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Caratteristica pregnante del paesaggio Senese, cara a tutti coloro che lo amarono e lo amano, sono forse, più che i connotati di una natura più volte perfezionata o sconciata dalle opere dell'uomo, i resti frequenti di castelli isolati, di borghi fortificati, o di mura cittadine, che tutt'ora sopravvivono animando con la loro presenza i profili montani, collinari, le vallate.

Antiche carcasse inerpicate sui monti, cerchia di mura sgangherate dal recente urbanesimo, gli ossami di antichi sistemi difensivi divenuti pateticamente inadeguati costellano ormai senza scopo il paesaggio senese come dinosauri insepolti, minacciando di tornare presto alla natura sotto gli assalti delle intemperie, della speculazione edilizia, dell'incuria dell'uomo.

Mai guerra si prospettò più disperata di quella che dovrebbe combattersi - ora o mai più - per la sopravvivenza di un patrimonio architettonico che, ad onta degli sforzi d'immaginazione e dei costi incredibili a suo tempo prodigati per produrlo, oggi è del tutto privo di motivazione funzionale e tecnica, se si vogliano escludere i tristi residui di un sistema carcerario barbarico, cui fanno con inconscia autoironia da bilancia la trasformazione recente in ergastoli per ricchi di alcune fortezze particolarmente panoramiche, o al riuso di altre per scopi gastronomici.

Eppure a codesti ossami è consegnata una porzione vastissima di storia civile, oltre che di storia militare, come pure di storia delle tecniche e della scienza, e certo di storia dell'arte in tutto il suo significato esteso alla storia della cultura, per non parlare dell'attrattiva peculiare di questa classe di oggetti antropici, di essere indissolubilmente uniti al territorio con più reti di legami, modellandolo ed essendone modellati, controllandolo ed essendone controllati. Perchè se è vero che questi oggetti furono creati per la guerra, le tecniche guerresche che essi implicavano, legate in fondo ad un universo di conoscenze del tutto umane nel loro commisurarsi a scopi di domino risibili, oggi ci inteneriscono, piuttosto che inorridirci, se paragonate alle tecniche attuali, che mirano allo sterminio "pulito" delle genti al fine della conservazione del materiale bellico, capovolgendo in tal modo la prospettiva tradizionale della guerra, che diventa oggi dichiaratamente e principalmente disumana, anzi antiumana.

Oggetti fatti per la difesa e la salvezza delle genti, per fare scudo a petti umani più che per minacciare l'altrui distruzione, sovente le fortificazioni vengono considerate erroneamente alla stessa stregua delle armi d'offesa che pure ospitarono, dimenticando il dato elementare che, se alle armi tocca il compito di uccidere finché vi siano munizioni, alle fortificazioni tocca il compito di difendere i loro ospiti anche dopo l'esaurimento delle munizioni, riducendosi al loro archetipo, il puro circuito difensivo, ultimo rifugio di una comunità minacciata