici. Il colore scuro di questa roccia infatti rende particolarmente arido e caldo il terreno che in più, a causa della sua composizione (si tratta essenzialmente di silicati di magnesio e ferro), è povero di nutrienti e contiene anche una certa percentuale di metalli potenzialmente tossici per le piante, quali cromo e nichel. Dove il suolo, nel tempo, ha avuto la possibilità di svilupparsi, come nei tratti meno ripidi o non eccessivamente disturbati da incendi e tagli, la vegetazione risente in minor misura delle caratteristiche di questa roccia, ed ha avuto modo di evolversi fino alla lecceta. Le leccete che crescono sulle serpentiniti hanno la particolarità di avere quasi esclusivamente il leccio fra le specie arboree, assomigliando in questo alle leccete che coprono alcune delle coste toscane più integre.
Al di fuori dei terreni ofiolitici e dei diaspri, in prossimità dei fondovalle e ai piedi dei versanti, le specie sempreverdi lasciano il posto alle piante che superano l’inverno perdendo la foglia; la roverella è in questo tipo di boschi la specie più rappresentata, grazie alla sua resistenza all'aridità estiva. Oltre a qualche leccio, sono presenti anche il cerro, che comunque diviene dominante solo nei terreni pianeggianti, più umidi e fertili, e l'orniello. La cerreta si sviluppa principalmente nel lembo meridionale della Riserva, sui conglomerati del Miocene, arrivando fino alla pianura alluvionale in corrispondenza della confluenza Merse-Ombrone, dove lascia il posto ai vigneti e ai campi. Al contrario della lecceta, questi boschi decidui sono molto luminosi e sono abbondanti le specie del sottobosco: corbezzolo, viburno e flllirea si insediano nei versanti più caldi scambiandosi con il corniolo e il sanguinello nelle situazioni più fresche. Avvolgendosi ai rami di questi arbusti, i tralci del tamaro, una liana non molto comune, cercano di guadagnare un po' di luce; l'assenza di spine, le grosse bacche rosse (velenose) e le foglie cuoriformi appuntite lo distinguono dal più diffuso stracciabrache. Dai rami degli alberi penzolano anche i fusti della vitalba, altra liana caratteristica dei boschi di caducifoglie più freschi.
Il corso del Merse è segnato da
una fascia di vegetazione ripariale costituita da diverse specie
di salici e pioppi, che si restringe in corrispondenza dei campi
coltivati. In alcuni punti presso le rive, un fitto intrico di
arbusti forma un muro di vegetazione impenetrabile, dove oltre
ai rovi compaiono la berretta da prete, il sanguinello e il
corniolo. Più esternamente, ai salici e ai pioppi si mischiano
il frassino meridionale, il carpino bianco e il nocciolo. Il
Merse procede verso la confluenza con l'Ombrone, all'estremità
meridionale della Riserva, con un letto molto largo che in piena
estate è solo in parte percorso dall'acqua e dove è frequente il
formarsi di pozze e canaletti laterali con acque stagnanti;
compaiono in questi casi la cannuccia palustre e qualche giunco,
che si spingono fino al centro dell'alveo. |
La fauna
La presenza di boschi, macchie,
aree aperte e corsi d'acqua rende l'ambiente della Riserva
estremamente diversificato, mentre la relativamente scarsa
influenza antropica ha contribuito al mantenimento di specie
altrove scomparse, prima fra tutte la lontra.
Nel fiume Merse la lasca è una delle specie maggiormente presenti, insieme al cavedano, alla carpa e a varie specie di barbi; si tratta di pesci introdotti la cui diffusione e acclimatazione è favorita grazie alle temperature relativamente più alte di quelle dei corsi d'acqua di alta collina come, ad esempio, il Farma. Rispetto al torrente Farma questo tratto del Merse risulta impoverito delle specie endemiche, sopraffatte da quelle immesse; sono comunque presenti il ghiozzo di ruscello e la rovella e anche il granchio di fiume è frequente sia nel Merse che nel Crevolone. Il luccio, specie introdotta in tempi storici, preferisce i tratti del fiume Merse dove la vegetazione acquatica è più fitta. La Riserva Basso Merse è l'unica località del territorio senese nella quale è stata segnalata la presenza del rospo smeraldino, un anfibio che vive nelle piane alluvionali del fiume Merse, nascosto durante il giorno all'ombra della vegetazione o sotto le pietre. E' una specie distribuita soprattutto nelle aree costiere toscane, in diminuzione in tutta Italia e anche in Europa, poiché è molto sensibile all'inquinamento delle acque che utilizza per la deposizione delle uova. L'ultimo tratto del Farma, compreso nella estremità occidentale della Riserva, ospita nei suoi tratti più boscati anche la salamandrina dagli occhiali, anfibio di interesse europeo che ha nel sistema delle Riserve del Farma-Merse una grossa parte delle popolazioni dell'intera Toscana meridionale. Sugli argini dei corsi d'acqua della Riserva, e specialmente su quelli sabbiosi del fiume Merse, sono frequenti i fori d'ingresso delle tane dell'arvicola terrestre. Altre due specie affini, l'arvicola rossastra e l'arvicola di Savi, sono state segnalate nella Val di Merse.
Le frequenti superfici aperte presenti ad esempio nella piana del Merse e del Farma e più all'interno, nei campi abbandonati, vengono perlustrate da molti rapaci. Poiane e gheppi volteggiano frequentemente in queste zone, pronti a carpire topi e arvicole. Entrambi sono stanziali e diffusi in provincia di Siena, dove nidificano tra gli alberi, accontentandosi anche dei boschetti più piccoli. Sono segnalati come nidificanti per la Riserva anche lo sparviere, il nibbio bruno, il biancone e il lodolaio; quest'ultimo frequenta di preferenza le piane fluviali, dove caccia in volo piccoli uccelli e grossi insetti come libellule. Il volo di un altro rapace, il grande nibbio reale, dall'apertura alare che può sfiorare i due metri e dalla caratteristica coda biforcuta, è invece ormai un evento rarissimo e limitato al periodo delle migrazioni e dello svernamento. Oltre che dai numerosi rapaci, le radure della Riserva, così come i campi, sono frequentate dai caprioli, che all'imbrunire escono dal bosco rimanendovi comunque sempre vicino per eventuali fughe. Un'altro ungulato presente nella Riserva è il cinghiale, specie divenuta numericamente abbondante in tutto il bacino del Farma-Merse. Negli stessi spazi aperti frequentati dagli ungulati, al margine dei boschi, è talvolta osservabile la lepre, ma la sua attività è tipicamente concentrata nelle ore serali e nella notte. I boschi radi, la macchia aperta e la gariga sono infine ambienti frequentati dal succiacapre, un curioso uccello che nidifica e riposa durante il giorno a terra, nascosto fra gli arbusti. |