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I suoi abitanti la chiamano al femminile, la montagna, quasi a volerne sottolineare i caratteri di "madre" austera e ruvida, spesso scontrosa, nascosta da gonfi nuvoloni, ma sempre generosa, anche se di una generosità essenziale, con i suoi figli che ne traggono di che nutrirsi. I suoi boschi hanno dato da sempre legna per riscaldarsi o per lavorare, castagne con cui sfamarsi ed oggi continuano ad essere un polmone verde per pulizia, preziosa aria; i suoi campi hanno fornito grano o segale, pascoli salubri o viti ed olivi; i suoi torrenti hanno per secoli mandato gualchiere, ferriere, ramiere o cartiere ed oggi, anche troppo sfruttati, dissetano di acqua buona il Senese, il Grossetano ed il Viterbese; le sue viscere fin dal tempo degli etruschi hanno fornito cinabro, e poi farina fossile e mercurio in epoca recente, energia geotermica nei nostri anni. L'isolamento, la marginalità, da secoli caratteristica della montagna, non hanno permesso l'inquinamento che si è avuto in altre zone del paese, hanno mantenuto in gran parte intatto l'ambiente, conservato i centri storici ed antiche e secolari tradizioni, mantenendo negli Amiatini un forte senso di radicamento al territorio e di identità storico-culturale. Ed oggi l'ambiente, i beni culturali, la cultura sono grandi risorse per riprogettare un futuro dove l'uomo non sia più nemico e devastatore della natura.
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